Affrontare il fenomeno del cyberbullismo nella sua complessità, attraverso un intervento di rango primario, armonizzato a livello europeo. Tutelare i diritti fondamentali della persona su Internet come sugli altri media, attraverso mirate azioni di education. Sono queste le proposte di Antonio Martusciello, Commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, intervenuto oggi a Torino al convegno “Il mercato digitale e il futuro dei social media” organizzato dal Parlamento europeo.
Il cyberbullismo che, per pervasività, persistenza, anonimato e mancanza di empatia si distingue dal bullismo tradizionale, richiede soluzioni specifiche. “A livello nazionale il disegno di legge relativo al contrasto del fenomeno del cyberbullismo, tornato alla Camera in quarta lettura, dopo la recente approvazione al Senato, manifesta un’apprezzabile sensibilità sul tema. Pur trattandosi di un testo perfettibile, il ddl ha recuperato l’originaria impostazione, volta a realizzare una tutela ad hoc per i minori. È necessario arginare la frammentazione regolamentare, al fine di combattere l’impunità delle condotte illecite” ha chiosato Martusciello.
Nel ricordare le varie iniziative di autoregolamentazione e co-regolamentazione messe in atto a livello europeo, capaci di “reagire con maggior celerità alla rapida evoluzione dei media”, Martusciello ha posto l’accento “sull’eterogeneità degli approcci normativi e regolamentari attraverso i quali non è stato ancora possibile apprestare un’adeguata tutela verso un fenomeno che varca i confini nazionali”.
Nonostante le azioni intraprese, infatti, i dati sono allarmanti. “Nell’ultimo anno – secondo i dati forniti dalla Polizia Postale – i casi trattati di cyberbullismo in Italia sono stati 235. A questi si aggiunge il fenomeno del sommerso, di quanti, cioè, non hanno denunciato”, ha ricordato il Commissario Agcom.
“Un approccio efficace al cyberbullismo – ha concluso Martusciello – richiede un maggior coordinamento europeo a livello legislativo e un maggior impegno sul fronte della media education. Nei riguardi dei minori, infatti, gli interventi non possono e non devono avere carattere esclusivamente sanzionatorio e penale, ma educativo. In tal modo, si potrà far comprendere ai persecutori che gli atti compiuti in rete sono tangibili e reali”.