l'analisi

Dalla manodopera alla robotopera?

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L’automazione digitale e la robotica basata sull'intelligenza artificiale stanno cambiando le basi della manodopera che diventerà sempre più una robotopera o una macchinopera. I giovani lavoratori sono pronti?

La parola “manodopera” ha due significati. Il primo si riferisce al complesso delle persone che svolgono un lavoro subordinato. Il secondo è più generale e indica il lavoro umano come elemento fondamentale del processo produttivo.

Come tanti altri termini, anche questo vocabolo, nato nel Settecento, è figlio del suo tempo e, seppure il lavoro rimanga un elemento centrale della vita degli esseri umani, anche questa parola sembra avviata verso una profonda trasformazione.

Dalla manodopera alla robotopera

L’automazione digitale e la robotica basata sull’intelligenza artificiale stanno cambiando le basi della manodopera che diventerà sempre più una robotopera o una macchinopera, sia come elemento chiave dei processi produttivi, sia come insieme di soggetti che svolgeranno nel prossimo futuro un lavoro subordinato.

Le nuove macchine intelligenti occupano spazi lavorativi sempre più ampi e coprono funzioni lavorative sempre più sofisticate e complesse, abbassando anche il costo del lavoro.

Tutto ciò avviene perché, grazie a sistemi software di apprendimento (machine learning), le macchine digitali imparano dagli umani, apprendono dai lavoratori e, di fatto, “rubano” loro il mestiere.

Uber, Amazon e l’AI

Gli autisti di Uber hanno di fatto messo in crisi il lavoro dei tassisti ma oggi sono usati come istruttori inconsapevoli delle prossime auto senza autista che Uber sta mettendo sulle strade (non è un caso che Uber abbia acquisito la startup Geometric Intelligence che sviluppa software di apprendimento artificiale).

Il lavoro e le esperienze degli autisti che guidano le auto affiliate a Uber sono usati dall’azienda americana per evitare che in futuro abbia bisogno di loro. Di fatto contribuiscono al loro futuro licenziamento come autisti.

I magazzinieri di Amazon sono monitorati ogni secondo e sono valutati in tempo reale se rispettano le prestazioni assegnate dall’azienda. Questo pone su di loro una pressione enorme, a volte al limite delle possibilità di lavoro per una persona. Tuttavia, il peggio potrebbe essere dietro l’angolo: tramite il monitoraggio continuo Amazon apprende il modo di lavorare e di agire dei propri dipendenti e trasferisce sui suoi robot i modelli appresi dai lavoratori più efficienti.

I robot sostituiranno in futuro i magazzinieri di Amazon e il loro algoritmo sarà basato sull’efficienza dei lavoratori “modello”. Diventano così un esempio perfetto di robotopera.

“Il 60% dei lavori attuali potrebbe essere svolto da computer e robot”

Su questo tema, di recente sono stati svolti molti studi, ma purtroppo i cittadini non sembrano sufficientemente informati e i giovani, benché immersi profondamente nel mondo digitale come consumatori, non sono pronti a essere elementi attivi di queste trasformazioni e ad acquisire le necessarie conoscenze per diventare lavoratori e non disoccupati in un mondo ad alta densità algoritmica.

Per citare un caso soltanto, un rapporto del McKinsey Global Institute afferma che il 60% dei lavori attuali potrebbe essere svolto da computer e robot per una quota di circa il 30% del carico di lavoro, il 30% del lavoro umano può essere automatizzato al 65% e circa il 5% del totale dei lavori di oggi potrebbe essere completamente automatizzato.

Ovviamente, occorre anche considerare i lavori che oggi ancora non esistono e che si creeranno in conseguenza delle nuove tecnologie.

Il rischio? Moltissimi lavoratori non saranno protagonisti della quarta rivoluzione

Se si osserva questo scenario dalla prospettiva italiana e, in particolare, se la si guarda dalle tante aree svantaggiate del Sud che non hanno sperimentato neanche la seconda rivoluzione industriale, c’è il rischio che moltissimi lavoratori non saranno protagonisti della quarta rivoluzione che sta cambiando il mondo del lavoro che prende il nome di Industria 4.0.

Nelle realtà a elevato tasso di disoccupazione e a basso tasso di innovazione, la trasformazione del lavoro in atto rischia di aumentare i problemi invece di attenuarli.

Cosa fare?

Per evitare questo scenario serve una grande opera di formazione per i giovani e i lavoratori e servono progetti seri di trasformazione della nostra società.

L’Italia al momento non sta mostrando di essere capace di questo tipo di iniziativa sistemica e ciò potrebbe peggiorare la sua attuale condizione di decadenza.

In generale, il rischio è che la società dei lavoratori rappresenti presto un modello che sarà superato dalla società dei robot che non avranno problemi di sfruttamento e di alienazione e genereranno plusvalore chiedendo poco o nulla in cambio.

Al via piani di formazione sulle innovazioni digitali

Per evitare tutto questo, servono piani di formazione sulle innovazioni digitali, nuova istruzione e maggiore conoscenza, altrimenti i cittadini saranno travolti dalle trasformazioni profonde generate dalle tecnologie digitali.

La gran parte delle persone diventerà sempre più sussidiaria e i sistemi digitali e i loro algoritmi sempre più fondamentali.

Le innovazioni tecnologiche sono state storicamente usate per aiutare le persone nel loro lavoro. Oggi, e ancor di più domani, la tecnologia digitale mira a rendere molte persone obsolete.

Sempre più viene sviluppata per sostituire operai e impiegati e per concentrare il profitto nelle mani dei padroni dell’innovazione, togliendolo dalle tasche dei lavoratori.

Le prospettive

Le prospettive potranno diventare preoccupanti se i lavoratori non saranno capaci di essere più bravi, migliori delle macchine, se la nuova manodopera non sarà migliore della robotopera che si sta diffondendo. In questo scenario, le scuole, le università, le organizzazioni sociali e la classe politica avranno un ruolo chiave, se sapranno giocarlo.

In alternativa, i cittadini e le comunità saranno oggetti passivi di queste grandi trasformazioni. Credere che questi siano problemi lontani da noi, siano questioni per addetti ai lavori e non costituiscano invece temi fondamentali da discutere e affrontare, se i politici fossero in grado di farlo con l’opportuna consapevolezza, rappresenta un errore macroscopico che rischia di essere pagato molto caro dalle nuove generazioni.