Kubilius: “19 Paesi Ue hanno presentato i piani di investimento per la Difesa nell’ambito dello strumento SAFE”
“Un momento storico per la Difesa europea! Tutti i 19 Stati membri dell’Unione hanno presentato i propri piani di investimento per la Difesa nazionale nell’ambito dello strumento SAFE”.
È quanto annunciato dal commissario alla Difesa e lo Spazio, Andrius Kubilius. La maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea (Ue) “si sta allineando i progetti di spesa sulle quattro iniziative faro della difesa europea: European Drone Defence Initiative, Eastern Flank Watch, European Air Shield e European Space Shield”.
Si tratta dei quattro progetti chiave inclusi nella tabella di marcia dell’UE per rafforzare la sicurezza e la prontezza militare entro il 2030.
L’European Drone Defence Initiative, noto anche come “muro di droni”, punta a sviluppare entro il 2027 un sistema multilivello tecnologicamente avanzato per identificare, tracciare, neutralizzare droni ostili e utilizzare droni per attacchi di precisione. Questa iniziativa è centrale nella protezione del fianco orientale europeo.
L’Eastern Flank Watch è un progetto dedicato a garantire una copertura militare completa e integrata “multidominio” della frontiera orientale dell’UE, non solo nei cieli ma anche su terra e mare, contrastando sia minacce militari convenzionali sia forme di guerra ibrida.
Lo European Air Shield mira a rafforzare la difesa aerea europea con sistemi anti-missile e capacità di sorveglianza avanzata per garantire la protezione dello spazio aereo europeo.
L’European Space Shield si focalizza sulla protezione e l’utilizzo strategico delle capacità spaziali per supportare operazioni militari ed intelligence, rafforzando la resilienza e la sicurezza dello spazio europeo.
Che cos’è lo strumento SAFE
Lo strumento SAFE (Security Action for Europe) è lo strumento finanziario adottato dall’Unione europea nel maggio 2025 con l’obiettivo di rafforzare la base industriale e tecnologica della difesa europea. SAFE mette a disposizione fino a 150 miliardi di euro in prestiti a lungo termine per gli Stati membri che vogliono aumentare in modo rapido e consistente gli investimenti nell’industria della Difesa, incentivando in particolare gli appalti comuni.
I fondi raccolti sui mercati finanziari e garantiti dal bilancio Ue sono destinati a sostenere piani nazionali di investimento nella difesa che prevedano prioritariamente appalti congiunti tra almeno due Stati membri o tra uno Stato membro e paesi EFTA/SEE (i Paesi dello Spazio Economico Europeo e i 27 Stati membri dell’Unione più Islanda, Liechtenstein e Norvegia) o l’Ucraina, oltre a favorire la produzione e l’acquisizione di materiali militari prodotti principalmente nell’UE o in questi paesi partner (almeno il 65% del valore).
Lo strumento è stato pensato per colmare le lacune in termini di capacità militari, sostenere settori prioritari come i sistemi di artiglieria, la mobilità militare, i droni e la difesa spaziale e rafforzare la competitività e l’autonomia strategica europea nel campo della difesa.
SAFE fa parte del più ampio Piano ReArm Europe/Readiness 2030, finalizzato a mobilitare fino a 800 miliardi di euro entro il 2030 per migliorare la sicurezza e la difesa del continente, anche tramite la riorganizzazione cooperativa della produzione militare e una riduzione della dipendenza da fornitori esterni.
SAFE: dentro il Canada, fuori la Gran Bretagna
Mentre 19 Stati Ue hanno presentato i loro piani di spesa in ambito SAFE, a tirarsene fuori è stata invece la Gran Bretagna. Non certo un Paese membro dell’Unione, chiaro, ma un alleato strategico nello scontro con la Russia e nel sostegno all’Ucraina, che aveva avviato dei negoziati straordinari con Bruxelles per l’adesione allo strumento SAFE (da tutti visto come una specie di tentativo di avvicinamento politico post-Brexit tra Londra e l’Unione europea proprio sul terreno della Difesa).
Secondo quanto riportato da Il Foglio, il tavolo sarebbe saltato per 2 miliardi euro di contributi che Londra avrebbe dovuto versare sul piatto del SAFE.
Positivo invece l’esito del negoziato tra Ue e Canada. Ottawa parteciperà allo strumento SAFE.
“In questi tempi di turbolenze geopolitiche, si tratta di un mezzo per aumentare la cooperazione, raggiungere gli obiettivi di difesa e spendere meglio, affrontando al contempo le urgenze a breve termine e le esigenze a lungo termine”, è precisato in un documento ufficiale congiunto.
Dopo un vertice estivo tra la premier Giorgia Meloni, con i vice Antonio Tajani e Matteo Salvini e il ministro della Difesa, Guido Crosetto, l’Italia è stata tra i primi Paesi europei ad aderire allo strumento SAFE. Al nostro Paese dovrebbero essere concessi circa 15 miliardi di euro di prestiti.
La fetta più consistente della torta SAFE, dopo Polonia (43,7 miliardi di euro), Romania (16,8 miliardi, Francia e Ungheria (16,2 miliardi a testa).
Ok dal Parlamento europeo all’EDIP: il primo programma europeo per l’industria della Difesa
Nei giorni scorsi, il Parlamento ha approvato in via definitiva con 457 voti favorevoli, 148 voti contrari e 33 astensioni il regolamento, già concordato in via informale con il Consiglio, che istituisce il primo programma europeo per l’industria della difesa (EDIP) che punta a rafforzare la base tecnologica e industriale della difesa in Europa e a potenziarne le capacità di difesa.
Degli 1,5 miliardi di EUR destinati al programma EDIP, 300 milioni saranno stanziati a favore dello strumento di sostegno per l’Ucraina. I colegislatori hanno anche trovato un’intesa sulla creazione di un fondo per accelerare la trasformazione delle catene di approvvigionamento della difesa (lo strumento FAST), al quale andranno indicativamente almeno 150 milioni di EUR attraverso contributi finanziari supplementari.
I deputati hanno anche sostenuto il principio “Buy European“ per incentivare l’acquisto di prodotti per la difesa europei: per essere ammissibili ai finanziamenti, il costo dei loro componenti provenienti da paesi terzi non associati non può superare il 35 % del costo totale stimato dei componenti.
Una posizione che si scontra evidentemente con quanto dichiarato dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha chiesto alla NATO (e ottenuto) di comprare armi “made in US” da inviare in Ucraina. Costo a carico dei Paesi membri dell’Alleanza. In questo modo appare difficile trovare altre risorse economiche per compare “anche” prodotti made in EU.
A non tutti piace il riarmo europeo: il parere negativo della Commissione JURI e il fronte sociale del “No alla guerra”
C’è un ampio fronte europeo, composto da società civile e gruppi politici pacifisti e non violenti, profondamente contrario alla militarizzazione accelerata dell’Europa, che viene vista come un acceleratore pericolosissimo delle tensioni esistenti dentro e fuori l’Europa, soprattutto alle sue porte orientali, con la guerra in corso in Ucraina.
Una mossa politica dell’Europa che è un tragico “preparare il campo alla guerra”. Organizzazioni pacifiste e parte dell’opinione pubblica richiamano, infatti, la necessità storica di favorire politiche di disarmo e investire nella pace, il dialogo e la diplomazia, piuttosto che in armamenti, enfatizzando i rischi serissimi di una corsa agli armamenti e l’impatto negativo su stabilità, crescita e diritti umani.
La maggioranza dei cittadini italiani (soprattutto), ma anche tedeschi, francesi e spagnoli (inversa invece nei Paesi baltici e scandinavi) si dichiara contro la guerra, non favorevole al piano di riarmo europeo e scettica sulla reale capacità di Bruxelles di aumentare la propria autonomia industriale bellica dagli Stati Uniti. Un messaggio abbastanza chiaro.
Non meno importante, a marzo, è stato anche il parere negativo espresso dalla Commissione JURI.
In una sessione a porte chiuse, la Commissione Affari Giuridici dell’Eurocamera si è espressa contro l’uso voluto dalla Commissione europea dell’art. 122 dei Trattati, eludendo la consultazione del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Consiglio che istituisce lo strumento SAFE, una delle basi economiche del piano Rearm Ue di Ursula von der Leyen.
L’esecutivo ha schiacciato il potere legislativo? Gli eurodeputati l’hanno un po’ vista così.
Lo spiega il servizio stampa dell’Eurocamera. A questo parere ha poi risposto la Commissione: “Ricordiamo che lo strumento proposto per la difesa è stato avanzato per un serio rischio sulla sicurezza. Nelle sue linee guide la Presidente ha specificato che l’uso dell’articolo 122 sarebbe stato effettuato solo per circostanze eccezionali ed è quelle in cui ci troviamo”.
Lo strumento SAFE appeso alla decisione della Corte di giustizia UE?
Toccherà ora ai giudici della Corte di giustizia dell’Ue (Cgue) esprimersi sulla questione sollevata formalmente dall’Eurocamera lo scorso 20 agosto.
Come riportato da Eunews, facendo seguito alla raccomandazione della sua commissione JURI, l’emiciclo ha chiesto formalmente alla Corte di annullare il regolamento Safe ai sensi dell’articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell’Ue (Tfue), che disciplina il controllo di legittimità degli atti ufficiali adottati dalle istituzioni comunitarie.
Difficile dire quali potranno essere gli effetti giuridici di questo scontro istituzionale interno all’Unione. tecnicamente un giudizio negativo potrebbe annullare l’intero meccanismo SAFE, ma la situazione estremamente critica che continua ad approfondirsi in Ucraina e la corsa al riarmo, che certo non si è fermata da parte dei Paesi dell’Unione, sicuramente avranno un effetti politici “concreti”, sia sulla decisione della Corte, sia sulla “reale” forza di ogni eventuale sentenza contraria al SAFE.


