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Crowd4Fund. ‘Crowdfunding e Bitcoin sempre più vicini’. Intervista a Carlo Zanaboni (Sogni Fuori dal Cassetto)

Carlo Zanaboni

Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita e allo sviluppo di due fenomeni di innovazione in grado di scardinare le apparentemente immutabili logiche del mondo bancario e finanziario. Crowdfunding e Bitcoin (la moneta elettronica, nata nel 2009 e che attualmente vale 208,86 euro) hanno però molto più di questo in comune ed insieme potrebbero aprire la strada a possibilità finora immaginate solo nei libri di fantascienza. Ne parliamo oggi con Carlo A. Zanaboni, Advisor Crowd Advisors e di Sogni Fuori dal Cassetto, nonché esperto di strategie di business.

Crowd4Fund è una rubrica in collaborazione con Crowdfunding Buzz e a cura di Fabio Allegreni. Novità e approfondimenti sul Crowdfunding nelle sue diverse forme. Il focus principale è sull’Italia, senza dimenticare i trend internazionali più significativi. Clicca qui per leggere tutti i contributi.

Fabio Allegreni. Può farci degli esempi di campagne crowdfunding in cui la raccolta è avvenuta in Bitcoin?

 

Carlo A. Zanaboni. Non sono molte le piattaforme che accettano i Bitcoin come mezzo di pagamento per partecipare alle campagne. La maggior parte dei casi si concentrano in piattaforme equity di nicchia come Bnk To The Future, o CoinFunder, dove prevalentemente cercano di finanziarsi progetti di interesse esclusivo dei tecnici ed appassionati delle cripto valute. Uno dei casi più famosi è quello del progetto Ethereum, che l’anno scorso ha raccolto l’equivalente in Bitcoin di 18,5 milioni di dollari. Si è trattato ufficialmente della quarta raccolta più alta di sempre per una campagna di crowdfunding e per alcuni, date le fluttuazioni del valore dei Bitcoin, addirittura la più alta di sempre. Esistono tuttavia due interessanti eccezioni di piattaforme affermate che hanno deciso di includere i Bitcoin come valuta accettata nelle campagne. Si tratta della famosa piattaforma australiana reward based Pozible, che fin dal 2013 accetta i Bitcoin, e della piattaforma svedese di equity crowdfunding Foundedbyme.

Fabio Allegreni. Quali sono le campagne finanziate con i Bitcoin su queste due piattaforme?

 

Carlo A. Zanaboni. Purtroppo in entrambi i casi è impossibile dire quali o quante campagne siano state finanziate con la cripto valuta e in che percentuale rispetto al totale raccolto. Tuttavia mi preme sottolineare che questi casi sono solo la punta dell’iceberg. Il crowdfunding e i Bitcoin sono due mondi molto più affini di quanto si sia abituati a credere e i cui sviluppi congiunti stanno già aprendo scenari potenzialmente dirompenti.

Fabio Allegreni. Ci spieghi meglio.

 

Carlo A. Zanaboni. Crowdfunding e Bitcoin, anzi, crowdfunding e blockchain (la tecnologia alla base dei Bitcoin) condividono la stessa filosofia di fondo, disintermediare i flussi finanziari e decentralizzarne i meccanismi di controllo rendendoli più trasparenti e democratici, il tutto abilitando reti peer to peer tra i soggetti che vi vogliono partecipare. Sulla base di questo principio stanno nascendo soluzioni di raccolta crowdfunding basate sulla tecnologia blockchain come Swarm, Koinify e WeiFund. Questa nuova forma di raccolta, definibile genericamente come decentralized crowdfunding, seppur ancora molto limitata nella sua applicabilità, è stata definita come il “vero crowdfunding” in un articolo apparso su TechCrunch, perché di fatto disintermediano completamente il flusso tra progettista e donatore, senza richiedere un soggetto terzo garante quale la piattaforma. Semplificando si potrebbe pensare a Kickstarter, ma senza la necessità di pagare Kickstarter per il suo ruolo di abilitatore della transazione. In realtà la portata è ancor più dirompente, perché il decentralized

crowdfunding è più simile a Symbid, Tip Ventures, o StarsUP non solo senza la necessità della piattaforma, ma nemmeno di alcun tipo di intermediazione.

 

Fabio Allegreni. Davvero interessante. Ha però parlato di applicabilità limitata del decentralized crowdfunding. Quali sono i progetti che possono essere finanziati su queste piattaforme?

 

Carlo A. Zanaboni. Per poterlo spiegare ho la necessità di introdurre almeno in modo sintetico alcuni concetti ancora poco noti a chi non si occupa di blockchain: decentralized application (Dapp), token e smart contracts. Le Dapp sono applicazioni basate sulla tecnologia blockchain che funzionano senza un soggetto centrale regolatore, ma sulla base dello scambio di “gettoni” (token) tra i partecipanti al network, che possono essere persone, ma anche componenti software e/o hardware, tanto che uno dei fronti dove si ritiene che le Dapp avranno più applicazione è quello della Internet Of Thing. Ecco, il decentralized crowdfunding è un esempio di Dapp, che permettere ad investitori e appassionati di finanziare la realizzazione di altre Dapp attraverso l’acquisizione della quantità iniziale di token necessari per far funzionare l’applicazione.

Tutto questo diventa ancor più interessante e concreto se alla formula introduciamo gli smart contract, cioè protocolli per computer che facilitano, verificano o fanno rispettare la negoziazione o l’esecuzione di un contratto con implicazioni non più solo nel mondo “virtuale”, ma anche in quello “reale”, come ad esempio la proprietà di una quota di una Dapp e quindi di una quota dei ricavi da questa realizzati a fronte dell’acquisizione di un certo numero di token di quella stessa Dapp. Questo spiega perché prima parlando di Swarm, Koinify e WeiFund ho detto che sono più simili alle piattaforme equity crowdfunding piuttosto che a quelle reward.

Fabio Allegreni. Senza entrare in ulteriori tecnicismi può farci qualche esempio concreto che ci aiuti a capire?

 

Carlo A. Zanaboni. Immaginatevi di avere un giorno la possibilità di partecipare ad una raccolta crowdfunding per la costruzione di un nuovo condominio. Il valore investito determinerà la proprietà di uno degli appartamenti, automaticamente registrata su un catasto elettronico e abilitata da una app sul vostro smartphone che fungerà da chiave elettronica. La proprietà potrà essere con o senza limiti di tempo, aprendo a nuovi modelli di business per le proprietà immobiliari. Inoltre il valore investito potrà dare o meno diritto a usufruire di alcuni servizi accessori come gli ascensori, la palestra, ecc. Il tutto in modo automatico, sicuro e senza la necessità di intermediari o soggetti terzi garanti. Un altro esempio potrebbe essere visto come l’evoluzione del car sharing. Un parco macchine acquistato da una comunità con una raccolta crowdfunding, dove il valore dell’investimento di ciascuno determina il numero di km che potrà percorrere con quelle auto. Nuovamente, tutto realizzato e controllato in modo automatico e disintermediato.

Fabio Allegreni. Quanto siamo lontani dal poter vedere modelli di business come questi applicati nella vita reale?

Carlo A. Zanaboni. Chiaramente ci sono problemi enormi ancora da risolvere, soprattutto dal punto di vista normativo, come è facilmente intuibile. Tuttavia è di alcuni giorni fa la notizia apparsa sul Wall Street Journal secondo cui IBM ha un intero team di sviluppo impegnato su un progetto di smart contract basato su blockchain per l’Internet of Thing. Insomma, forse siamo ancora lontani dalla “right economy” descritta da Karl Schroeder nel suo romanzo “Permanence”, ma non credo passerà ancora molto prima che le primissime applicazioni di Dapp e smart contract inizino ad entrare nella nostra quotidianità.

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