il quadro

Dall’“Atlante delle Imprese Culturali e Creative” della Treccani alle “Minicifre della Cultura” del Ministero: quando la ricerca porta acqua alla conservazione

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Dopo un decennio di incomprensibile assenza, riappare il volumetto “Minicifre della cultura”: un dataset utile, ma asettico. Ancora una volta, statistiche incomplete e totale assenza di approccio critico e strategico.

Come andiamo segnalando anzi denunciando da anni anzi ormai da decenni, in Italia il “dataset” del sistema culturale continua ad essere frammentario, incompleto, disorganico, ed ancora oggi si è costretti a fare riferimento a ricerche promosse da soggetti privati come la Fondazione Symbola, Federculture e Civita: tutti e tre questi enti propongono “rapporti annuali”, senza dubbio utili, che coprono segmenti del sistema culturale nazionale, ma a partire da fonti primarie che sono anch’esse deficitarie, quali sono la Siae, l’Istat, le Camere di Commercio

Il sistema culturale italiano: poche informazioni e frammentarie, poche analisi e non critiche. Insomma, “no data”

Ci limitiamo a segnalare quel che abbiamo lamentato innumeri volte anche su queste colonne, rispetto allo sconfortante deficit di informazione quali-quantitativa sui “luoghi della cultura”: non è dato sapere, ancora oggi, quante siano le librerie attive nel nostro Paese (e magari divise per Regioni e per città?)…

Altresì dicasi per le edicole (la cui moria cresce, nel silenzio dei più)…

Altresì dicasi per i teatri (aperti e chiusi nel corso degli anni)…

Per quanto riguarda i cinematografi, i dati ci sarebbero, ma sono ben preservati da un “walled garden” (cioè non esattamente pubblici e certamente non messi a disposizione con modalità “open data”) della società commerciale Cinetel srl (di cui sono coproprietarie le due maggiori lobby del settore, Anica ed Anec, ovvero i produttori-distributori e gli esercenti)…

Ed altresì dicasi per le mostre d’arte: in questo caso, si deve fare riferimento ad una fonte privata qual è la più qualificata testata giornalistica del settore, ovvero “Il Giornale dell’Arte”, che cura una classifica a cadenza annuale…

Altresì dicasi per uno dei fenomeni più importanti – ed in continua crescita – del sistema culturale italiano, ovvero i festival: se è vero che il Ministero della Cultura non ha, nel 2023, un database accurato delle migliaia di iniziative che affollano tutto il territorio nazionale, è altresì vero che lo stesso Mic ha accolto un una proposta di ricerca ideata dall’Istituto italiano per l’Industria Culturale (IsICult) che tra qualche mese pubblicherà un primo rapporto su queste attività, anche attraverso un sito web dedicato, intitolato “Italia dei Festival” (l’iniziativa è sostenuta come “progetto speciale” della Dg Cinema e Audiovisivo, ma riguarda tutti i settori culturali, dal teatro alla musica alla letteratura… si tratta – secondo le stime IsICult – di oltre 3mila festival).

Anche per quanto riguarda i musei (sono 482 quelli statali, sul totale nazionale di oltre 4.500), lo stato delle conoscenze, sia sulle caratteristiche strutturali sia sull’identikit del pubblico, è assolutamente carente…

Al di là del prevalente “no data” in relazione ai “luoghi della cultura”, lo scenario italiano degli studi e le ricerche su offerta e domanda di cultura mostra pochi e deboli punti di riferimento, sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi, in tutti i settori delle industrie culturali e creative…

Naturale sorge il quesito: come si può impostare una sana e lungimirante “politica culturale”, in assenza di informazioni ed analisi di questo tipo?!

E naturalmente non esistono “serie storiche” che consentano di comprendere l’evoluzione dei luoghi dell’offerta culturale, e nemmeno delle dinamiche dell’offerta e della domanda…

Il sistema strutturale della cultura in Italia: occasionali esplorazioni nel deserto di conoscenza. Rinascono le “Minicifre della Cultura” del Ministero

In questo perdurante e sconcertante “deserto di conoscenza”, emergono talvolta iniziative estemporanee ed occasionali, e finanche dotate anche di risorse economiche non indifferenti: come definire altrimenti l’iniziativa promossa dall’Istituto per l’Enciclopedia Italiana (diretto da Massimo Bray e presieduto da Franco Gallo) assieme al “think-tank” Italia Culturae (presieduto da Angelo Argento), che il 24 maggio 2023 ha presentato al Collegio Romano la prima edizione dell’“Atlante delle Imprese Culturali e Creative” griffato Treccani (e sostenuto da una pluralità di partner, da UnionCamere ad Intesa Sanpaolo passando per l’Istituto per il Credito Sportivo)?

Ne abbiamo scritto in abbondanza sulle colonne di questo quotidiano online e rimandiamo al nostro intervento (vedi “Key4biz” del 9 giugno 2023, “L’Atlante della cultura della Treccani e la campagna estiva per il cinema a 3,5 euro: funzioneranno?”), qui limitandoci a ricordare come alla ricca veste editoriale (oltre 600 pagine… e – come spiegherebbe un bibliomane – rilegatura in mezza pelle con titolo e fregi dorati al dorso dorso?!) non corrispondesse una vocazione alla accuratezza metodologica (con interventi ognuno diverso nell’approccio) ed una volontà di analisi critica (pressoché assente in tutti i contributi)… Ferma restando la gran bellezza dell’apparato iconografico (oltre 250 immagini, con fotografie veramente accattivanti). Peraltro la raffinata opera (di cui è Direttore Scientifico Roberto Grossi, per molti anni alla guida di Federculture) è stata presentata in varie parti d’Italia, da ultimo la settimana scorsa fa presso la sede de L’Aquila del Maxxi…

Mercoledì prossimo 6 dicembre 2023, al Collegio Romano, riemerge dalle nebbie del passato una piccola ma utile pubblicazione ministeriale, la cui incomprensibile scomparsa avevamo segnalato da anni: si tratta dell’edizione 2023 di un’opera dal titolo imbarazzante, ma dalla funzione certamente utile, ovvero le “Minicifre della Cultura” (a suo tempo pubblicata per i tipi di Gangemi editore).

In effetti, il titolo stesso evidenzia – per così dire – la onesta “modestia” dell’intrapresa. Modesta ma certamente preziosa iniziativa, a fronte del sostanziale disinteresse che l’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) ha dimostrato, nel corso dei decenni, rispetto alla materia “cultura”…

Minicifre della Cultura” è un progetto promosso dal Ministero della Cultura, realizzato dalla sua Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali (guidata da Andrea De Pasquale) in partenariato con la Fondazione Scuola dei Beni e delle Attività Culturali (presieduta da Vincenzo Trione e diretta da Alessandra Vittorini).

Le “Minicifre” del Ministero della Cultura: budget modesto per modeste ambizioni

Modesto, oltre che nel titolo, anche il budget che la Fondazione Scuola dei Beni e delle Attività Culturali ha deciso di assegnare all’iniziativa delle “Minicifre”: soltanto 90.000 euro, a fronte di una previsione di ricavi complessivi della Fondazione per il 2023 nell’ordine di 13 milioni di euro (in buona parte provenienti dal Mic stesso, di cui 5,5 milioni derivanti dal Pnrr). È evidente che, con budget di questa entità, ben poco di innovativo è possibile fare, se non tentare di mettere assieme una messe di dati (frammentari ed incompleti fin dalle fonti primarie).

E peraltro non si comprende ancora se questa “novella” pubblicazione arriverà in libreria, come pure sarebbe opportuno prevedere: in effetti, spesso queste iniziative ministeriali finiscono per avere una circolazione eccessivamente limitata. In argomento (“circolazione limitata”?!) si osserva che anche il grosso tomo della Treccani che abbiamo segnalato, l’“Atlante delle Imprese Culturali e Creative” non risulta in vendita né su Amazon né su Libraccio Ibs, e con difficoltà se ne trova traccia sullo stesso sito web di Treccani Emporium: una lussuosa opera semi-clandestina, destinata ad una èlite di “decision maker” istituzionali e di cultori della materia?! Il prezzo peraltro non è esattamente popolare, dato che il volume costa ben 120 euro.

Il progetto “Minicifre” riprende l’omonima pubblicazione curata tra il 2009 e il 2014 dall’Ufficio Studi del Segretariato Generale del Ministero: di questi agevoli volumetti, resta traccia nel fantasma delle pagine del sito web dell’Ufficio Studi dell’allora Mibac alias Ministero per i Beni e le Attività Culturali (clicca qui, per avere conferma del “congelamento” del sito)…

Scrivevamo oltre cinque anni fa su queste colonne (vedi “Key4biz” del 7 novembre 2017, “ilprincipenudo. Cresce la spesa in spettacoli, ma una famiglia su tre non spende nulla in cultura”): “In ogni caso, prevale ancora – nell’economia politica della cultura in Italia – incertezza di dati, a fronte di fonti non validate e di metodologie erratiche. Lo stesso Mibact, purtroppo, su questo tace (quando forse dovrebbe essere il validatore definitivo): basti pensare che fine ha fatto l’utile fascicoletto ministeriale “Minicifre della Cultura”, la cui ultima edizione annuale (la sesta) è ferma al 2014: non si comprende perché l’Ufficio Studi del Ministero abbia sospeso questa raccolta di dati, e – più in generale – perché si presti poca attenzione al “sistema informativo” del dicastero, e ci si debba affidare a soggetti esterni e non istituzionali (da Federculture a Symbola). Misteri del nostro strano Paese. Indimenticata resta la memoria del “Rapporto sulla creatività e produzione di cultura in Italia”, ovvero il “Libro Bianco sulla Creatività”, affidato dal Mibact ad una commissione di studio coordinata dal compianto Walter Santagata: correva l’anno 2007…”. Si ricordi che nel 2009, Bocconi University Press ha pubblicato il “Libro bianco sulla creatività – Per un modello italiano di sviluppo”, curato giustappunto da Santagata (l’eredità di questo esploratore è stata recepita dalla Fondazione che reca il suo nome, che nel 2021 ha tra l’altro realizzato il report “L’impatto di Europa Creativa in Italia (2014-2020)”, commissionato dal Segretariato Generale del Mic allora retto da Salvatore Nastasi, che dall’estate del 2023 è Presidente della Siae).

A distanza di oltre 15 anni da quel tentativo d’avanguardia di Santagata, il sistema culturale italiano non dispone ancora di un “testo di riferimento” che si caratterizzi per un approccio globale, sistemico, organico, quantitativo (statistico) ma anche qualitativo (analitico).

Ne abbiamo scritto anche in occasione della presentazione dell’ultimo rapporto della Fondazione Symbola di Ermete Realacci (vedi “Key4biz” del 26 luglio 2023, “Fondazione Symbola e Impresa Cultura Italia: nuovi numeri (fantasiosi?) sulla struttura e l’economia del sistema culturale italiano”)

Si assiste quindi – al di là della consolidata storicità dei punti di vista parziali e non istituzionali di Federculture (“rapporto annuale” giunto alla 19ª edizione), Civita (14ª edizione), Symbola (13ª edizione) – ad esplorazioni erratiche, con numerologie non validate ed analisi assai parziali (e talvolta partigiane).

Lo stesso IsICult, nel 2022, ha cercato di mettere in atto una sorta di salto di qualità nelle storiche elaborazioni della Società Italiana degli Autori e Editori, con l’ideazione del “1° Rapporto sullo Spettacolo e lo Sport nel Sistema Culturale Italiano” (ovvero l’edizione n° 86 dell’“Annuario dello Spettacolo” della Siae), ma il percorso è stato sospeso, con una sorta di marcia indietro, dato che la successiva edizione (2023) dell’Annuario ha disperso il tentativo di innovazione (basti osservare la regressione a livello di infografica e ricordare che IsICult aveva cercato di sviluppare un originale “incrocio” tra le elaborazioni statistiche della Siae e quelle dell’Istat, due soggetti che incredibilmente non comunicano tra loro)… Sulla questione, si rimanda al nostro intervento su “Key4biz” del 12 ottobre 2023, “La Siae certifica che il 2022 è stato l’anno della ripresa per i consumi di spettacolo (ma rapporto asettico)”.

Un’altra esplorazione: “Un anno di storie 2023”, promosso dalla Treccani, per cercare di comprendere dove va il sistema editoriale italiano

Va segnalato che la stessa Treccani ha in questi giorni mostrato un apprezzabile tentativo di analisi qualitativa, dando alle stampe “Un anno di storie 2023”, sottotitolo “Un paese è le storie che racconta”, un bel volume curato da Paolo Di Paolo e Fiorella Favino, coordinato da Tamara Baris (Treccani Libri, 280 pagine, 29 euro), focalizzato sul settore editoriale, ovvero sul rapporto tra libri e Paese reale.

C’è un immenso materiale narrativo che si accumula in 365 giorni: la porzione che ci raggiunge nel formato di un libro è minima rispetto a ciò che resta non narrato, o non fino in fondo”, spiega lo scrittore Paolo Di Paolo. Si segnala che ogni anno vengono pubblicati in Italia circa 80.000 nuovi titoli: si tratta soprattutto di storie, raccontate in molte forme e rivolte a un pubblico sempre più segmentato. Ai libri si sommano serie tv, esperienze che nascono sui “social” o nei “social” trovano compimento: “in questo orizzonte narrativo sempre più fitto e articolato, il rischio del disorientamento è forte e una mappatura può essere utile. Quali storie racconta oggi il paese? Quali sono i temi, le tendenze, le linee di ricerca? Che cosa indica o rappresenta il successo di un certo genere editoriale? L’insistenza su alcuni nodi della storia più o meno recente di cosa è sintomo? La vetrina dei premi letterari che cosa mette in rilievo?”.

Domande, risposte, dati, eventi che costellano una stagione letteraria e che questo libro cerca di ricostruire, seguendo l’evoluzione di un immaginario pubblico in continuo cambiamento. Alle analisi dei temi più rilevanti, seguono una “cronologia” dei fatti e le schede di 20 tra i libri più rappresentativi dell’anno.

Nel caso di questa iniziativa di Treccani, prevale l’approccio qualitativo su quello quantitativo, che è purtroppo soltanto accennato, allorquando sarebbe stato stimolante cercare di proporre entrambe le dimensioni, con interpretazioni trasversali e multidimensionali.

Si tratta comunque di un esperimento saggistico molto interessante, polifonico e policentrico (sono ben 34 i contributori dell’opera promossa da Treccani, in libreria da dicembre, tra i quali Nicola Lagioia, Walter Siti, Loredana Lipperini, Melania Mazzucco, Daria Bignardi, Lidia Ravera, Gianluigi Simonetti e Vincenzo Latronico), che per alcuni aspetti appare coerente con il progetto di “1° Rapporto sulla Cultura in Italia”, al quale l’IsICult sta lavorando da tempo, nel tentativo inedito di proporre sia un dataset accurato sia un’analisi qualitativa interdisciplinare. Come ci piace sostenere, tra l’economico e il semiotico… Per capirci, unire ovvero far interagire le elaborazioni qualitative di “Un anno di storie” di Treccani con le elaborazioni quantitative dell’Associazione Italiana Editori – Aie (a partire dall’ormai tradizionale “Rapporto sullo stato dell’editoria”) e dell’Istat… Metodica da applicare a tutti i settori del sistema culturale nazionale.

A distanza di 10 anni, rinascono le “Minicifre” del Ministero della Cultura

Tornando al Mic, in questi giorni rinascono quindi le “Minicifre” del Ministero, in versione senza dubbio evoluta, con un po’ di sana (seppur non ricca) infografica, ed il tentativo di “raccogliere” dati e numeri dispersi tra varie fonti.

Le intenzioni dei promotori sono evidenti: “sono molteplici, in Italia, le istituzioni e gli enti che, in maniera costante e continuativa, rilevano dati statistici sulla domanda e sull’offerta nel mondo culturale, a livello nazionale e regionale; tuttavia, manca un luogo in cui reperire i dati dei diversi ambiti culturali al fine di compararli tra loro, anno per anno”.

I promotori delle “Minicifre” hanno ragione, e si rinnova la domanda sul perché dell’estremo disinteresse dell’Istat su questi temi (basti pensare – esemplificativamente – che l’ultima indagine Istat sul pubblico dei festival risale al… 2015, e soltanto nel 2024 verrà avviato un aggiornamento!).

D’altronde, anche lo stesso Censis – che ha presentato venerdì scorso il suo 57° “Rapporto annuale sulla situazione del Paese – dedica più attenzione alla “comunicazione” che alla “cultura”, basandosi prevalentemente su indagini demoscopiche (la cui metodologia non viene peraltro illustrata): vedi l’articolo di Paolo Anastasio, su “Key4biz” del 1° dicembre 2023, “Censis: 9 Italiani su 10 usano internet e smartphone. Tv tradizionale in calo (ma tiene), cresce la web tv”).

Precisa la Fondazione Scuola Beni e Attività Culturali: “Minicifre della Cultura colma questa lacuna. Attraverso due prodotti, un libro e un sito web, raccoglie e diffonde i principali dati statistici sulla cultura in Italia, così fornendo uno strumento di lettura su domanda, offerta e politiche culturali, alla comunità scientifica e ai decisori politici, agli studiosi e alla cittadinanza”.

Certamente si tratta di uno “strumento di lettura” utile, ma ancora assai… “basic”.

L’edizione 2023 delle “Minicifre” è dedicata alla raccolta e all’analisi dei dati del quinquennio 2018-2022, un orizzonte cronologico pensato per ricostruire le trasformazioni del settore in una particolare fase storica (“prima”, “durante” e “dopo” la pandemia da Covid-19), che ha profondamente inciso sull’offerta e sulla fruizione culturale.

Il lavoro di raccolta si concentra su 8 raggruppamenti tematici: patrimonio culturale; biblioteche e archivi; arti visive e plastiche, architettura contemporanea e design; editoria e stampa; spettacolo; formazione e occupazione in cultura; risorse economiche per la cultura; benessere, salute e cultura. La dimensione digitale non viene affrontata nella sua portata rivoluzionaria, destinata a scompaginare le storiche logiche di fruizione, e quindi di analisi di domanda ed offerta.

Abbiamo avuto chance di sfogliare in anteprima la novella edizione, che appare a distanza di dieci anni dalla precedente. Venerdì scorso 1° dicembre 2023 è stato pubblicato anche un “promo” audiovisivo dell’opera (clicca qui per il “trailer”, sul canale YouTube del Ministero della Cultura – Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali).

Il volume sarà reso disponibile anche sul sito www.fondazionescuolapatrimonio.it.  

Ribadiamo – da ricercatori, da giornalisti, da organizzatori culturali, e finanche da cittadini – l’apprezzamento per un’iniziativa senza dubbio utile e commendevole, ma rinnoviamo la critica che spesso manifestiamo su queste opere: debolezza nell’assetto metodologico e – soprattutto – assenza di approccio critico.

Questa carenza di approccio critico, così come la concentrazione sul mero dato “statistico” in sé, è confermata anche dal panel annunciato in occasione della presentazione del volume, intitolato “Misurare la cultura: sfide e opportunità” (da segnalare che la stessa Fondazione Scuola Beni Attività Culturali ha prodotto nell’ottobre 2022 un dossier di ricerca che conferma le nostre osservazioni: “Come si misura la cultura? Il manuale per navigare tra dati, fonti, indicatori”).

La presentazione di “Minicifre”, mercoledì 6 dicembre, sarà introdotta da Mario Turetta (Segretario Generale del Mic) e sviluppata da Andrea De Pasquale (Dg della Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali del Ministero della Cultura), Alessandra Vittorini (Direttore della Fondazione Scuola dei Beni e delle Attività Culturali), da Alessandra Franzone (dirigente del Servizio I della Dg Eric), da Alessandra Ferrighi (Responsabile Area Ricerca, Fondazione Scuola Beni Attività Culturali), da Valeria Volpe (esperta della Fondazione), da Silvia Rossi (Servizio I – Ufficio Studi, Dg Eric).

È previsto un “panel” di discussione: Andrea Gallelli, Head of Project, Culture and Sport Statistics, European Commission, Eurostat (e qui stendiamo un velo di penoso silenzio sulla pochezza dei dati e delle analisi prodotte a livello di istituzioni europee); Alessandro Leon, Segretario Generale del Cles srl (ma è anche Presidente dell’Associazione per l’Economia della Cultura – Aec, che ha tra l’altro curato l’edizione 2023 dell’Annuario della Siae); Antonio Taormina, docente dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna (e studioso di “osservatori culturali”, tema affrontato dall’ultima edizione – n° 1/2023 – della rivista trimestrale dell’Aec, “Economia della Cultura”, col titolo “Osservatòri e osservatóri della cultura”, edita per i tipi de il Mulino); Angela Tibaldi, Vice President, Ptsclas spa…

Basti ricordare che Ptsclas (“Pts” è l’acronimo di “Profit To Share”) è co-autrice, assieme all’Università Cattolica di Milano, della mitica quanto semi-clandestina “valutazione di impatto” della Legge Franceschini: uno studio che, nel corso degli anni (peraltro affidato per cinque volte sempre agli stessi curatori, con una dotazione budgetaria nell’ordine di 100mila euro l’anno), non ha certo contribuito ad identificare i deficit di una normativa sull’intervento pubblico a favore del cinema e dell’audiovisivo che sta ormai dimostrando la propria fallacia, a partire dal fallimento dello strumento “tax credit” (sulla sostanziale inutilità di questa “valutazione” di Cattolica e Pts – peraltro sconosciuta alla quasi totalità degli operatori del settore, non essendo mai stata oggetto di una ampia pubblica discussione – abbiamo scritto più volte anche su queste colonne e ci siamo stancati di infierire).

A cosa diavolo servono ricerche asettiche e studi acritici?!

Finiscono per contribuire alla ri-produzione dell’esistente.

Uno Stato lungimirante dovrebbe dotarsi di una “cassetta degli attrezzi” che non sia priva di strumenti di critica ed autocritica

Non servono granché studi privi di approccio critico, ricerche che sembrano quasi addomesticate per non disturbare “il principe” di turno: crediamo che uno Stato lungimirante dovrebbe costruire una propria “cassetta degli attrezzi” che non sia priva di strumenti di critica ed autocritica.

E non affidarsi a portatori d’acqua scodinzolanti che non disturbano mai il Manovratore.

E non approfondiamo qui la deriva – a livello istituzionale – che hanno vissuto nel corso degli anni sia l’Ufficio Studi del Ministero della Cultura sia l’Osservatorio dello Spettacolo dello stesso dicastero (peraltro allocati presso diverse direzioni generali del dicastero): dinamiche sintomatiche di un sostanziale disinteresse nei confronti delle attività di studio e di ricerca in materia di politiche culturali.

E non ci sembra che nella imminente ennesima riforma della organizzazione del Ministero della Cultura, con la creazione di 4 Dipartimenti e la cancellazione del ruolo del Segretario Generale (riforma approvata in forma preliminare dal Consiglio dei Ministri lunedì della scorsa settimana, 27 settembre 2023, sulla quale torneremo presto) si assegni particolare importanza alle attività di ricerca e di studio.

La responsabilità di questa degenerazione cognitiva è senza dubbio da attribuire anche ai Ministri “pro tempore” che si sono avvicendati al Collegio Romano nel corso del tempo.

Nessuno escluso. Nessuno di loro ha mai mostrato sensibilità verso le attività e di ricerca e di studio, se non quel Francesco Rutelli che nel 2007 stimolò il citato “Rapporto sulla creatività e produzione di cultura in Italia” affidato al compianto professor Santagata (si ricordi che l’attuale Presidente uscente dell’Anica è stato Ministro al Collegio Romano dal maggio 2006 al maggio 2008, preceduto da Rocco Bottiglione e seguito da Sandro Bondi)…

Mercoledì 6 dicembre 2023, dalle ore 10:30 alle 12:30, a Roma, presso la sede centrale del Ministero della Cultura al Collegio Romano, nella “Sala Spadolini”, si terrà quindi la presentazione di “Minicifre della Cultura. Edizione 2023”. Curiosamente, nel programma non è annunciato l’intervento né del Ministro né di alcuno dei tre Sottosegretari. Il programma dell’iniziativa però recita: “sono stati invitati a partecipare i Sottosegretari di Stato del Ministero della Cultura e i Presidenti della VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati e della VII Commissione Cultura e Patrimonio Culturale, Istruzione Pubblica, Ricerca Scientifica, Spettacolo e Sport, Istruzione Pubblica del Senato della Repubblica”. Prevediamo quindi che un qualche interveniente istituzional-politico ci sarà: scommettiamo sul Presidente della VII della Camera, il deputato Federico Mollicone, Responsabile Cultura e Innovazione di Fratelli d’Italia, iperattivo e iperpresenzialista, e sulla Sottosegretaria sempre ottimista ed entusiasta Lucia Borgonzoni (Lega Salvini) che peraltro dal Ministro Gennaro Sangiuliano ha ricevuto anche la delega giustappunto per le “industrie culturali e creative”.

Auguriamoci di non dover assistere ad una passerella caratterizzata da numerologie asettiche e da retoriche sulle sorti magnifiche e progressive della “politica culturale” del Governo, perché si tratta di una politica – anche quella del centrodestra – che non dispone ancora di adeguata strumentazione tecnica.

E, a fronte del “no data” imperante, i risultati della italica politica culturale sono sotto gli occhi di tutti: con rinnovata prevalenza di discrezionalità e nasometria

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.