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Da Garattini a Cacciari, decidiamo da che parte stare. La salute o l’industria?

Il prof. Silvio Garattini, farmacologo, è stato per cinquant’anni direttore dell’Istituto “Mario Negri”, un importantissimo centro di ricerche farmacologiche di Milano. Ne ho sempre avuto grande stima. Anche ora che sembra aver cambiato la sua posizione su big-pharma e che contesta le posizioni pacate e ragionevoli che hanno assunto non dei negatori del metodo scientifico ma pensatori stimati del calibro di Massimo Cacciari, Giorgio Agamben, Gianni Vattimo ed Alessandro Barbero, fra molti altri. Le sue apparizioni in TV erano equilibrate, autorevoli, indipendenti. Dell’indipendenza Garattini ed il “Mario Negri” hanno fatto un loro principio cardine, per non finire stritolati nelle grinfie delle case farmaceutiche, che, come è noto, fanno di tutto pur di adempiere alla loro funzione primaria, il profitto (cose che quelli di sinistra dicevano prima della pandemia a proposito di tutte le multi-nazionali, ma che ora non dicono più).

La “scienza” e la “ricerca scientifica” non sono quasi mai neutrali. Di solito hanno committenti che chiedono loro di avallare una certa verità, prima ancora di averla verificata. E non c’è da meravigliarsi, visto che quei committenti sono imprese e non enti di beneficienza. Anzi i big-pharma, come li chiama(va)no sinteticamente giornalisti e rivoluzionari oggi pentiti – insieme ai colossi dell’informatica, della rete, del cibo, dell’energia, degli armamenti e della finanza – costituiscono le più grandi concentrazioni economico-finanziarie del mondo. E, ovviamente, non posseggono soltanto fabbriche per produrre medicine ma anche televisioni, giornali, ed hanno una fittissima rete di lobbisti (pagati con regolare stipendio o in nero). Non c’è bisogno di andare troppo lontano: chi almeno una volta nella vita non ha avuto la prova che un certo medico venisse foraggiato con regali e viaggi dalle case farmaceutiche in cambio di prescrizioni compiacenti?

Ora, è un fatto che Garattini sia stato un uomo indipendente. Tant’è vero che nel 2018, ben prima della pandemia, in occasione della cessazione dalla carica di direttore del “Mario Negri” rilasciò un’intervista al giornale cartaceo “Aboutpharma” pubblicata sul numero di luglio/agosto, che conservo gelosamente, della quale oggi forse si pente. Voglio riferire qualche battuta significativa di quell’intervista, che titolava il primo paragrafo, sintomaticamente, “Una vita a muso duro contro il mercato della medicina”. Ecco le battute tratte da un testo molto più ampio, che vi affido come pura e semplice riflessione circa il fideismo verso big-pharma che dilaga (anche negli ex antagonisti di sinistra) da quando è iniziata la corsa a ciò che non possiamo nominare per evitare di essere etichettati come no-vax.

Affermava Garattini: “Ancora oggi probabilmente il 50% dei farmaci approvati dall’Ema non rappresentano reali novità. […] la normativa europea non è fatta nell’interesse degli ammalati ma in quello dell’industria. […] Quelli [i dati sull’efficacia dei farmaci cosiddetti innovativi] arrivano con il tempo e quando arrivano, di solito, è scaduto il brevetto e il business è già stato fatto. […] Se questo non succede [la serietà della ricerca] paghiamo attraverso le tasse un SSN che non dà quello che ci serve ma quello che serve all’industria. […] dobbiamo decidere cosa vogliamo: privilegiare la salute o l’industria? […] Gli studi [sulla possibilità di utilizzare farmaci più efficaci e meno dannosi] ci sono eccome. Solo che non sono conosciuti perché l’industria non li spinge. Dove sono le fonti indipendenti? […] L’arroganza [scientifica] è un errore. Noi facciamo corsi di formazione per i nostri ricercatori e una delle cose che diciamo è che bisogna avere spirito di servizio. Non è che se facciamo gli scienziati sappiamo tutto, né dobbiamo dire «vai a studiare prima di parlare con me».” E mi fermo qui.

Metto le mani avanti: Garattini non parlava delle punturine miracolose (le chiamerò così non in senso spregiativo ma per la stessa ragione di cui ho detto sopra) e quindi non è di quello che discutiamo. Parliamo però del contesto all’interno del quale le punturine (che io ho regolarmente fatto) si inseriscono.

E allora, avete letto bene? In questa intervista, i capisaldi del Garattini-pensiero del 2018 sembrano essere: 1- gran parte dei farmaci sul mercato sono inutili e dispendiosi per il SSN (ossia sono un puro business delle case farmaceutiche favorite da un sistema di controllo che, a voler essere buoni, non funziona); 2- le industrie farmaceutiche drogano la ricerca puntando al profitto immediato; 3- gli interessi della salute sono contrapposti a quelli dell’industria, 4- non esistono studi indipendenti perché big-pharma sa come orientarli (il che non significa che non vi siano studi validi); 5- è utile e doveroso che anche a delle persone normali sia consentito di muovere critiche agli scienziati (ci è concesso, quindi, di interloquire anche su temi di tipo specialistico). Ma non vi pare che queste affermazioni sono l’esatto contrario di quel che leggiamo e sentiamo quotidianamente sui giornali e che dagli scienziati divi della TV e dai loro accoliti leoni da redazione giornalistica o da tastiera? Vi lascio l’amletico interrogativo.

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