Le “Raccomandazioni sull’uso dell’intelligenza artificiale nell’amministrazione della giustizia“ del Consiglio Superiore della Magistratura offrono lezioni che superano i confini della giustizia. È un documento che parla a tutti coloro che devono governare nell’era degli algoritmi.
Perché le sfide che il CSM ha affrontato in questo documento, come mantenere il controllo sui propri dati, come garantire che l’AI non sostituisca il pensiero umano, come preservare l’autonomia decisionale, sono le stesse che ogni board aziendale dovrebbe affrontare e definire.
Riconosciamo le dovute differenze: stiamo parlando del CSM e di ambiti istituzionali che governano la giustizia, non di aziende private. Ma è proprio questo che rende l’insegnamento ancora più potente.
Quando un organo che tutela principi costituzionali riafferma che “i dati e le informazioni generate non devono mai essere accessibili a terzi non autorizzati” e che serve garantire la “sovranità dei dati”, sta tracciando una strada che le imprese non possono più ignorare.
Il messaggio è chiaro: in un’epoca dominata dall’AI, sia chi amministra la giustizia sia chi amministra un’azienda deve affrontare la stessa sfida fondamentale, ovvero mantenere il controllo e l’autonomia decisionale di fronte a sistemi sempre più pervasivi e opachi.
A detta di molti, il CSM ha tracciato una via storica: “deve essere escluso l’utilizzo non autorizzato di sistemi di IA nell’attività giudiziaria in senso stretto“. I dati non possono finire su “server di aziende estere extra UE”, ogni output richiede “supervisione umana”, il magistrato mantiene “ogni decisione sull’interpretazione e sull’applicazione della legge”.
A questo punto la domanda cruciale è: saranno capaci i manager delle imprese di fare altrettanto?
Dal controllo dei dati all’indipendenza strategica
Il parallelo con le imprese è immediato.
La sovranità dei dati che il CSM rivendica per la giustizia è lo stesso principio che le aziende dovrebbero applicare alle loro informazioni proprietarie. Ma come abbiamo sottolineato da tempo, per le imprese questo è solo il primo passo.
Un’azienda indipendente controlla direttamente i propri dati, evitando dipendenze esterne e garantendo sicurezza e flessibilità per adattarsi ai cambiamenti di mercato.
Ma l’indipendenza digitale che proponiamo va molto oltre il semplice controllo dei dati.
Primo: le competenze. Investire nella formazione continua delle persone crea competenze interne per gestire le tecnologie autonomamente. Non basta avere i dati, bisogna saperli gestire. Quanti progetti digitali riuscite a gestire senza consulenti esterni? Se la risposta è pochi o nessuno, siete dipendenti quanto chi ha i dati su server altrui.
Secondo: la resilienza. La business continuity non si negozia: un solo anello debole può fermare l’intera operatività aziendale. Pensiamo ai recenti incidenti di cybersecurity: Un’azienda affida a dei consulenti lo sviluppo di un’applicazione fondamentale, i quali si appoggiano a ulteriori fornitori, inclusi provider cloud. Se un anello cede, i dati finiscono nelle mani sbagliate.
Terzo: la flessibilità strategica. Essere indipendenti significa scegliere e aggiornare tecnologie liberamente, senza vincoli dai fornitori.Quanto tempo vi serve per cambiare un fornitore tecnologico critico? Giorni? Settimane? Mesi? Ogni giorno di dipendenza è un giorno di vulnerabilità.
I rischi che board e magistrati condividono
Il CSM evidenzia rischi precisi: “allucinazioni (generazioni di contenuti non basati sulla realtà oggettiva)”, “bias algoritmici”, output che “non seguono logiche deterministiche ma probabilistiche”. Per i manager questi non possono sono dettagli tecnici, delegate ai tecnici, ma questioni strategiche.
L’IA non pensa. Elabora pattern, correla dati, estrapola tendenze. Il pensiero critico, quello che distingue correlazione da causazione, che intuisce il non detto, che immagina il non ancora esistente, rimane esclusivamente umano.
Se la magistratura richiede supervisione costante per ogni output algoritmico, i board dovrebbero chiedersi: chi verifica gli algoritmi che determinano le nostre strategie di mercato? Chi controlla i bias nei sistemi che selezionano il personale? Chi garantisce che le “allucinazioni” dell’IA non finiscano nei report per gli investitori?
Ricordiamoci che sebbene la supervisione umana sia obbligatoria per i sistemi ad alto rischio secondo l’EU AI Act e la Legge italiana 132/2025, è in realtà indispensabile per qualsiasi sistema AI: non solo per evitare sanzioni e riclassificazioni, ma come elemento strategico di governance aziendale che distribuisce responsabilità, costruisce fiducia e trasforma la compliance in vantaggio competitivo, non può essere delegata al ‘solito tecnico’, ma richiede un approccio multidisciplinare e integrato.
Costruire l’indipendenza: una visione per le imprese
Il CSM progetta sistemi “interni” e “modelli residenti su server sotto il controllo del ministero”. E le aziende?
Immaginate un’organizzazione dove ogni decisione tecnologica è consapevole, dove le competenze critiche restano interne, dove un cambio di fornitore non è un dramma, ma una scelta strategica. Dove l’open source non è ideologia, ma libertà operativa. Dove la governance dell’AI non è un peso burocratico, ma un vantaggio competitivo.
Non è utopia. È quello che chiamiamo indipendenza digitale.
Che si può costruire partendo dal chiedersi: Conosciamo davvero i nostri vincoli tecnologici o li scopriamo solo quando è troppo tardi? Continua con la costruzione paziente di competenze che nessuno può portarvi via. Evolve in un’architettura che vi rende resilienti, non solo efficienti. Culmina in quella che definiamo AI ResponsAbility By Design™, un modo nuovo di pensare dove produttività e responsabilità non sono in conflitto, ma si rafforzano a vicenda.
Il percorso è complesso? Certamente. Ma l’alternativa, rimanere in balia di fornitori e di algoritmi opachi, è molto peggio. Non siamo soli in questo viaggio: la fatica che sentiamo è la prova della nostra umanità, quella che nessuna macchina potrà mai replicare.
Le metriche che contano
L’indipendenza digitale si misura con domande scomode: quanto controllo avete sui vostri dati critici? Quanto dipendete da fornitori esterni? Se un servizio cloud si interrompe, sopravvivete? Il vostro board comprende l’IA che governa l’azienda? Indicatori da cui non potete più prescindere.
Il nuovo paradigma del management
Il CSM chiede ai magistrati consapevolezza della “natura probabilistica” dell’IA.
I manager devono andare anche oltre: devono saper leggere pattern nei dati come leggono il cash flow, valutare rischi algoritmici come valutano quelli finanziari.
I nuovi leader delle imprese non sono solo interpreti di bilanci. Sono architetti di sistemi dove tecnologia, persone, responsabilità e strategia danzano insieme.
Di conseguenza in un momento storico in cui dazi e tensioni internazionali possono stravolgere le regole del mercato, la dipendenza tecnologica non è solo un rischio operativo: è una minaccia esistenziale. Ignorare la possibile dipendenza può avere conseguenze irreversibili.
Il prossimo 14 novembre questi temi saranno al centro dell’incontro. Non parleremo di teoria ma di pratiche concrete, di metriche reali e risultati misurabili. Perché come avvertiamo da tempo: “L’indipendenza digitale non è un nice-to-have: è il nuovo requisito minimo per la continuità del business.”
La magistratura ha scelto. Ora tocca alle imprese decidere: sovranità o dipendenza? Controllo o delega? Indipendenza o vulnerabilità? Il tempo per scegliere si sta esaurendo.
Chiedi il tuo invito qui https://www.redopen.it/ibe2025/


