L’intervista

Data Center, Pastorella (Azione): “La proposta di legge non privilegia gli investitori esteri”

di |

Intervista a Giulia Pastorella, deputata di Azione, prima firmataria di una delle 5 Proposte di Legge sui data center: “L’obiettivo è costruire un quadro normativo chiaro e funzionale per tutti gli operatori, italiani e stranieri”. Questa è la 4^ puntata di Key4Biz sul tema.

Key4Biz. Quali sono i punti chiave della legge delega sui data center in discussione alla Camera dei deputati?

Giulia PastorellaIl punto chiave di questa legge delega è offrire finalmente una risposta concreta ai numerosi amministratori locali che, in assenza di iter autorizzativi chiari e uniformi, si sono trovati in seria difficoltà nel gestire le richieste di insediamento di data center nei propri territori. Molti sindaci e assessori si sono rivolti al Legislatore per avere un riferimento normativo certo, e spero che questa legge venga presto approvata per garantire loro una cornice regolatoria chiara e coerente.

Secondo le stime di alcuni analisti, nel 2024 sono stati annunciati investimenti per circa 37 miliardi di euro nel settore dei data center, di cui 10 miliardi attesi nel solo biennio 2025-2026. La legge, insieme ai futuri decreti attuativi, potrà favorire un approccio più omogeneo sul territorio nazionale e incentivare buone pratiche: dalla riqualificazione di impianti dismessi per la riduzione del consumo di suolo, all’efficientamento energetico e al riutilizzo del calore. 

In assenza di un quadro normativo chiaro, il rischio è quello di perpetuare l’attuale concentrazione di data center nell’area del Milanese, a scapito di altre zone del Paese – in particolare del Sud – che presentano grandi potenzialità, soprattutto grazie alla disponibilità di energia, anche rinnovabile. Una distribuzione più equa, favorita dalla proposta di legge, rappresenterebbe un’opportunità di sviluppo che non possiamo permetterci di perdere.

Key4Biz. Nessuna misura della norma assicura un ritorno fiscale certo all’Italia, né una garanzia di indipendenza digitale. Come pensa che questa legge possa rafforzare l’indipendenza tecnologica del Paese e non favorire una nuova forma di colonialismo digitale?

Giulia PastorellaLe infrastrutture tecnologiche sono già ora interdipendenti a livello globale. Quando si parla di autarchia digitale si finge di non sapere che, se domani la Microsoft di turno stacca la spina, viene giù tutto. La questione, secondo me, è un’altra e ha maggiormente a che fare con la competitività del sistema Paese e lo sviluppo di nuovi servizi e di nuove imprese (indotto incluso) sul territorio. Si tratta anche di attrarre investimenti esteri in Italia, uno dei principali driver che abbiamo a disposizione per far crescere la nostra economia. Per quanto riguarda l’aumento del gettito, che non credo vada considerato un obiettivo primario delle politiche pubbliche, penso vada ricercato mettendo le imprese in condizione di produrre nuovo reddito, aumentare la loro produttività e generare occupazione grazie alla digitalizzazione.


Va poi chiarito che in questa proposta di legge nulla privilegia gli investitori esteri; l’obiettivo è costruire un quadro normativo chiaro e funzionale per tutti gli operatori, italiani e stranieri. Del resto, sono stati proprio alcuni importanti player nazionali, seguiti da quelli europei, i primi a segnalare le difficoltà legate alle attuali incertezze e lungaggini burocratiche, che limitavano le grandi opportunità di sviluppo nelle aree meno presidiate del Paese.

Key4Biz. Il testo unificato prevede agevolazioni fiscali solo per nuovi insediamenti. Come giustifica questa esclusione verso chi ha già investito nel Paese e ha assunto rischi imprenditoriali negli ultimi 10-20 anni? Queste aziende italiane verrebbero di fatto escluse o penalizzate nella competizione per l’offerta di questi servizi avanzati, compromettendo così la loro competitività e la loro stessa sopravvivenza nel mercato

Giulia PastorellaIl testo unificato, appunto. Nella mia proposta iniziale non erano previste agevolazioni fiscali per nessuno, né nuovi né vecchi investimenti. Non è mai stato questo lo scopo della mia proposta, che invece aveva il solo interesse di facilitare i futuri iter autorizzativi e fare chiarezza per stimolare la continua crescita del settore

Key4Biz. Perché la definizione adottata nell’art.2 di “centro di elaborazione dati” sembra sia modellata su strutture chiuse, usate dagli hyperscaler per il proprio fabbisogno interno, e non su data center aperti al mercato, interoperabili, dove le aziende e le Pubbliche Amministrazioni italiane possono collocare i propri server e creare ecosistemi digitali condivisi? Non rischia di tagliare fuori proprio l’industria nazionale dei servizi digitali?

Giulia PastorellaUna legge come questa nasce per risolvere un problema e aprire un piccolo datacenter tra le mura della propria azienda non è un problema, perché non è un’operazione complicata che richiede iter autorizzativi complessi. Si tratta spesso di installazioni interne al perimetro aziendale che non richiedono consumo di suolo né, spesso, grande consumo energetico. In altri termini, non ci sono vincoli da rimuovere o iter da creare. Ad ogni modo il nuovo quadro normativo sarà a beneficio di tutti perché non esclude né i piccoli data center né gli edge data center (che stanno aumentando in modo significativo), visto che la definizione dell’articolo 2 è stata resa il più ampia possibile; anche un piccolo datacenter è infatti una “struttura fisica e un’infrastruttura tecnologica per la progettazione, la produzione, lo sviluppo e l’implementazione di applicazioni e di servizi informatici nonché per l’archiviazione, l’elaborazione, il trattamento e la gestione dei dati associati a tali applicazioni e servizi”. 

Key4Biz. In un momento in cui il sistema elettrico europeo è sotto stress per l’elettrificazione forzata, la diffusione massiccia del fotovoltaico e i primi segnali di instabilità già visibili in Paesi come la Spagna, è davvero saggio favorire l’arrivo massiccio di hyperscaler esteri che assorbiranno enormi quantità di energia, spesso rilevando capannoni di aziende dismesse, ma senza offrire posti di lavoro e sottraendo energia a future attività industriali ad alto impatto occupazionale o realmente strategico per la crescita del Paese?

Giulia PastorellaSecondo il report Electricity 2024 dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), nel 2022 il consumo elettrico globale dei data center si è attestato intorno ai 460 TeraWattOra (TWh), pari a circa il 2% della domanda mondiale di elettricità. Si stima che questo valore possa salire, entro il 2026, fino a una quota compresa tra il 2,7% e il 4,5%, a seconda del modello previsionale considerato. È un dato che non può essere ignorato ma che può essere affrontato con una pianificazione adeguata, come quella elaborata da Terna per il decennio 2025-2034, che prevede investimenti per 23 miliardi di euro. Per come la vedo la crescita e la digitalizzazione non devono essere sacrificate sull’altare della tutela ambientale ma vanno viste come parte dello stesso processo di maturazione e sviluppo economico. Credo molto nel concetto di economia verde-blu che vede nel digitale un driver per la decarbonizzazione e la sostenibilità. Ciò non toglie l’esistenza di un problema energetico più ampio che – a mio avviso – va risolto alla radice rivedendo il mix energetico italiano introducendo il nucleare tra le fonti di approvvigionamento.

Key4Biz. Può garantire che, una volta approvata la delega, i decreti legislativi non verranno usati per escludere il Parlamento dai passaggi chiave, realizzando un centralismo normativo dove pochi grandi gruppi parlano con pochi decisori?

Giulia Pastorella. È un’ottima domanda che credo possa essere estesa praticamente a ogni tema; a metà luglio (giro di boa della legislatura) il Governo aveva varato 103 decreti-legge e chiesto la fiducia su oltre il 40% delle leggi approvate. In un contesto del genere mi sento di dire che una legge delega largamente condivisa da tutte le forze politiche e (speriamo) approvata dal Parlamento sia sostanzialmente un trionfo della democrazia parlamentare. Entrando nello specifico, vorrei aggiungere una cosa: quello in oggetto è un tema estremamente tecnico e trovare una quadra che fosse più che di indirizzo avrebbe richiesto al Parlamento anni di lavoro e approfondimenti, del tutto incompatibili con le esigenze di imprese ed enti locali. Sono convinta che si sia trovata la soluzione migliore. La legge delega prevede un termine di sei mesi per l’emanazione dei decreti attuativi, e il fatto che il governo si sia già attivato su alcuni dei nodi sollevati nella proposta di legge – penso, ad esempio, all’introduzione di un codice ATECO specifico o al tema dell’allaccio alla rete elettrica – è un segnale che la strada intrapresa è quella giusta. 

Per approfondire il tema: 

Data center, perché l’iter della legge è a rischio in Parlamento?  

*Key4Biz ha avviato un acceso dibattito sul tema con una serie di interviste. Eccole di seguito:

Data Center, Baldassarra (Seeweb): “La norma un escamotage per favorire i ‘palazzinari’ tecnologici”

Data Center, Peritore (AIIP): “La norma favorisce le Big Tech e dà il colpo di grazia all’ecosistema italiano dell’innovazione”

Leggi le altre notizie sull’home page di Key4biz