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Dai videogiochi al partito della Democrazia Diretta

Lo sviluppatore quarantunenne di “World of Tanks“, Slava Makarov, ha lasciato la sua scrivania a Wargaming per lanciare un nuovo partito nella Federazione Russa. Si chiama Partito della Democrazia Diretta della Federazione Russa ed nato ufficialmente il 5 marzo 2020, registrato presso il Russian Federal Tax Service in aprile. 

In 6 mesi sono state aperte più di 50 sedi regionali in tutto il Paese. 

Makarov ne è segretario e leader ed è l’inventore del popolare videogioco World of Tanks, vicepresidente della multinazionale Wargaming (che ha lasciato), tra i leader mondiali nel settore dei videogiochi di strategia e combattimento.  Oggi è a Verona in qualità di relatore al Forum eurasiatico, assieme agli altri compagni di viaggio, tutti membri del comitato organizzatore del partito: Alexey Pilko, Direttore di Eurasian Center e Boris Chigidin, di Yandex.Money.

Ma anche Oleg Artamonov, Direttore generale di Unwired Devices e   Timofey Shevyakov, ex produttore di LiveJournal.  Uomini di piattaforma e di comunicazione per un’impresa tutta interna alla Federazione ma che per la prima volta giunge in Italia, Paese che ha già visto l’ascesa di un partito a “democrazia diretta”, il Movimento 5 Stelle.

Quello russo ha un unico obiettivo: restituire la politica alle persone in modo che abbiano l’opportunità di avviare discussioni su qualsiasi questione importante e di poter monitorare ciò che viene fatto. Per realizzarlo, il Partito propone di introdurre un nuovo format decisionale, attraverso il voto espresso dai cittadini su una piattaforma online.

Alla base non ci sono ideologie o appartenenze politiche, ma solo l’ascolto dell’opinione diretta degli elettori, tramite una App di voto riservata ai suoi membri e coinvolgendo gli sviluppatori delle principali società IT regionali.  Qualcosa di più complesso, forse, di quanto non preveda la piattaforma Rousseau. Del resto la Russia stessa è più complessa (ed estesa) dell’Italia e la sua articolazione regionale impone varianti a noi sconosciute.

Il Manifesto del Partito della Democrazia Diretta afferma che “anche nelle attuali condizioni di stabilità relativa il modello di sviluppo russo sembra essersi praticamente esaurito e richiede un serio rinnovamento”. 

I problemi irrisolti a cui fa riferimento il Manifesto sono le “dinamiche demografiche sfavorevoli, l’inaccettabile stratificazione sociale, la bassa qualità del lavoro, le difficoltà sistemiche nel fare affari e l’estrema sovra-regolamentazione di tutte le aree di attività”. Nonostante la precisione della denuncia, il Partito di Makarov non punta allo smantellamento del sistema ma alla sua revisione. Segno evidente che l’obiettivo non è quello di portare un attacco al Cremlino quanto piuttosto quello di svegliare dal loro torpore i cittadini russi.  

Qualche freccia diretta al Palazzo del potere Makarov e i suoi l’hanno messa all’arco, cominciando dal quorum proibitivo necessario per chiamare i cittadini ad esprimersi in sede referendaria. Oggi servono 2 milioni di firme e non è agevole superare l’asticella. Il Partito propone che il tetto sia fissato a 300 mila firme, mentre per i referendum regionali – questa la proposta- dovrebbe essere sufficiente non l’1% delle firme sul totale degli elettori bensì il 2% di quelli regionali.

Il Partito ritiene inoltre che sia necessario abbandonare il divieto di tenere un referendum nell’ultimo anno di mandato della Duma di Stato e consentire referendum sulla richiesta di dimissioni anticipate di governatori e capi di municipalità. 

Non sarà facile vincere la sfida dei quorum, elemento con cui tradizionalmente i partiti che già sono nei palazzi tagliano l’erba sotto i piedi ai nuovi soggetti che intendono entrarvi. E forse questa prima sfida lanciata costituirà la cartina al tornasole della solidità del nuovo partito di democrazia diretta.

Durante la votazione sugli emendamenti costituzionali nell’estate del 2020, i rappresentanti del nuovo partito sono stati inclusi nel gruppo di esperti creato dalla Camera pubblica della Federazione Russa e hanno così potuto osservare il processo di voto. 

Il partito è alle prime battute. E per quanto lo scenario politico russo risulti imparagonabile con quello italiano, vale a dire per quanto lo strumento della democrazia diretta possa avere in Russia effetti assai più interessanti che altrove, rimane da attendere al rendez-vous dei fatti la proposta politica vera e propria, che nessuna piattaforma è in grado di surrogare.

Per ora abbondano questioni di metodo e procedure interne: il Partito ritiene che sia necessario abbandonare il divieto di tenere un referendum nell’ultimo anno di mandato della Duma di Stato e consentire referendum sulla richiesta di dimissioni anticipate di governatori e capi di municipalità. 

Anche la partecipazione stessa dei cittadini al referendum dovrebbe essere semplificata il più possibile. Per questo, ritiene sia necessario aggiornare il portale “Gosuslugi” o creare un nuovo sistema di voto elettronico. 

Inoltre, il Partito propone di obbligare i deputati eletti dalle liste del Partito “ad agire secondo la volontà dei membri del Partito”. E per i candidati a mandato unico, dovrebbe essere prevista una procedura di revoca su iniziativa degli elettori. 

Il programma menziona anche i giudici di pace. Secondo il Partito della Democrazia Diretta, dovrebbero essere sempre eletti dalla popolazione. Ora la procedura di nomina avviene a discrezione delle autorità regionali: o dall’Assemblea legislativa regionale o dopo un voto diretto della popolazione della circoscrizione giudiziaria. 

Ma l’idea di suscitare interesse generale agitando esclusivamente questioni di metodo, per quanto rilevanti, non scioglie il dubbio circa la possibile efficacia in futuro della nuova presenza politica nell’arena dei partiti russi.

La democrazia e la partecipazione non stanno vivendo una florida stagione. In tutto il mondo. E il ricostituente della piattaforma, con annessa blockchain, non è detto possa bastare.

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