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Cosa pensano davvero gli italiani della Brexit?

Il 23 giugno 2016 il 51,89% dei cittadini della Gran Bretagna (GB) decisero la non permanenza (leave) del loro paese nella Unione Europea. Il 31 gennaio 2020 la GB ha lasciato l’Unione Europea (UE) dopo 47 anni.

Con il 43,6% e 365 seggi conquistati su 650 disponibili, il premier britannico Boris Johnson è uscito quale trionfante vincitore dalle elezioni generali dello scorso 12 dicembre 2019 e si è imposto anche sul versante della comunicazione con il riuscito slogan “get Brexit done” ovvero “portiamo a termine la Brexit ripetuto in ogni opuscolo, pubblicità, banner o manifesto del partito conservatore.

Brexit: cosa si rischia?

L’UE passa da 28 a 27 paesi membri, ed inoltre perde la seconda economia del continente con circa 3.000 miliardi di dollari di PIL, circa 66 milioni di abitanti, 242.500 kmq pari al 5,5% del territorio dell’Unione, 73 parlamentari britannici al Parlamento Europeo.

Nonostante ciò, l’Unione Europea a 27 è, in termini aggregati, il secondo colosso dell’economia mondiale con circa 14.000 miliardi di dollari di PIL e 447 milioni di abitanti distribuiti su una superficie di 4.233.262 kmq. Inoltre, non bisogna dimenticare che in 19 paesi della Unione Europea si è adottata come moneta unica l’euro.

In realtà, la vera Brexit è cominciata ora. Infatti, il 1° febbraio è iniziato un periodo di transizione che durerà 11 mesi fino alla fine del 2020 durante i quali GB e UE dovranno negoziare il trattato che definirà i loro rapporto a regime, quindi a partire dal 2021, dopo che la GB sarà un paese terzo, fuori dalla UE. In tale periodo la GB continuerà ad applicare le normative europee e a pagare le proprie quote di contribuzione al bilancio comunitario.

Brexit: cosa farà l’Europa?

La nuova Commissione Europea entrata in carica il 1° dicembre 2019, guidata dalla presidente Ursula von der Leyen, coadiuvata dal Capo Negoziatore per la UE Michel Barnier, si farà carico di portare a termine una negoziazione difficile e che probabilmente durerà più degli 11 mesi concessi.

Nel lungo e tortuoso cammino che dal referendum ha portato il Regno Unito a ufficializzare l’uscita dalla Unione Europea (UE), sono successe molte cose che dovranno essere analizzate attentamente dagli storici e dai politologi.

Oggi noi possiamo solo seguire la cronaca degli eventi.

Cosa ne pensano gli utenti sui social

Possiamo anche formarci un’idea di come sia percepita dagli utenti delle piattaforme social, che risiedono in Italia e che si esprimono in italiano, la Brexit e il suo assoluto protagonista, il premier britannico Boris Johnson.

L’analisi dei dati si basa sulle conversazioni e i post on line dove si parla in lingua italiana di Brexit, di economia e di Boris Johnson nel periodo di 30 giorni dal 12 gennaio al 12 febbraio.

In successione nel grafico abbiamo i dati del numero di menzioni, dell’engagement sviluppato e della portata potenziale connessa allo stesso engagement. Riportiamo di seguito le definizioni:

Menzioni: indica quanto una specifica parola, frase o espressione risulta citata su diverse fonti online.

Engagement: indica la somma delle azioni sui social network e aiuta a capire quanto e come gli utenti interagiscono (retweets / like / commenti su Twitter, like / condivisioni / commenti su Facebook, like / commenti su Instagram, commenti su news e blog).

Portata Potenziale: di un post rappresenta il numero totale di visualizzazioni raggiungibili potenzialmente da quel post.

Le 23.600 menzioni in 30 giorni che generano quasi 700mila risultati di engagement e addirittura 87 miliardi di potenziale diffusione testimoniano che gli italiani sono interessati alla Brexit e ne hanno discusso on line in modo diffuso.

Il picco dei risultati, come forse si poteva intuire, è avvenuto a ridosso della data convenuta per l’addio alla UE, ovvero il 31 gennaio quando si sono potute vedere le potenti e concrete immagini del countdown proiettato al n. 10 di Downing Street e l’ammainabandiera della Union Jack al Parlamento Europeo, e il giorno successivo, il 1° febbraio, quando tutti hanno realizzato l’avverarsi di un processo iniziato quasi quattro anni prima.

Twitter

Un ulteriore dato rilevabile è che Twitter è il mezzo principale dove sono avvenute le discussioni con quasi il 69% dei risultati.

Gli altri mezzi di informazione che hanno alimentato la discussione sono i siti di notizie on line e i quotidiani.

L’analisi del sentiment totale ha evidenziato che gli utenti si esprimono in senso positivo (14,4%) per la Brexit anche se non mancano coloro che manifestano un sentiment negativo (11,2%). Come di seguito evidenziato, il sentiment in funzione del tempo sottolinea che le menzioni, in corrispondenza del 31 gennaio, rilevano un doppio picco, positivo e negativo, con una leggera prevalenza di quello positivo. Il resto del periodo ha una valorizzazione prevalentemente neutra.

Engagement Vs Portata Potenziale

Confrontiamo ora l’engagement e la portata potenziale in funzione del sentiment si capisce che, quasi a parità di risultati di menzioni, si hanno valori di engagement e portata potenziale abbastanza differenti: i positivi con alto engagement e bassa portata potenziale e viceversa i negativi con basso engagement e alta portata potenziale.

La differenza di engagement 75.200 negativo e 131.400 positivo porta a supporre che la maggior parte degli utenti considera la Brexit un fattore positivo e che generalmente, essendo costituita prevalentemente da conversazioni social, con bassa portata potenziale.

Diversamente accade per quanto riguarda i risultati negativi: caratterizzati da un’alta portata potenziale. Infatti, la dimensione della portata potenziale si manifesta con un rapporto, tra le conversazioni con accezione negativa e positiva, di quasi 5 a 1.

Si può spiegare analizzando il quadro degli influencer

Tra questi si può notare che gli autori di post e messaggi più attivi si annoverano due importanti agenzie di stampa. Dal momento che le agenzie stampa sono molto seguite, ne consegue che con un numero di post inferiore si raggiunge un pubblico molto vasto.

Le agenzie di stampa si sono espresse in tono negativo rispetto al tema Brexit e ciò si riverbera nei risultati trovati.

ThemeCloud

La nuvola dei temi trattati mostra che la parola Brexit (sia come keyword che come hashtag) è preponderante nelle discussioni e misura anche il successo del neologismo originato dalla crasi delle due parole inglesi Britain e exit.

Inoltre, si nota il ripetersi con alta frequenza di temi quali: Unione Europea, Parlamento Europeo, presidente (del Parlamento Europeo), UE, Londra, Regno Unito, inglese, britannico, paesi, mercato, commerciale, accordo, decisione, storico, bandiera, relazioni, conseguenze, periodo. Andando a vedere la correlazione tra le keyword, indicanti i suddetti temi, si deduce che le conversazioni siano state sulle posizioni assunte tra Regno Unito e Unione Europea, in tema di brexit, riguardo l’accordo sui futuri rapporti commerciali e di mercato con le relative conseguenze durante e dopo il periodo di transizione.

La suddivisione delle classi di età e di genere porta ad osservare che la maggior parte degli utenti è di genere maschile per quasi 2/3, mente la classe di età più attiva su questi temi è quella tra i 25 e 34 anni.

Conclusioni

L’argomento Brexit in Italia è stato dibattuto dagli utenti della rete in corrispondenza dell’emozione generata dall’abbandono della Gran Bretagna a cavallo dei giorni fissati come scadenza entro la quale realizzare effettivamente un evento più volte rimandato.

Aver visto le immagini del countdown o l’ammainabandiera all’Europarlamento ha portato a riflettere sulla concreta possibilità che un paese membro della Unione Europea possa uscire da questa istituzione. Ma ha reso concrete anche le tante difficoltà che un tale processo innesca.

Si può notare come superata la scadenza del 31 gennaio-1° febbraio la discussione on line sia scemata.

Si può dunque pensare che da una parte l’emozione dell’uscita della Gran Bretagna abbia destato gli animi, ma non abbia dato origine, quantomeno per il momento, a pareri decisi e duraturi. È probabile che gli effetti veri e propri di Brexit debbano quindi ancora manifestarsi e l’atteggiamento di chi ne scrive in rete è perlopiù orientato al “wait and see”.

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