Il REPORT

Data center, boom da 37 miliardi. L’Italia si candida a hub dell’AI nel Mediterraneo. Ma a quale costo?

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Milano guida, Roma cresce, il Sud decolla. Il report "RINA Prime Report Data Center 2025" realizzato in collaborazione con il Centro Europa Ricerche, offre una panoramica dettagliata sul mercato italiano dei data center, delineandone lo stato attuale e le sfide future.

L’Italia inizia ad avere i numeri per candidarsi a diventare hub del Mediterraneo per l’Intelligenza Artificiale. A confermarlo è l’ultimo report realizzato dal Rina Prime value service in collaborazione con il Centro Europa Ricerche. Negli ultimi anni, il Belpaese ha, infatti, abbracciato con forza la rivoluzione digitale, posizionandosi sempre più come snodo strategico per l’infrastruttura tecnologica europea. È dunque in questo contesto che il settore dei data center, un tempo dominio quasi esclusivo di giganti come Londra, Francoforte e Amsterdam, trova oggi molto spazio sul territorio nostrano. 

L’Italia punta al ruolo di hub AI del Mediterraneo

Il fabbisogno energetico crescente a supporto di tecnologie emergenti come cloud computing, AI, IoT e 5G, ha intensificato l’espansione nello Stivale di questi cuori pulsanti della tecnologia moderna, sebbene non siano poche le sfide che i players di settore devono affrontare.Tra tutte quella energetica. 

La fotografia offerta dal Report è quella di un Paese in piena corsa verso la leadership digitale del Mediterraneo, ma non senza ostacoli. Milano si afferma come hub di livello europeo, Roma scala le classifiche come polo emergente e il Sud Italia entra finalmente in gioco come snodo strategico intercontinentale.

Una crescita che corre a 513 MW IT

Nel 2025, l’Italia ha segnato un incremento del 17% nella capacità installata di data center, raggiungendo i 513 MW IT. Un ritmo di crescita che ha permesso al nostro Paese di superare Madrid e Varsavia, consolidando il suo ruolo di mercato emergente Tier-1 nel panorama europeo.

Il motore principale? La domanda esplosiva di potenza computazionale, trainata dall’adozione massiccia di cloud computing, intelligenza artificiale, 5G e IoT. In parallelo, l’arrivo di nuovi cavi sottomarini, come BlueMed, 2Africa, SeaMed e Quantum Cable, sta trasformando le coste italiane nei nuovi porti digitali del continente.

Milano regina dei data center italiani

Con 238 MW IT installati nel 2024 (e l’obiettivo di superare i 300 MW entro il 2026), Milano è ormai il cuore pulsante dell’infrastruttura digitale nazionale. La presenza del MIX, il più grande punto di interscambio Internet italiano, unita a una solida rete in fibra ottica e a progetti colossali da parte di AWS, Microsoft e Google, conferma il capoluogo lombardo come hub per il sud Europa.

Tra i progetti più innovativi, spicca quello di Retelit, che punta al recupero di calore dal data center Avalon 3 per alimentare la rete di teleriscaldamento. Un segnale importante verso l’efficienza energetica e la sostenibilità ambientale. Tra le operazioni recenti a Milano, va inoltre segnalata la vendita di un terreno di oltre 70.000 m² destinato allo sviluppo di data center.

Roma e il Sud Italia, le nuove frontiere digitali

Roma si sta rapidamente trasformando in un secondo polo infrastrutturale, grazie a investimenti come quello di Telecom Italia (130 milioni di euro per un data center da 25 MW IT) e al nuovo Hyper Cloud Data Center di Aruba nel Tecnopolo Tiburtino (30 MW IT a regime). Sempre nella Capitale, Mediterra DataCenters ha acquisito il data center Cloud Europe nel Tecnopolo Tiburtino, prevedendo un investimento fino a 80 milioni di euro per espandere e aggiornare la struttura.

Oltre a Milano e Roma, altre città e regioni italiane stanno attirando investimenti e sono considerate importanti per lo sviluppo futuro dei data center, tra cui Torino, Bologna, Trento, Verona.

Anche Genova è destinata a diventare uno snodo secondario, simile a Marsiglia, grazie a nuove reti transcontinentali. Ma la vera sorpresa arriva dal Sud Italia, con regioni come Sicilia e Puglia pronte a diventare gateway digitali tra Europa, Africa e Asia

In particolare, Palermo, Bari e Napoli, sedi di approdi per i più moderni cavi sottomarini, stanno attirando l’interesse di investitori nazionali e internazionali. I costi di suolo e manodopera inferiori e i nuovi incentivi statali fanno del Sud una nuova frontiera dell’hyperscale.

Investimenti da record, oltre 37 miliardi annunciati

Secondo quanto riportato dagli analisti, nel 2024, sono stati annunciati oltre 37 miliardi di euro in nuovi investimenti nel settore, con 10,1 miliardi già destinati al biennio 2025–2026. Attori globali come Microsoft (4,3 miliardi), AWS (1,2 miliardi) e Data4 (2 miliardi) stanno guidando questa corsa, mentre un colosso internazionale non meglio identificato ha promesso 30 miliardi di euro per nuovi data center in Italia.

Si stima che questi investimenti porteranno:

  • +800 milioni di euro al PIL
  • Fino a 5.500 nuovi posti di lavoro, tra costruzione, manutenzione e telecomunicazioni

Gli investitori istituzionali a livello globale, come Digital Realty, Blackstone e Compass Datacenters, stanno contribuendo all’espansione, con Blackstone che ha annunciato un investimento di 7,5 miliardi di euro per data center in Spagna, indicando una tendenza di interesse in Europa.

Gli investimenti si orientano verso diverse tipologie, tra cui la conversione di immobili industriali dismessi in data center e la creazione di joint venture e partnership tra operatori tecnologici e investitori immobiliari. Questi approcci consentono di sfruttare edifici esistenti, riducendo i tempi di sviluppo e i costi.

Il mercato della collocation in Italia

Nel 2024, il mercato italiano della colocation, ossia la fornitura, tramite vendita o affitto, di spazi e infrastrutture necessari per ospitare i server e i dati delle organizzazioni all’interno di data center di terze parti,  ha raggiunto un valore di 765 milioni di euro, registrando una crescita significativa del 17% rispetto ai 654 milioni di euro del 2023. Questo incremento riflette una crescente domanda di infrastrutture affidabili per la gestione dei dati nel paese. Infatti, le aziende che optano per questo modello beneficiano di ambienti sicuri, connessi e dotati di alimentazione elettrica e sistemi di raffreddamento adeguati, pur mantenendo la proprietà delle proprie apparecchiature IT.

Il mercato della colocation in Italia si suddivide principalmente in tre segmenti:

Colocation retail: Offre porzioni limitate di spazio all’interno dei data center, tipicamente destinate a piccole realtà della filiera digitale attive sul territorio.

Colocation wholesale: Fornisce intere sale dati a supporto di grandi attori della filiera digitale e/o grandi realtà italiane.

Colocation building hyperscale: In questo caso, i cloud provider prendono in affitto interi edifici per posizionare la propria offerta nel mercato italiano.

Nel 2024, il segmento wholesale detiene la quota maggiore del mercato italiano della colocation, rappresentando il 58% con un valore di 444 milioni di euro. La componente retail segue con il 23%. Nonostante il segmento building hyperscale rappresenti attualmente solo il 19%, si prevede una sua crescita significativa nei prossimi anni, con la possibilità che il mercato della colocation in questo segmento possa più che raddoppiare entro il 2026, spinto dai piani di sviluppo dei cloud provider sul territorio.

Il confronto con i mercati europei

Analizzando, poi, la distribuzione della colocation nei mercati europei, si osservano differenze tra gli hub consolidati (FLAP-D) e i mercati emergenti. Mentre Londra e Francoforte mostrano una forte componente wholesale e una significativa presenza retail, con una quota minore di hyperscale, Dublino è fortemente sbilanciata sul modello hyperscale (60%). Nei mercati emergenti, si nota una progressiva convergenza verso i modelli dei FLAP-D, ma con eterogeneità. Milano, in particolare, mostra una chiara prevalenza della componente wholesale (50%) e si distingue anche per una quota significativa di hyperscale (25%), a differenza di altre città emergenti come Varsavia o Lisbona, dove domina la colocation retail.

Ma a quale costo?

I costi di locazione nello spazio colocation variano in base a diversi fattori, tra cui localizzazione, capacità IT, durata del contratto e servizi inclusi (energia, raffreddamento, manutenzione, sicurezza).

Indicativamente, per data center di livello Tier III o superiore, il costo per metro quadro può variare tra 200 e 400 euro all’anno, mentre un rack standard (42U) può costare 6.000-12.000 euro all’anno. Il prezzo medio per rack in colocation, escluse le spese energetiche, varia da 400 a 1.000 euro al mese. È importante sottolineare che l’energia può rappresentare fino al 50-70% del costo totale della colocation.

Sostenibilità e burocrazia

È indubbio che in Italia il settore sia in forte crescita, con una composizione del mercato che si sta allineando ai modelli più maturi, ed il segmento hyperscale destinato a un’espansione significativa nei prossimi anni.

Tuttavia, non vanno sottovalutate alcune sfide, come i costi energetici elevati (133,5 €/MWh in Italia nei primi quattro mesi del 2025, molto più alti rispetto a Spagna, Francia e Germania), la complessità burocratica e le lunghe tempistiche per i permessi di costruzione, e la disponibilità limitata di potenza elettrica in alcune aree metropolitane. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e l’iniziativa “Italia Digitale 2026” mirano a superare questi limiti, ma sarà necessaria una forte sinergia pubblico-privato per accelerare la transizione.

Uno sguardo all’Europa

Nel confronto europeo, l’Italia è ancora lontana dai colossi, ma Milano è già davanti a Madrid, Stoccolma e Varsavia, con un potenziale di espansione molto più ampio grazie alla sua posizione geografica e alla nuova rete di cavi digitali.

Londra (Regno Unito):

    ◦ Potenza installata 2024: 1.141 MW IT.

    ◦ Posizione: Storicamente il mercato più grande in Europa per la colocation, nonostante l’incertezza post-Brexit. Insieme a Francoforte, concentrava circa 1.000 MW ciascuna nel 2023 per capacità colocation installata.

    ◦ Distribuzione Colocation: 50% wholesale, 30% retail, 20% building hyperscale.

Francoforte (Germania):

    ◦ Potenza installata 2024: 713 MW IT.

    ◦ Posizione: Principale nodo di interconnessione per la Germania e l’Europa centrale, sede di DE-CIX, uno degli Internet Exchange Point più grandi al mondo.

    ◦ Distribuzione Colocation: 45% wholesale, 25% retail, 30% building hyperscale.

Amsterdam (Paesi Bassi):

    ◦ Potenza installata 2024: 761 MW IT.

    ◦ Posizione: Piattaforma strategica per l’accesso ai mercati del Nord Europa e ai cavi sottomarini transatlantici.

    ◦ Distribuzione Colocation: Maggiore incidenza del modello retail (35%), 45% wholesale, 20% building hyperscale.

Parigi (Francia):

    ◦ Potenza installata 2024: 526 MW IT.

    ◦ Posizione: In forte espansione, grazie a politiche nazionali di digitalizzazione e al ruolo di hub per l’Europa sud-occidentale.

    ◦ Distribuzione Colocation: Maggiore incidenza del modello retail (40%), 40% wholesale, 20% building hyperscale.

Dublino (Irlanda):

    ◦ Potenza installata 2024: 1.116 MW IT.

    ◦ Posizione: Polo attrattivo per i giganti del cloud (Microsoft, Amazon, Google), grazie a un regime fiscale favorevole e alla posizione geografica strategica per i cavi transatlantici.

    ◦ Distribuzione Colocation: Fortemente sbilanciata sul modello hyperscale (60%), 30% wholesale, 10% retail.

Prospettive

Secondo i dati riportati, l’Italia ha quindi l’opportunità concreta di trasformarsi da fanalino di coda digitale a protagonista della nuova economia dei dati. Il treno è partito. La sfida ora è accorciare il divario con i big player europei, ma anche e soprattutto investire in energia pulita, semplificando la burocrazia.

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