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Cultura e sprechi: 3 presentazioni di mostre a Roma in contemporanea

La vicenda che qui oggi vogliamo narrare è interessante perché, al di là delle iniziative presentate questa mattina a Roma, si pone veramente come sintomatica della dispersione del sistema culturale nazionale, in questo caso “a cura” della mano pubblica: alle ore 11 di oggi, il giornalista appassionato di “cose culturali” doveva essere dotato di… teletrasporto, perché tre istituzioni pubbliche hanno promosso una conferenza stampa, per iniziative allocate a poche centinaia di metri l’una dall’altra, esattamente alla stessa ora!

Se non fossimo in Italia, sarebbe da non crederci. Uno degli addetti stampa, cui abbiamo segnalato l’assurdità di una simile dinamica, ci ha risposto: “sebbene io abbia cercato in tutti i modi, attraverso una piattaforma condivisa con tutti gli uffici stampa, di coordinare le varie anteprime, alla fine sono emerse le sovrapposizioni”.

Ciò basti, a dimostrazione di come non funzioni (non esista) un “sistema informativo” adeguato della cultura italiana.

Di cosa si è trattato?!

Di tre presentazioni, ovvero anteprime per la stampa e i media: la presentazione del progetto del nuovo allestimento di Palazzo Venezia; la presentazione del nuovo allestimento del primo piano di Palazzo Barberini; la presentazione della mostra World Press Photo edizione 2022.

Procediamo con ordine: abbiamo privilegiato la presentazione a Palazzo Venezia, anche perché benedetta dall’intervento del Ministro della Cultura Dario Franceschini.

Dal 1° aprile ad oggi quasi 400.000 visitatori al Vittoriano e Palazzo Venezia…

Con discreta puntualità, nelle sale rivolte su Piazza Venezia – uno dei luoghi più celebri al mondo (anche soltanto per il mitico balcone dal quale Benito Mussolini arringava le folle) – il Ministro della Cultura Dario Franceschini e la Direttrice dell’Istituto Vive (acronimo che sta per Vittoriano e Palazzo Venezia) Edith Gabrielli hanno presentato il nuovo progetto di allestimento del Palazzo.

Curato per la parte museologica da Edith Gabrielli e la museografica dall’architetto Michele De Lucchi, il progetto coinvolge tutto il “piano nobile” del palazzo, comprese proprio le sale tra Piazza Venezia e Via del Plebiscito, ora vuote: il pubblico potrà ammirare di nuovo centinaia fra quadri, sculture, ceramiche, armi, mobili, gioielli, tessuti e altri esempi di arti applicate, o decorative, la maggior parte dei quali adesso confinati nei depositi.

Impressionanti i dati di affluenza: dal 1° aprile ad oggi, ovvero dal termine dello stato d’emergenza, sono stati oltre 395mila i visitatori di Vittoriano e Palazzo Venezia e, tra questi, oltre 40mila hanno potuto usufruire delle visite guidate e dei servizi educativi inclusi nel biglietto.

Il Vive si va configurando come uno dei siti museali più visitati d’Italia, ma non solo: grazie alle attività offerte, intende affermarsi anche come luogo in grado di offrire un’esperienza culturale completa e nel quale proprio per questo si tende a tornare più volte. In quest’ottica, è stato presentato oggi anche un nuovo programma di iniziative culturali, previste nei mesi centrali e conclusivi del 2022: i quattro cicli di conferenze di arte, architettura, musica e storia, come pure le visite guidate speciali e i laboratori a tema per il pubblico di tutte le età, propongono il Vive nel ruolo di “polo culturale” nel cuore della capitale d’Italia.

I giornalisti hanno anche avuto il piacere di visitare in anteprima i cosiddetti “depositi” di Palazzo Venezia: aperti ora al pubblico, grazie alla recente risistemazione, i depositi costituiscono un vero e proprio “tesoro” da scoprire. Tra le preziose collezioni di argenti, con pezzi prodotti dalle maggiori manifatture di tutta Europa dal XVII al XIX secolo, ma anche di avori, porcellane, tra le quali spiccano gli enormi pezzi giapponesi e cinesi e raffinati vetri dipinti di produzione veneziana, i visitatori avranno così la possibilità di entrare nella parte più segreta del museo…

La domanda sul perché questo patrimonio è stato per decenni precluso alla fruizione da parte del pubblico non ha avuto una risposta precisa, se non le solite (rituali): problema di risorse, deficit di personale… E quindi ben venga l’azione propulsiva avviata dal Ministro della Cultura.

Si ricordi che nel dicembre dell’anno scorso, il Ministro ha annunciato la fuoriuscita dai depositi di un primo gruppo di 100 opere: “queste prime cento opere sono solo l’inizio di un percorso che può durare all’infinito e arrivare anche a 10mila opere”, sostenne, presentando l’iniziativa “100 opere tornano a casa”, progetto finalizzato a riportare i manufatti chiusi nei depositi di 14 musei statali nei luoghi da cui provengono…

Così ha commentato Dario Franceschini questa mattina: “l’istituzione dei Musei Autonomi ha dimostrato, in questi anni, di essere un ottimo strumento che sta contribuendo con successo alla modernizzazione del sistema museale nazionale. Il progetto di Edith Gabrielli e Michele De Lucchi del nuovo allestimento dei saloni monumentali di Palazzo Venezia segue appieno questa direzione, permettendo di valorizzare i prestigiosi spazi dopo lunghi anni di silenzio e di mostrare le opere custodite nei depositi e sconosciute al pubblico”.

Il nuovo allestimento dell’ala sinistra del pianterreno di Palazzo Barberini Corsini

A poche centinaia di metri, veniva annunciata la riapertura al pubblico, da domani venerdì 29 aprile 2022, delle Sale dedicate ai “Primitivi”, al piano terra di Palazzo Barberini, completamente rinnovate e riallestite.

Con questo intervento, a cura di Flaminia Gennari Santori con Maurizia Cicconi e Michele Di Monte, si conclude il progetto di riallestimento della collezione permanente di Palazzo Barberini, cominciati nel 2019 con le Sale dedicate al Settecento nell’Ala Sud e quelle dedicate al Seicento nell’Ala Nord, e continuati nell’ottobre 2021 con le nuove sale del Cinquecento e il completamento del nuovo allestimento del piano nobile del palazzo. Le rinnovate sale del piano terra accolgono le opere comprese tra il Medioevo e l’inizio del XVI secolo, rispettando così lo schema di distribuzione generale, cronologico e geografico, della collezione del museo.

Il progetto di riallestimento della collezione e di riorganizzazione degli spazi e dei percorsi del palazzo è stato al centro del lavoro di questi anni, e da questo nucleo si è dipanato tutto il lavoro di ripensamento delle Gallerie Nazionali. Il risultato è una enorme soddisfazione per tutti noi”, ha dichiarato Flaminia Gennari Santori, che sottolinea: “abbiamo inventato un museo che non c’era, un luogo dove il nostro pubblico riflette e continua a tornare, perché sa che troverà sempre spunti nuovi”.

Le 50 opere del piano terra sono disposte secondo un ordine che intreccia e presenta al pubblico diversi livelli di lettura: attraverso una serie di “stanze” dedicate a momenti tematici e approfondimenti monografici vengono messi in risalto nessi e rimandi tra le opere di ordine morfologico, tematico, tipologico, semantico, iconografico e contestuale.  

In questo caso, i promotori non hanno ritenuto di fornire alcun dato quantitativo sull’affluenza di visitatori…

Sacro e profano a Palazzo Barberini: ospita anche una mostra sul processo ideativo e produttivo dei film della Disney

Da segnalare che il Palazzo mischia il sacro con il profano, la cultura “alta” con la cultura “pop”: nell’ala destra di Palazzo Barberini, infatti, viene ospitata anche una mostra prodotta da Sole24 Ore Cultura, “Disney. L’arte di raccontare storie senza tempo” (è stata inaugurata il 15 aprile e sarà aperta fino al 25 settembre). Si tratta di una iniziativa della società del Gruppo 24 Ore, a cura della Walt Disney Animation Research Library, con la collaborazione di Federico Fiecconi (storico e critico del fumetto e del cinema di animazione). La mostra è interessante, ma l’accostamento ci pare veramente inopportuno quanto eccentrico, in considerazione delle caratteristiche storiche di una “location” qual Palazzo Barberini Corsini.

L’esposizione mostra alcuni aspetti del processo creativo della “factory” Disney, grazie a opere originali provenienti dagli Archivi Disney, di immortali lungometraggi e di altri celebri film dei Walt Disney Animation Studios.

L’esposizione racconta i capolavori di Walt Disney, riconducendo le storie alle antiche matrici di tradizione epica: sono i miti, le leggende medievali e il folklore, le favole e le fiabe che costituiscono da secoli il patrimonio narrativo delle diverse culture del mondo. Da queste tradizioni, derivano le storie più famose da cui sono stati tratti i film Disney e vengono presentate in chiave narrativa attraverso l’esposizione dei bozzetti preparatori di ricerca creativa, incentrati sull’esplorazione di personaggi, ambientazioni e trame narrative.

Al Palazzo delle Esposizioni, l’edizione 2022 del “World Press Photo”

Infine, sempre alle 11 di questa mattina, il Palazzo delle Esposizioni (cosiddetto Palaexpo, ente che gestisce anche il Macro, il Mattatoio ed il Museo delle Periferie) ha inaugurato la mostra del “World Press Photo” edizione 2022.

La rassegna presenta in anteprima nazionale le 122 foto finaliste del prestigioso concorso internazionale di fotogiornalismo, che dal 1955 premia ogni anno i migliori fotografi professionisti. L’esposizione è ideata dalla World Press Photo Foundation di Amsterdam, promossa da Roma Culture e organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo, in collaborazione con 10b Photography.

I nomi dei quattro vincitori globali dell’edizione 2022 sono stati annunciati il 7 aprile attraverso i canali online della fondazione. Per questa 65ª edizione, le giurie globali e regionali formate da esperti internazionali hanno esaminato i lavori di quasi 65mila (!) fotografie e progetti: per la precisione 64.823 foto e progetti, inviati da 4.066 fotografi provenienti da 130 Paesi.

La mostra è molto stimolante, anche se ci si domanda perché le fotografie non sono state stampate a dimensioni maggiori, a fronte dell’enorme spazio messo a disposizione dal Palazzo delle Esposizioni (con spazi che si caratterizzano per un bianco… accecante).

Ci hanno colpito in particolare le fotografie del norvegese Jonas Bendiksen, intitolate “The Book of Veles”, un progetto documentaristico avviato nell’aprile del 2021 sulla produzione di “fake news” a Veles, una provincia della Macedonia del Nord, che nel 2016 è stata segnalata a livello internazionale come epicentro della produzione di notizie false. Sei mesi dopo la pubblicazione del progetto, Bendiksen ha rivelato che era tutto falso: le persone ritratte sono modelli a 3D generati dal computer; gli sfondi delle immagini sono stati ricavati fotografando spazi vuoti a Valdes e convertendoli in spazi tridimensionali… Il progetto mette in discussione il concetto stesso di “verità”, intesa dal punto di vista fotografico-visivo, e dimostra come ormai le “fake news” possono essere prodotte, diffuse e credute come… vere. Questione quanto mai delicata, anche alla luce della guerra che la Russia ha scatenato contro l’Ucraina: torneremo presto su queste tematiche.

Su tutt’altro “fronte”, ci hanno colpito gli scatti dell’olandese Bram Janssen, che dimostrano come anche la cultura finisce per divenire vittima della guerra (anche il conflitto in corso in Ucraina conferma amaramente ciò): dopo la conquista talebana dell’Afghanistan nell’agosto del 2021, il cinema statale Ariana di Kabul è stato chiuso, e il personale attende ancora di sapere se il governo consentirà la proiezione di film. I dipendenti maschi continuano a presentarsi al lavoro ogni giorno, nella speranza di essere prima o poi pagati, mentre ad Asita Ferdous, prima direttrice donna del cinematografo, è stato impedito di entrare, e le altre donne che lavoravano nella sala non possono più né lavorarci né accedervi.

L’enorme offerta culturale della Capitale si arricchisce, ma manca ancora una “bussola” digitale

Conclusivamente, le tre mostre presentate questa mattina a Roma meritano senza dubbio di essere visitate, e vanno ad arricchire la già enorme offerta culturale della Capitale.

Quel che ci si domanda è: perché il Ministero della Cultura non si attrezza con un portale multimediale ben curato che metta in relazione le iniziative nazionali, regionali, comunali, locali, consentendo al visitatore (turista o meno, anche lo stesso cittadino residente…) di acquisire una visione immediata e semplice di tutto quel il sistema culturale italiano può offrire in un certo giorno, in una certa località?!

Manca una “bussola digitale” adeguata all’enorme ricchezza del patrimonio culturale nazionale (una “bussola” che sia dotata ovviamente anche di sistemi di geolocalizzazione).

Abbiamo già segnalato, anche su queste colonne, che questo problema di diffuso policentrismo determina frammentazione di attenzione e dispersione di risorse.

Anche rispetto a quelli che IsICult stima essere ormai oltre 2.000 festival proposti in tutta Italia, un’attività culturale preziosa e originale. In Italia, il turista e il cittadino non hanno accesso a un portale nazionale che consenta di acquisire rapidamente e semplicemente “cosa” viene offerto, anche soltanto a livello di festival (di cinema, teatro, musica, danza, letteratura, design, eccetera): vedi “Key4biz” del 10 gennaio 2022, “Il misterioso mondo dei festival italiani: sono circa 2.000, ma nessuno (nemmeno il Ministero) li ha mai mappati e studiati”…

Questo problema del deficit di conoscenza del sistema culturale nazionale è anche un problema di carenza di autocoscienza del sistema stesso (e della mano pubblica), così come si pone come problema di ottimizzazione dell’offerta, in termini di comunicazione e promozione.

Si tratta di un grande problema di marketing culturale e turistico…

Deficit di autocoscienza, appunto. In argomento, abbiamo già segnalato che l’edizione del 18 aprile scorso della eccellente trasmissione “Report” di Rai 3 ha denunciato come il Ministero della Cultura non sappia nemmeno quanti sono i teatri chiusi nel nostro Paese (vedi “Key4biz” del 22 aprile 2022, “L’Istat certifica il crollo della partecipazione culturale in Italia”). Ha sostenuto giustamente Sigfrido Ranucci (commentando il servizio ben curato da Giulia Presutti): “qualcuno dovrebbe quantificare quanto ci costa questo immenso patrimonio culturale storico architettonico abbandonato. Ma nessuno lo sa, perché la Direzione Generale Spettacolo del Ministero della Cultura ci fa sapere che non c’è un censimento aggiornato… Per il 2022, finanziano 420 milioni di euro destinati solo a spettacoli e non alle infrastrutture. Per i teatri non è previsto nulla, possono pure crollare… E naturalmente su tutto questo non è destinato neanche un solo euro del Piano di Ricostruzione e di Resilienza”.

Nessuna reazione dal Ministro Dario Franceschini.

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