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Cos’è Clubhouse, il social audio che (promette) di dare spazio più alla sostanza che alle apparenze

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Secondo alcuni è perché un po’ tutti sentiamo la mancanza di quei momenti (dalla pausa caffè in ufficio all’aperitivo) nei quali eravamo soliti scambiare qualche idea con altre persone; secondo altri è merito di quella sensazione di “esclusività” generata dall’accesso riservato su invito … A me piace pensare che il successo di questo nuovo social sia dovuto alla rivincita della sostanza sulle apparenze.

Sto parlando di Clubhouse, la nuova piattaforma di contenuti audio inaugurata in piena pandemia, nell’aprile del 2020, nella Silicon Valley e destinata -così sembra- a un radioso futuro: gli analisti già riferiscono che l’app (che pure finora ha raccolto appena 2 milioni di utenti registrati in tutto il mondo) starebbe raggiungendo valutazioni stellari considerato che parliamo di una versione ancora “in beta”, cioè in fase di test (per ora può essere scaricata solo da chi ha un iphone). Alcuni dicono che parte di questo successo sia dovuto al fatto che tra gli early adopters si annoverano molti personaggi famosi, dal jetset alla politica americana, ma forse è l’ennesima dimostrazione dell’ampiezza di quel fenomeno che va sotto il nome di “rinascimento dell’audio” (per parafrasare il titolo del fortunato libro di Damiano Crognali).

Noi stessi di Consumatori.it abbiamo indicato il 2021 come l’anno della “voce” pensando all’incredibile sviluppo dei contenuti audio, favorito dalla diffusione di cuffiette sempre più “invisibili” e dalla presenza di smart speaker in ogno angolo delle nostre esistenze di consumatori, dallo smartwach all’auto, dalla casa all’ufficio (passando naturalmente per lo smartphone). Con la voce si possono già fare acquisti, si parla infatta di voice commerce (v-commerce) ed il marketing sta tornando a interessarsi con forza dell’audio (si pensi al branded podcasting).

Ma torniamo a Clubhouse che comincio a raccontarvi alla luce dei miei primi giorni di esperienza all’interno della piattaforma (pensate che accanto alla mia foto profilo c’è ancora lo sticker di benvenuto che contrassegna le “matricole” nei primi sette giorni dall’arrivo sull’app): proviamo a pensare questo nuovo social media come fosse una sorta di “podcast interattivo” in tempo reale, le conversazioni sono organizzate in chat tematiche che prendono il nome di room (“stanze”) dove gli utenti possono accedere restando in ascolto tra il pubblico, con la possibilità di chiedere di essere invitati a prendere la parola dal (o dai) moderatori.

Su Clubhouse -almeno per ora- la qualità della discussione risulta sempre molto fluida, non solo per il numero ancora contenuto dei partecipanti ad ogni singola stanza, ma forse anche per merito dell’app che è molto usabile. Mi viene da pensare, inoltre, che gli sviluppatori abbiano dedicato particolare cura alla resa audio: è sempre molto comprensibile anche quando le voci si sovrappongono come se si fosse “in presenza”. Ah dimenticavo: quando un utente prende la parola la sua immagine profilo viene evidenziata da un cerchio grigio che permette di riconoscere subito chi sta parlando, funzione molto utile per interagire con lui chiamandolo per nome.

Già da questo risulta evidente il valore che Clubhouse riconosce al networking con funzionalità utili proprio a facilitare l’opportunità di fare rete! Penso anche ad altre caratteristiche di questa piattaforma, come la possibilità di aggiungere al proprio profilo una biografia molto lunga che, ritengo, possa servire a evitare il noioso rito delle presentazioni: l’app consente, infatti, senza perdere la connessione audio con la stanza, di approfondire le informazioni fornite da ogni singolo partecipante. Così si riesce a curiosare all’interno delle “identità” presenti in sala, un po’ come accadrebbe durante un cocktail quando ci viene introdotta una nuova conoscenza.

Pensate che i più audaci su Clubhouse suggeriscono di valorizzare al meglio la “bio” dando a questa nostra presentazione una “geometria variabile”, cioè adattandola di volta in volta alle diverse room alle quali si partecipa, assecondando così il topic di cui si va a discutere. Ecco perché i guru della piattaforma arrivano a consigliare di fare screenshot delle bio che incontriamo, per poi rileggerle con calma in un secondo momento.

Ultima cosa interessante sulla nota biografica è che questa tiene traccia della persona che ci ha invitato sull’app: su Clubhouse insomma il nome del nostro padrino (o madrina) resterà per sempre ad accompagnare il nostro profilo, dando autorevolezza alla nostra presenza, ed anche -sembrerebbe- assumendosi la responsabilità di nostri comportamenti scorretti (secondo quanto riferito da alcuni, qualora venga bannato un profilo per violazione delle policy di piattaforma, potrebbe farne le spese anche il profilo che ci ha “sponsorizzato”).

In ogni caso questo è l’ennesimo motivo per invitare persone di “valore”, qualunque sia il campo d’elezione dell’utente che andiamo a coinvolgere, la piattaforma crecerà se ci saranno persone che hanno qualcosa da dire e voglia di confrontarsi “democraticamente” con gli altri (senza dover per forza usare lo strumento per business personale). Ecco perché Clubhouse si presenta -almeno agli occhi del novizio- come un social media che potrebbe dare più spazio alla sostanza che alle apparenze!

Forse in questa prospettiva è stato ideato il “numero chiuso” e cioè la restrizione all’accesso in favore di chi riceve un invito da un altro utente: in realtà si tratta di una limitazione semplicemente temporanea (considerato che ogni nuovo utente al suo arrivo riceve in automatico la possibilità di invitare altre due persone). E non è tutto: se due inviti a testa vi sembrano pochi, niente paura, sarà sufficiente dimostrarsi attivi (a me è bastato organizzare un paio di room, naturalmente sui temi di consumo) per riceverne degli altri.

All’inizio, fa parte del gioco (è il marketing della gamification) il simpatico dilemma: come segliere a chi destinare i miei inviti? Tranquilli, a  scegliere i fortunati aiuta ancora una volta l’app che ci presenta i contatti che abbiamo in rubrica (attenzione che alcuni potrebbero non avere un iphone) ma non nell’ordine alfabetico al quale siamo abituati, bensì ordinati in base al numero di contatti che ciascuno ha già all’interno di Clubhouse (se non è networking, questo…). Inoltre il sistema evidenzia una lista d’attesa: diciamo che sono persone in cerca di un invito… Evidentemente hanno scaricato l’app, ma non sono ancora stati invitati.

Tornando ai dialoghi, per evitare troppo rumore di fondo (l’app attiva il microfono con un alto grado di sensibilità) il consiglio è di tenere il “mute” se non si deve parlare. In questo modo si eviteranno anche i classici mugugni di approvazione che però (questo è un trucchetto divertente) possono essere sostituiti accendendo e spegnendo rapidamente il microfono (che quindi lampeggerà visibile a tutti i partecipanti). E’ un semplice trick da usare se vogliamo supportare i concetti espressi da un altro partecipante, premiandolo con una sorta di applauso virtuale.

Altra novità non trascurabile di Clubhouse è quello che chiamerei il “bello della diretta”: una volta che la stanza viene chiusa, le conversazioni spariscono per sempre (del resto, è noto: verba volant!). Ma non è secondario: Clubhouse sembra chiudere la porta ad uno dei trend del momento, la possibilità di fruire dei contenuti “on demand”. Insomma niente playlist, archivi o registrazioni consultabili in un secondo momento: o sei nella stanza durante la discussione o ti perdi il bello della diretta.

In conclusione la domanda che ora tutti si fanno è questa: come “monetizzerà” l’app? Non è difficile immaginare che chi ha progettato l’app abbia già più di una idea al riguardo (dalla versione “pro” a pagamento agli eventi sponsorizzati, le possibilità sono infinite). Come rappresentante dei consumatori in questa fase mi chiedo se la piattaforma resterà b2b o si aprirà a relazioni b2c e in questo caso come la comunicazione commerciale e il marketing potranno atterrare sulla community: in questo caso, trasparenza dell’adv e rispetto delle regole privacy degli utenti saranno asset fondamentali che con consumatori.it cercheremo di presidiare, favorendo d’altro canto la consapevolezza e l’empowerment del pubblico che utilizzerà questo strumento.

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