Key4biz

Crisi Qatar, Inizio della Brexit, Governo di Macron affronta la sua prima crisi, Mea culpa della Merkel su imprese

finestra sul mondo

Regno Unito, il Dup minaccia di chiudere le trattative

21 giu 10:47 – (Agenzia Nova) – La premier del Regno Unito, Theresa May, riferisce il quotidiano britannico “The Times”, e’ esposta alla minaccia del Partito unionista democratico (Dup) dell’Irlanda del Nord di non sostenere il governo conservatore di minoranza. Oggi e’ in programma il “Discorso della Regina”, la presentazione del programma legislativo, cruciale per la sorte dell’esecutivo. Il discorso programmatico illustrera’ anche e soprattutto i disegni di legge per l’attuazione dell’uscita dall’Unione Europea, almeno otto. Il Dup, che ha dieci deputati, ha accentuato la sua pressione alla vigilia dell’importante appuntamento, sostenendo che le trattative con i Tory non stanno andando secondo le aspettative e che il suo sostegno non puo’ essere dato per scontato. La leader di Downing Street ha cercato di riprendere l’iniziativa, ammettendo che le elezioni politiche anticipate non hanno dato il risultato sperato, ma dichiarandosi pronta a rispondere con “umilta’ e determinazione” al messaggio ricevuto dall’elettorato. I conservatori hanno ribadito fino a ieri che l’accordo di massima col Dup fosse pronto, ma fonti di Belfast hanno escluso un’intesa imminente. Questa mattina Damian Green, vice primo ministro, ha ammesso che potrebbe volerci “un po’ di tempo”. La debolezza sulla Brexit ha indotto il segretario per l’Uscita dall’Ue, David Davis, a chiedere che il suo omologo ombra del Labour, Keir Starmer, su indicazione di Downing Street, sia nominato nel Consiglio privato di Sua Maesta’. Molti esponenti laboristi, tuttavia, sono contrari a scelte che potrebbero compromettere i margini di manovra del partito

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Argentina, il ritorno senza partito di Cristina Kirchner

21 giu 10:47 – (Agenzia Nova) – L’ex presidente argentina Cristina Kirchner e’ pronta a tornare sulla scena politica nazionale. Una scena che non ha mai abbandonato definitivamente, seppure spesso grazie alle cronache giudiziarie che coinvolgono lei e la sua famiglia, o per l’aspro confronto quotidiano con i sostenitori del governo liberale di Mauricio Macri. Anche se e’ mancata la conferma formale, la “presidenta” e’ data oramai come sicura candidata alle attese elezioni legislative di ottobre, un “mid term” che puo’ confermare o meno la nuova rotta adottata da Buenos Aires, piu’ vicina all’Occidente e ai mercati di quanto non lo sia stata nei lunghi anni di presidenza Kirchner. “Occorre mettere un limite al governo” ha detto Cristina dal palco allestito nello stadio Julio Grondona, nel cuore della capitale argentina. Inedita, riferiscono i principali media, la scenografia allestita: l’ex capo di Stato dimentica la vistosa simbologia peronista e si presenta su uno scenario spoglio, da sola, con lo staff prudentemente dietro il palco. Di fatto parte della stessa galassia peronista che compone il complicato universo politico argentino non e’ piu’ cosi’ disposta a seguire le orme della leader, dotata di carisma ma capace di generare anche polemiche. “Cristina Kirchner ha seguaci, molti seguaci, ma non ha potere e neanche un partito”, segnala il quotidiano spagnolo “El Pais”, mai tenero con l’ex capo di Stato, ricordando l’uscita dal Partido justicialista, la formazione peronista “usata da lei e dal marito per ottenere il potere prima a Santa Cruz e poi in tutto il paese”. “Dirigente senza partito, ha dato un’ordine chiaro che i suoi hanno eseguito come sempre in modo militare: non c’erano bandiere di varie organizzazioni”, ma solo quelle dell’Argentina. Bando alle polemiche personali, dunque, l’obiettivo e’ quello di sconfiggere “l’aggressione neoliberale” dando vita alla “Unidad ciudadana”, l’unita’ di tutte le argentine e di tutti gli argentini” penalizzati dalle politiche dell’esecutivo: l’emissione di nuovi bond, “altri cento anni di debiti”, la liberalizzazione dei mercati, il ritiro di alcune generose misure di welfare. Il tutto, avverte “Clarin”, presentato pero’ un inatteso stile “macrista”: la presidente ha invitato sul palco una ventina di persone, presentandole una ad una come emblemi delle varie necessita’ di cui il paese ha bisogno. Esattamente la strada lanciata dall’attuale presidente quando, per vincere le elezioni del 2015, si e’ presentato al paese mostrandosi evitando il terreno di un confronto ideologico avvitato su se stesso per ripartire dalle “necessita’” della gente.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Brasile, il presidente Temer soffre anche al Senato: primo stop alla riforma sul lavoro

21 giu 10:47 – (Agenzia Nova) – Non ci sono solo le vicende giudiziarie a tormentare il presidente brasiliano Michel Temer. La commissione Affari sociali del Senato ha bocciato ieri, a sorpresa, la bozza dell’ambizioso progetto di riforma sul lavoro, uno dei punti con cui il capo di Stato intende elevare l’azione del governo al di sopra delle cause dei tribunali. Il gruppo di lavoro ha respinto con 10 contro 9 voti contrari il testo del relatore di maggioranza: la legge, gia’ approvata dalla Camera, arriva dunque in Aula accompagnata dal relatore di minoranza, apertamente contrario a un testo che punta a rimuovere il pagamento obbligatorio della quota sindacale, dare priorita’ agli accordi tra dipendenti e datori di lavoro sulla legislazione nazionale, mettere nuovi paletti sulle possibilita’ di ricorso alla giustizia del lavoro, introdurre il lavoro da casa e la giornata spezzata. Il presidente, in questi giorni in visita a Mosca, minimizza l’incidente parlamentare e ricorda che la partita e’ ancora tutta aperta. I mercati pero’ non hanno reagito bene, il real ha perso circa l’1,5 per cento sul dollaro e la Borsa ha accentuato il segno meno. La riforma del lavoro, assieme a quella sul sistema pensionistico, e’ stata pensata per dare ossigeno alla ripresa economica che il Brasile, pur a fatica, sta conoscendo dopo anni di severa crisi. Il voto e’ stato accolto con plateali scene di gioia dalle opposizioni, sempre piu’ convinti della necessita’ di scalzare Temer dal posto di comando. Anche perche’ il presidente continua a viaggiare contro il vento delle polemiche giudiziarie. La polizia federale ha presentato il rapporto su cui istruire una delle cause che fanno piu’ discutere: il documento sostiene con forza l’ipotesi che il presidente abbia acconsentito al versamento di tangenti da parte di un noto imprenditore al fine di orientare alcuni appalti. Ma secondo la polizia il il dossier potrebbe ampliarsi ed ha per questo chiesto al Supremo tribunal federal (Stf) altro tempo per raccogliere ulteriori prove.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Crisi Qatar, dal dipartimento di Stato Usa una presa di posizione insolitamente dura contro Riad

21 giu 10:47 – (Agenzia Nova) – La portavoce del segretario di Stato Usa Rex Tillerson, Heather Nauert, ha criticato apertamente la coalizione di Stati arabi sunniti, guidati da Arabia saudita ed Emirati arabi, che questo mese hanno isolato il Qatar, accusando Doha di sostenere e finanziare il terrorismo e promuovere l’instabilita’ regionale. La portavoce del segretario di stato ha dichiarato ieri che Washington e’ “basita” dal rifiuto di Riad e degli altri paesi responsabili del boicottaggio di chiarire in che modo Doha possa porre fine all’isolazionismo impostogli. Tillerson, che ha cancellato una visita in Messico in programma per il 19 giugno scorso per concentrarsi proprio sulla crisi del Qatar, ha tenuto negli ultimi giorni oltre 20 conversazioni telefoniche e incontri con le parti coinvolte, ed e’ convinto sia necessario “accelerare gli sforzi” tesi a superare le divergenze in seno al mondo arabo sunnita, ha dichiarato Nauert. La conferenza stampa della portavoce e’ accolta dalla stampa Usa come un “nuovo cambio di messaggio” da parte dell’amministrazione presidenziale Usa; la posizione del dipartimento di Stato Usa, pero’, e’ stata sin dall’inizio della crisi ben differente da quella del presidente Donald Trump, che nei primi mesi della sua amministrazione ha consolidato un solido legame personale con la monarchia di Riad, e si era inizialmente sbilanciato in favore di quest’ultima all’inizio della crisi del Qatar. Nauert, in particolare, ah espresso nelle ultime settimane una posizione spesso distante da quella del presidente e dello stesso segretario di Tillerson, quantomeno nei toni, che l’hanno caratterizzata, piu’ che come portavoce di quest’ultimo, come megafono degli orientamenti dei diplomatici e dei funzionari del dicastero. Nel corso della conferenza stampa di ieri, Nauert si e’ spinta di fatto a contestare apertamente l’Arabia Saudita: “Sono trascorse almeno due settimane dall’inizio dell’embargo, e simo basiti di fronte alla decisione degli Stati del Golfo di non rendere pubbliche, o quantomeno illustrare al Qatar, i dettagli delle accuse che hanno mosso” all’Emirato, ha detto la portavoce, che ha aggiunto: “Piu’ passa il tempo, piu’ sorgono dubbi in merito alle azioni intraprese dall’Arabia saudita e dagli Emirati Arabi”. Il 19 giugno scorso il ministro degli Esteri qatarino, Mohammed Al Thani, ha dichiarato che il suo paese non ha ancora ricevuto alcuna richiesta formale da parte dei paesi che aderiscono al boicottaggio. Nauert ha fatto eco alle parole del ministro, e ieri ha affermato: “A questo punto, sorge un quesito: se quest’iniziativa sia davvero mossa dai timori per il presunto sostegno del Qatar al terrorismo, o piuttosto da dissidi di lunga data” tra vicini mediorientali. Sebbene Tillerson abbia contattato rappresentanti di tutti i principali paesi coinvolti nella crisi diplomatica, gli Usa non intendono assumere un ruolo di mediazione formale tra le parti, ha puntualizzato la portavoce, che pero’ ha ribadito l’impazienza di Washington per una rapida soluzione.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Usa, in Georgia una nuova batosta elettorale per i Democratici

21 giu 10:47 – (Agenzia Nova) – La candidata del Partito repubblicano statunitense alle elezioni congressuali speciali nel Sesto distretto della Georgia, Karen Handel, ha battuto il suo avversario democratico, Jon Ossolf, col 52,5 per cento dei consensi. Per i Democratici, che per settimane avevano scommesso in una vittoria del loro candidato in quel collegio tradizionalmente conservatore, ed avevano dipinto l’elezione come un importantissimo voto di sfiducia nei confronti del presidente Donald Trump, l’esito della contesa rappresenta una nuova, cocente batosta elettorale. La 55 enne Handel, che i sondaggi davano in lieve svantaggio sul suo avversario democratico, aveva accuratamente evitato di citare Trump nel corso della campagna elettorale, pur accettando il suo endorsement e quello di altre figure di primo piano dell’amministrazione presidenziale, a cominciare dal vicepresidente Mike Pence. Ossoff, che si era imposto al primo turno con quasi il 48 per cento dei consensi, aveva invece inaugurato la propria campagna elettorale con una posizione marcatamente anti-Trump, promettendo di “far infuriare” il presidente. Entrambi i candidati, pero’, hanno scoperto nel corso delle ultime settimane che il presunto disgusto dell’elettorato conservatore moderato nei confronti del presidente era quantomeno esagerato nella sua trasposizione mediatica; e che la posizione manicheamente anti-Trump esibita all’inizio della campagna dal candidato democratico gli stava alienando proprio il voto dei moderati. Come scrive William McGurn sul “Wall Street Journal”, gran parte dei media statunitensi avevano gia’ pronti una serie di articoli da pubblicare all’indomani della vittoria di Ossoff, che predicevano la spaccatura del Partito repubblicano e l’ingloriosa fine della presidenza Trump. I Democratici, fiduciosi per l’importante risultato esibito lo scorso novembre da Hillary Clinton nel distretto chiamato alle urne – aveva perso contro Trump per appena l’1,9 per cento dei voti – erano convinti di poter emergere vittoriosi dalla contesa, e per assicurarsene avevano riversato sull’elezione un mare di fondi e donazioni dall’esterno dello Stato, che hanno fatto di quella di ieri l’elezione congressuale piu’ costosa nella storia degli Stati Uniti: quasi 60 milioni di dollari in tutto. Ossoff contava su fondi sette volte superiori a quella della candidata repubblicana. l Democratici, dunque, paiono non voler ancora venire a capo delle ragioni che da anni fanno inanellare al partito ingloriose sconfitte elettorali. In questo senso, la scelta di Ossoff come candidato appare emblematica: si tratta di un documentarista 30 enne strenuo sostenitore delle battaglie climatica, abortista e per la salute, che pero’ non ha nemmeno potuto votare per se’ stesso, dal momento che non vive nel distretto in cui si e’ candidato. Una figura dallo specchiato curriculum progressista, dunque, ma lontanissima dall’elettorato che avrebbe dovuto votarlo; e che alla fine, e’ emerso sconfitto in una gara che vedeva i repubblicani spaccati tra 11 diversi candidati al primo turno, e certamente indeboliti dall’inazione del Congresso federale nei primi cinque mesi dell’amministrazione Trump. Per i Repubblicani, le elezioni di ieri in Georgia rappresentano una importante boccata d’ossigeno, e per il presidente Trump una presa un po’ piu’ stretta sulla maggioranza repubblicana al Congresso federale, che non ha mai fatto mistero della propria antipatia nei confronti del titolare della Casa Bianca. Per i Democratici, invece, la sconfitta reitera la necessita’ di venire a capo di un messaggio politico che possa convincere e coinvolgere la maggioranza dell’elettorato statunitense; non sembrano vederla allo stesso modo la “Washington Post” e il “New York Times”, che sino all’ultimo erano parsi convinti della vittoria dei Democratici. Stando alle analisti post-voto di entrambi i quotidiani, il problema dei Democratici non e’ tanto l’essersi ripiegati sulle posizioni piu’ estreme della componente progressista del loro elettorato, quanto l’incapacita’ di veicolare alle urne l’opposizione militante ad una amministrazione presidenziale “piu’ inetta e caotica di quanto molti dei suoi stessi detrattori temessero”. Secondo la “Washington Post”, “Ossoff ha scelto la civilta’, ma non ha funzionato”. Il candidato democratico, sostiene insomma il quotidiano, ha peccato di eccessiva moderazione: “ha scelto la disobbedienza civile anziche’ la resistenza civile”. Secondo il quotidiano, insomma, la via maestra per conquistare il consenso della maggioranza dei cittadini statunitensi non sarebbe quella di tornare a concentrarsi sulle reali esigenze di questi ultimi, ma piuttosto “scagliare pugni per primi” all’indirizzo della presidenza, e chiedere semmai perdono “in un secondo momento”.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Regno Unito, in preparazione una procedura di registrazione per i cittadini comunitari

21 giu 10:47 – (Agenzia Nova) – Il governo del Regno Unito, riferisce il quotidiano britannico “The Times”, si prepara ad annunciare una procedura di registrazione per gli oltre tre milioni di cittadini comunitari che risiedono nel paese, primo passo per la regolarizzazione della loro posizione giuridica dopo l’uscita dall’Unione Europea. Chi vuole continuare a vivere e lavorare Oltremanica dovra’ manifestare il proprio interesse a ricevere la documentazione necessaria. L’obiettivo e’ quantificare le esatte dimensioni della richiesta ed evitare una valanga di domande a ridosso della Brexit. L’iter sara’ inserito nella piu’ ampia proposta che il segretario per l’Uscita dall’Ue, David Davis, presentera’ al capo negoziatore della Commissione europea, Michel Barnier. Lo status dei cittadini comunitari, sottolinea il “Financial Times”, sara’ un tema centrale nel negoziato e le parti sono distanti: Bruxelles vorrebbe che mantenessero i diritti e la facolta’ di farli valere davanti alla Corte europea di giustizia; per Londra sarebbe inaccettabile che godessero di tutele superiori a quelle dei britannici. Tra i comunitari residenti in altri Stati membri – tre milioni in Gran Bretagna e un milione di britannici altrove – non tutti sono nella stessa situazione e alcuni sono piu’ a rischio di altri. Il giornale della City individua tredici categorie particolarmente esposte: residenti da meno di cinque anni, familiari di cittadini comunitari, studenti che diventano lavoratori, immigrati con documentazioni incomplete, lavoratori frontalieri e distaccati, pensionati meno abbienti, coniugi extracomunitari, immigrati con precedenti penali, vittime di reati e persone in situazioni legali incerte, aspiranti lavoratori e disoccupati, richiedenti prestazioni sociali che vivono all’estero, minori e feti, cittadini di paesi membri dello Spazio economico europeo.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Francia, e’ l’ora della scissione per la destra de I Repubblicani

21 giu 10:47 – (Agenzia Nova) – Per la destra “classica” francese erede del gollismo e’ suonata l’ora della scissione: lo scrive il quotidiano conservatore “Le Figaro” commentando la notizia che oggi mercoledi’ 21 giugno i 112 deputati del partito I Repubblicani (Lr, ex Ump) eletti all’Assemblea Nazionale nelle elezioni parlamentari dell’11 e 18 giugno scorsi si divideranno costituendo due gruppi separati. La scissione e’ frutto dell’iniziativa di una pattuglia di Repubblicani che si autodefiniscono “costruttivi” nei confronti del nuovo governo del neo presidente Emmanuel Macron ed e’ guidata da Christian Jacob, eletto nel dipartimento dell’Ain. L’operazione e’ seguita con grande attenzione dallo stesso Macron e dal suo primo ministro Edouard Philippe. E’ vero che il partito macronista La Re’publique en Marche (Lrem, “La Repubblica in Marcia; ndr) dispone da solo della maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale; ma una stampella parlamentare e’ sempre la benvenuta su singoli provvedimenti, considerando anche la crisi degli alleati centristi del Movimento Democratico (MoDem) del ministro della Giustizia Francois Bayrou che dopo esser stati fondamentali per la vittoria di Macron alle elezioni presidenziali sono stati investiti da una sequela di scandali; e inoltre la stampella degli scissionisti di destra potrebbe rafforzare la posizione del premier Philippe, lui stesso ex sindaco Repubblicano della citta’ portuale di Le Havre. Ma soprattutto, una pattuglia di Repubblicani scissionisti potrebbe diventare essenziale per l’esecutivo al Senato dove Lrem attualmente non ha la maggioranza: la Camera alta del Parlamento francese infatti non viene scelta direttamente dall’elettorato ma nominata dai Consigli regionali, dipartimentali e municipali; e attualmente e’ in mano alle opposizioni del centro-destra e dei Socialisti, mentre il suo parziale rinnovo e’ previsto nel settembre prossimo. Quanti saranno gli scissionisti Repubblicani? Una trentina, secondo le reazioni raccolte dal “Figaro”; ma a loro dovrebbero unirsi i 18 deputati eletti nelle fila del partito centrista UDI, che nei vari appuntamenti della lunghissima stagione elettorale appena conclusa (presidenziali e parlamentari) erano invece strettamente apparentati a I Repubblicani: al “Figaro” lo hanno confermato i loro leader Thierry Sole’re e Jean-Louis Borloo.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Francia, il governo Macron davanti alla sua prima crisi

21 giu 10:47 – (Agenzia Nova) – Un leggero vento di panico si e’ impadronito del “pianeta Macron” dopo le dimissioni annunciate dal ministro delle Forze armate (Difesa), Sylvie Goulard, e del ministro degli Affari europei, Marielle de Sarnez: lo riporta il quotidiano progressista “Le Monde” notando come il rimpasto di governo previsto dalla Costituzione all’indomani delle elezioni parlamentari, e che dovrebbe essere annunciato oggi mercoledi’ 21 giugno, da “tecnico” sia diventato “politico” prima di diventare un vero e proprio rompicapo per il neo presidente Emmanuel Macron e dar luogo alla prima seria crisi del suo esecutivo. Le dimissioni di Sarnez, coinvolta nello scandalo degli impieghi fittizi degli assistenti dei parlamentari europei del suo partito centrista Movimento democratico (MoDem), sono state annunciate stamattina; allo stesso scandalo sono legate le dimissioni annunciate ieri martedi’ 20 dal ministro Goulard, che ha citato la necessita’ di “dimostrare liberamente la sua buona fede” di fronte all’inchiesta della magistratura; le loro dimissioni fanno seguito alla rimozione del ministro della Coesione territoriale, Richard Ferrand, rimasto a sua volta impigliato in uno scandalo immobiliare su cui la procura di Brest ha aperto un’inchiesta formale. E oggi potrebbero seguire le dimissioni del ministro della Giustizia Francois Bayrou, il leader del MoDem anch’egli citato dall’inchiesta aperta dall’Ufficio anti-corruzione di Nanterre per la vicenda degli assistenti dei deputati MoDem al Parlamento europeo: dichiarera’ le sue intenzioni in una conferenza stampa convocata per le ore 17. Queste vicende, secondo il “Monde”, stanno indebolendo il discorso del governo macronista, che ha fatto del rinnovamento delle pratiche politiche uno dei segni distintivi del quinquennato che si apre; stanno facendo esplodere la tensione nei rapporti tra il MoDem ed partito di Macron, La Re’publique en Marche (Lrem, “La Repubblica in Marcia; ndr); e in definitiva, commenta il “Monde”, rischiano di rendere assai problematica quella “ricomposizione” del quadro politico francese che e’ l’ambizione dichiarata del presidente Macron.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Germania, le autorita’ intensificano i controlli sulla rete contro i “predicatori d’odio”

21 giu 10:47 – (Agenzia Nova) – La Polizia giudiziaria federale tedesca (Bka) ha avviato un controllo intensivo delle comunicazioni web in diversi Stati con l’obiettivo di contrastare la “diffusione dell’odio” nella Rete. Dalle 6:00 alle 12:00 di martedi’ le autorita’ hanno effettuato controlli in 23 dipartimenti di polizia di 14 Stati, cui sono seguite perquisizioni presso abitazioni di diversi sospetti. L’operazione ha interessato soprattutto presunti “predicatori dell’odio” della destra radicale, appartenenti in diversi casi all’associazione dei “Cittadini del Reich”: nostalgici dell’impero di Guglielmo di orientamento generalmente libertario e contrari all’immigrazione, al centro dell’attenzione delle autorita’ dopo che lo scorso anno un uomo armato che si identificava con il gruppo ha ucciso un poliziotto. “La determinazione delle autorita’ e’ un segnale importante. Chi diffonde contenuti criminali sulla Rete sara’ costantemente perseguito e sotto il controllo della giustizia”, ha detto il ministro federale della Giustizia Heiko Maas (Spd) in un comunicato.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Germania, Merkel ammette ritardi nella risposta alle priorita’ delle imprese

21 giu 10:47 – (Agenzia Nova) – Tre i punti chiave del discorso del presidente della Confindustria tedesca (Bdi), Dieter Kempf, rivolto al Governo durante l’incontro che si e’ tenuto martedi’ alla Konzerthaus am Gendarmenmarkt di Berlino: la tassazione, l’energia e la digitalizzazione. La risposta del cancelliere tedesco Angela Merkel (Cdu) e’ stata immediata. Il governo tedesco, ha detto Merkel, cerchera’ di raggiungere assieme alla Francia l’armonizzazione delle basi imponibili in materia di tassazione alle imprese. Per quanto riguarda l’energia, il cancelliere ha riconosciuto che c’e’ ancora molto da fare per un “regime speciale di perequazione” per le attivita’ produttive ad alta intensita’ energetica, come quelle chimiche o siderurgiche. A tal proposito la Germania ha una disputa con la Commissione europea che verra’ di nuovo portata sul tavolo delle trattative. In merito alla decisione assunta dal presidente Usa Donald Trump di recedere dall’accordo sul clima di Parigi, Merkel ha ribadito che l’Europa deve andare avanti verso l’attuazione degli impegni. In merito al terzo punto sollevato da Kempf, il cancelliere ha invece ammesso che “ci sono ritardi nel processo di digitalizzazione”, che richiede “una maggiore collaborazione fra i governi statali e quello federale”. Obiettivo del Governo, ha detto Merkel, e’ di aumentare la spesa per la ricerca al 3,5 per cento del Pil, anche tramite la concessione di incentivi fiscali. Merkel ha commentato anche la bocciatura del trattato di libero scambio trans-Atlantico bocciato dall’amministrazione Usa: “Non dobbiamo rinunciare al progetto”, ha detto il cancelliere. In merito alle critiche espresse dal candidato alla cancelleria dell’Spd, Martin Schulz, al sistema pensionistico tedesco, Merkel ha sottolineato che le proiezioni lo giudicano sostenibile almeno fin al 2030. Le critiche dell’Spd erano rivolte anche ai tagli previsti in materia fiscale e alla poca rilevanza data dall’Unione alla materia inerente la sicurezza sociale, anche tassando i grandi patrimoni. Cosa, quest’ultima, che non rientra nei piani elettorali del cancelliere tedesco.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Exit mobile version