Consigli della psicoterapeuta

Covid-19, nella fase 2 come evitare l’Hikikomori (il ritiro sociale in stanza di grandi e piccoli)

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Alterniamo allora momenti di gioco online, anche condividendolo insieme, con momenti di incontro comunicativo nei nuclei affettivi e oggi nella FASE 2 iniziamo a correggere errori di poca consapevolezza digitale. I consigli di Barbara Volpi, Psicologa, psicoterapeuta, PhD in Psicologia Dinamica e Clinica Sapienza-Roma.

Insieme alla tutela della salute fisicala tutela della salute mentale, soprattutto quella dei giovani, è uno dei doveri primari di una società che tiene al benessere futuro delle nuove generazioni.  E questo vale sempre, oggi come ieri e come domani. Dovere oggi che viene amplificato dall’affrontare l’urgenza del momento e che fa appello a quanto di solido costruito dalla comunità scientifica nella salvaguardia della tutela dello sviluppo armonico del bambino, dall’infanzia fino all’età adulta. 

La sospensione temporanea delle attività a seguito della pandemia del Covid-19 ha investito tutte le fasce d’età ma il blocco, anche se momentaneo, della spinta propulsiva di menti in formazione, quale sono quelle degli adolescenti o dei giovani adulti che si stanno impegnando per immettere le loro orme nel mondo dei grandi, è non solo innaturale ma anche molto pericoloso. Se apparentemente i nostri ragazzi se la stanno cavando bene, grazie anche alla protesi strutturale dei loro smartphone, che non gli ha fatto avvertire l’assenza di una socialità inglobata sui polpastrelli delle loro dita che scrollano sullo schermo alla ricerca di quel contatto con l’altro secolare nella formazione identitaria giovanile, dall’altra l’uso errato della tecnologia oggi più che mai è un fattore di rischio determinante per l’emergere di patologie specifiche web-mediate riunite sotto il cappello inclusivo della dipendenza dalla rete. 

Non è l’uso dello strumento a creare dipendenza quanto piuttosto un uso improprio del dispositivo tecnologico 

Quanto asserito dagli studi internazionali sulle dipendenze tecnologiche ha messo in chiara luce che non è l’uso dello strumento a creare dipendenza quanto piuttosto un uso improprio dello stesso che incuneandosi in falle affettive o buchi neri di un’infanzia non modellata sulla sintonizzazione affettiva e sull’attenzione ai bisogni del bambino [Volpi, 2017], può degenerare in una dissociazione mentale in cui ci si assenta dal mondo per evitare di pensare, di riflettere e paradossalmente di crescere.  La punta dell’iceberg del disagio giovanile in questo nuovo settore della psicopatologia evolutiva è ben rappresentato dal fenomeno degli Hikikomori o dal ritiro sociale. Ragazzi che gradualmente si sono chiusi nel guscio protettivo delle loro stanze incapsulando la loro difficoltà di vivere nello schermo protettivo che non è altro che un rifugio della mente in cui ci si dissocia per non pensare, per non aver più paura e nello stesso tempo per non vivere o nelle situazioni estreme per decidere di non voler vivere più. Oggi, che si richiede esplicitamente, per salvaguardare la salute fisica della società, ai nostri ragazzi di ritirarsi nelle loro stanze, il confine tra patologia e tendenza giovanile non assume toni definiti ma è molto sfumato e in questa sfumatura possiamo, in termini preventivi, tracciare delle indicazioni per evitare di rimanere intrappolati nella rete quando sarà il tempo di spegnere il dispositivo e tornare a solcare un terreno vivo, che anche se sdrucciolevole e non perfetto assicura una sana formazione giovanile in situ. 

Giovani chiusi nelle loro stanze che invertono la notte con il giorno, giocano alla play o seguono la live interminabile che fornisce la giusta dose di adrenalina del loro you-tuber preferito, mangiano, si appisolano, fumano, litigano sui social, guardano video dei loro amici nella bacheca di Instagram. Alcuni, soprattutto le ragazze, scoprono di essere creative, montano balletti, tutorial di make- up accurati che si adattano perfettamente al loro camaleontico bisogno di trasformazione. Altri, soprattutto i ragazzi, che si sfidano in challenge estreme per assecondare il loro bisogno atavico di competizione. La mattina debbono necessariamente ri-trovarsi di fronte allo stesso schermo a seguire le lezioni online, molto spesso oscurando la telecamera o l’audio, o arroccando problemi di connessione per evitare l’interrogazione a sorpresa. I più grandi e volenterosi inseriscono puntualmente la sveglia per seguire la lezione universitaria, con buone o scarse dosi di successo a seconda del momento in cui hanno spento (a volte nemmeno) il device. 

Se all’inizio della quarantena molti genitori si sono mostrati tolleranti sull’uso eccesivo del potere distraente della tecnologia, funzionale nel primo momento dello smarrimento emotivo del lock-down, elargendo tolleranza nelle maratone di serie tv ingurgitate su Netflix, o in partite full day alla play-station, delegando alla tecnologia il ruolo di distrattore-rassicuratore rispetto alla drammaticità del momento, oggi nel momento della ripartenza, del ritorno graduale nella vita fuori dallo schermo, si trovano in difficoltà nel pronunciare il classico monito pre Covid-19: “basta con il cellulare. Hai giocato tutto il giorno, ora studia” e nel contempo osservano i primi nervosismi di giovani scalpitanti, che hanno usufruito del loro benestare per vivere un lungo periodo con la tecnologia in mano senza limiti di tempo. 

Se per molti ragazzi il loro orologio interno del benessere gli ha permesso di regolarsi nella gestione delle partite, gli allenamenti in casa, le attività condivise all’interno del nucleo familiare spaziando dal gioco, al riordino della camera, al gioco condiviso in famiglia, per altri la difficoltà di un ritorno alla normalità, ha perso di gradiente espressivo preferendo essere rimpiazzata dalla facile evasione, dall’adrenalina di una gara online, dal tutto e subito dello schermo che come il genio di Aladino soddisfa la maggior parte dei nostri desideri.

Meglio rimanere nella protezione-evasione dello schermo, che non ci delude mai

Troppo difficile allora tornare alla normalità, soprattutto se mi sento depresso, se Ilaria in lock-down ha preferito lasciarmi, se non ho voglia, né interesse a sostenere l’impegno dello studio in questo momento-alibi difficile, se non riesco a svegliarmi al mattino perché sono stato sveglio tutta la notte. Meglio rimanere nella protezione-evasione dello schermo, che non ci delude mai, soprattutto se timidamente si è cercato di aprire la porta della stanza ma avendo trovato nervosismi, liti, o non avendo trovato nessuno che aveva voglia di ascoltare, di osservare, di comunicare, si è preferito tornare nel guscio protettivo del distrattore-rassicuratore magico che cancella (delete) malumori vari e alla lunga annulla la spinta vitale. 

La fotografia del fenomeno degli hikikomori oggi ai tempi del Covid-19 è più che mai attuale in quanto ci fornisce a ritroso delle indicazioni chiave che in un’ottica preventiva possono aiutarci a limitare il rischio di un contagio epidemico di dipendenze dalla rete che mettono in luce che amplificano disagi preesistenti e che possono essere osservati ed ascoltati dai genitori prima della loro strutturazione patologica. 

Prima del danno i ragazzi comunicano alcuni segnali di allarme e oggi più che mai l’attenzione dell’adulto deve essere focalizzata su di essi. Ossessione, esclusione difensiva, incapacità di tornare indietro soprattutto se non c’è l’ancoraggio di una base sicura che supporta, sostiene, e comprende i bisogni e le necessità affettive di una mente in formazione quale quella degli adolescenti, sono solo alcuni dei segnali di un deragliamento della tecnologia su strade non funzionali per il benessere psicologico. Molti ragazzi che si sono ritirati socialmente rimanendo inglobati nella gabbia di vetro per citare Carr [2017], oggi ci testimoniano come non sappiano definire il momento in cui sono rimasti intrappolati: “non so come ho fatto ma so solo che non riesco più ad uscire dalla mia camera, e senza il mio mondo virtuale non so stare: Preferisco stare dentro lo schermo che lì fuori”. 

Gli effetti del potere ipnotico dello schermo

Gli effetti del potere ipnotico dello schermo che cattura e difficilmente lascia andare e permette nel medesimo istante di distaccarsi dalla realtà, deve oggi essere oggi tenuto nella massima considerazione dai genitori in modo da individuare il germe di un disagio che sta emergendo o che viene messo in luce dall’uso inadeguato dello strumento che diventa il rilevatore della sofferenza e non la causa della stessa. 

Si osserva, si ascolta, si comunica in famiglia e in questo fare attentivo si monitora la salute mentale dei giovani che stanno affrontando con i loro mezzi, con il loro bagaglio affettivo, il compito di sviluppo della crescita sottoposto ad una pressione emotiva doppiamente caricata. Crescere e resistere alla tensione di un esterno che viene minato da punti di riferimento e colonne portanti prima considerate solide e strutturalmente stabili. Più l’esterno crolla, più le colonne familiari debbono essere presenti e reggere il colpo del trauma. Si osserva, si ascolta, si contiene e si supporta la crescita adolescenziale sapendo che dobbiamo, oggi più che mai, assicurare momenti di presenza in non di distanza fisica, ma soprattutto affettiva, in casa.  

Alterniamo allora momenti di gioco online, anche condividendolo insieme, con momenti di incontro comunicativo nei nuclei affettivi e oggi nella FASE 2 iniziamo a correggere errori di poca consapevolezza digitale attivandoci in un fare condiviso in famiglia che fa scattare il germe del divertimento congiunto [distrazione sintonica] e della comunicazione condivisa a pranzo e cena dove poter tirar fuori assieme le preoccupazioni, le paure, i timori, e poter reagire in modo funzionale all’incertezza di un futuro dal sapore indefinito [rassicurazione]. Incertezza adolescenziale che si unisce all’incertezza del domani alla ricerca di di una stabilità, anche emotiva, che ancora non ha contorni definiti. 

Toccato con mano questo i polpastrelli delle dita sapranno finalmente riconoscere e distinguere il bisogno affettivo delle persone e le risorse creative di menti che per “reggere il colpo” possono pure evadere costruttivamente ma sanno tornare alla realtà quando il sipario dello schermo viene abbassato. 
Dita grandi o piccine che siano. 

Bibliografia

Carr N., [2014], The Glass Cage. Automation and Us; tr.it., La gabbia di vetro: prigionieri dell’automazione, Raffaello Cortina Editore, Milano [2015]. 

Volpi B. [2017], Genitori digitali, Il Mulino.