Key4biz

Cosa insegna il down del cloud di Amazon e la lettera di Marina Berlusconi contro lo strapotere delle Big Tech

MARINA BERLUSCONI IMPRENDITRICE

La lettera della Presidente di Mondadori evidenzia tre cose importanti

Quando l’attualità irrompe nel viaggio e Il Franti non resiste alla tentazione di commentare

È passato solo un giorno. Il furgone ora è parcheggiato in una nuova piazzola. Alcuni autostoppisti sono già lì con i taccuini, altri stanno arrivando.

Il Franti alza la testa dal portellone e tira fuori il tablet. “Ehi! Prima di guardare insieme gli esercizi che ci siamo dati, guardate qua: sul Corriere è uscita una lettera di Marina Berlusconi. ‘Il valore dei libri e lo strapotere delle Big Tech’.”

Qualcuno sorride: Marina Berlusconi che parla di Big Tech?

Cosa dice la lettera di Marina Berlusconi

Il Franti si siede sul paraurti e inizia a leggere dal tablet: “Sentite cosa scrive Marina Berlusconi. Parte citando un sociologo francese, Jacques Ellul, che già negli anni ’50 prevedeva ‘una tecnologia capace di progredire senza intervento umano’. E poi dice: ‘Ellul anticipava il presente. Oggi le prime cinque BigTech assieme, Nvidia, Microsoft, Apple, Alphabet, Amazon, sono arrivate a superare il Pil dell’area euro‘. Ma aggiunge subito: ‘ridurre tutto ai valori economici non basta, il potere dei giganti della tecnologia va ben oltre.’”

Si ferma, guarda il gruppo: “E qui viene il punto”.

Lei scrive: ‘È un potere che rifiuta le regole, cioè la base di qualsiasi società davvero funzionante. Noi editori tradizionali paghiamo le tasse, rispettiamo le leggi, tuteliamo il diritto d’autore e i posti di lavoro‘. Mentre le Big Tech? ‘Quasi due terzi del mercato pubblicitario globale vengono inghiottiti dai colossi della Silicon Valley’ che fanno esattamente il contrario.”

Continua scorrendo il tablet: “E sul tema politico è durissima. Scrive: ‘questi colossi non sono più solo aziende private, sono attori politici‘. E fa l’esempio del 2016, quando Facebook rese disponibili a Trump ‘i movimenti delle carte di credito, gli acquisti, i siti web visitati, l’auto guidata, la residenza’ di 220 milioni di americani.”

Fa una pausa e riprende: “Poi cita di nuovo Ellul: ‘non possiamo più mettere l’essere umano da una parte e gli strumenti dall’altra’, la rivoluzione digitale è ormai in ogni nostro gesto.

Ma, e qui viene il bello, dice: ‘e se proprio nell’era del Muoviti veloce e rompi tutto – il motto di Zuckerberg, ci trovassimo a riscoprire la forza lenta, ma costruttiva dei cari vecchi libri?‘ E aggiunge che i libri oggi assumono ‘una funzione nuova: quella di anticorpi contro l’assottigliamento del pensiero imposto dallo smartphone, veri e propri strumenti di resistenza contro l’omologazione digitale.‘”

Si ferma, guarda il gruppo: “Vi suona familiare tutto questo?”

Un ragazzo annuisce: “È esattamente quello di cui parlavamo sulla concentrazione dei poteri e sui monopoli digitali!”

“Precisamente!”, esclama Il Franti battendo la mano sul metallo del furgone. “Ma c’è di più. Sentite chi cita Marina: Jacques Ellul! Il sociologo francese che negli anni ’50 aveva già capito tutto sulla tecnica come sistema autonomo che rimodella la società“.

Si anima visibilmente: “Ragazzi, vi ricordate quando parlavamo della meccanizzazione progressiva dell’umano? Ellul con ‘La Technique’ del 1954 e ‘Le système technicien’ del 1977 aveva teorizzato esattamente questo: la tecnica non è neutrale, è un sistema che si auto-perpetua.

Proprio come Giedion in ‘L’era della meccanizzazione’ che vi avevo citato!”

Fa una pausa, lo sguardo si fa più intenso: “E quando Marina cita Ellul dicendo che ‘non possiamo più mettere l’essere umano da una parte e gli strumenti dall’altra‘, sta parlando di quello che noi chiamiamo il lock-in antropologico. L’illusione della libertà tecnologica! Ellul lo chiamava ‘necessità tecnica’, quella cosa che maschera le scelte politiche ed economiche dietro un imperativo tecnologico che ci viene venduto come inevitabile.”

Una ragazza con lo zaino interviene: “Come la subscription economy di cui parlavamo?”

“Esatto!” risponde Il Franti. “Ellul aveva previsto anche questa deriva nella sua critica al ‘bluff tecnologico’. 

Il nuovo feudalesimo digitale non è un caso, è il risultato di un sistema tecnico che progredisce secondo la sua logica interna, non secondo i bisogni umani.

Si siede di nuovo sul paraurti: “Ecco perché questa lettera di Marina Berlusconi è così importante. Cita Ellul, parla di resistenza attraverso i libri, denuncia il potere delle Big Tech…

Sta usando gli strumenti dell’analisi critica che noi autostoppisti portiamo avanti da tempo. La domanda è: lo fa per costruire alternative reali, o solo per ritagliarsi spazio nel sistema?”.

Il paradosso che fa pensare

Il Franti si alza e inizia a camminare avanti e indietro, come quando sta elaborando un pensiero importante.

“Ma ecco il punto interessante, e per questo volevo parlarvene subito: una delle più grandi imprenditrici italiane, che rappresenta un impero editoriale e mediatico tradizionale, si lamenta del potere concentrato delle Big Tech.”

Una voce dal gruppo: “Ma, quindi, è una cosa negativa?”

Tre scenari possibili

Il Franti si appoggia al furgone e conta sulle dita: “Guardate, ci sono tre scenari possibili, ed è importante che noi autostoppisti li distinguiamo:

  1. L’alleanza improbabile: I grandi editori tradizionali, spaventati dal monopolio Big Tech, potrebbero finalmente capire il valore del software libero, degli standard aperti, della portabilità dei dati. Potrebbero allearsi con noi per costruire alternative reali. Immaginate: case editrici che pubblicano in formati aperti tipo EPUB senza DRM, che sostengono piattaforme indipendenti…
  2. Il gioco delle sedie: Oppure, più probabilmente, vogliono solo la loro fetta di torta digitale. Non gli interessa la libertà dei lettori, vogliono solo giocare anche loro al rentier capitalism digitale. Vogliono diventare Big Tech italiane.
  3. La terza via dell’autostoppista: Noi creiamo nuovi luoghi limpidi invece di cercare di mettere acqua limpida in luoghi torbidi che torneranno sempre ad essere torbidi. Non aspettiamo che i grandi player si convertano, non cerchiamo di riformare dall’interno sistemi progettati per estrarre valore. Costruiamo alternative dal basso: biblioteche digitali indipendenti, formati aperti, comunità che condividono conoscenza, reti di persone, ecosistemi di agricoltura biodinamica e commercio solidale, libere università e scuole di mestieri. È quello di cui parliamo da giorni qui alla piazzola.

Fa una pausa: “E quest’ultimo ragazzi è lo scenario che dobbiamo perseguire, qualunque cosa facciano Marina Berlusconi e le Big Tech.”

La lezione dall’intermezzo

Il Franti torna a sedersi sul paraurti, il tono diventa più riflessivo.

“Ecco perché volevo parlarvene oggi. Questa lettera evidenzia tre cose importanti:

PRIMO: Quando anche i potenti si lamentano del sistema, significa che il problema è diventato insostenibile. Se Marina Berlusconi scrive sul Corriere contro le Big Tech, vuol dire che la concentrazione di potere digitale fa male anche a chi ha sempre giocato il gioco del capitalismo.

SECONDO: Attenzione alle false alleanze. Non tutti quelli che criticano le Big Tech vogliono davvero un’alternativa libera e aperta. Molti vogliono solo sostituire un monopolio con un altro.

TERZO: Il dibattito sta uscendo dalle nostre piazzole ed entrando nel mainstream. Attenzione però ad evitare il fenomeno del torbido in cui si porta acqua limpida, in breve tutto torna torbido. Ne abbiamo parlato anche a proposito della musica del consenso del dissenso.

Quindi diamo attenzione e priorità alla terza via che abbiamo descritto sopra.

La risposta dell’autostoppista

Un ragazzo alza la mano: “Ma cosa dovremmo dirle, se davvero passasse di qui?”

Il Franti sorride e tira fuori dal furgone un vecchio libro con la copertina consumata:

“Le diremmo questo: ‘Cara Marina, hai ragione a preoccuparti. Ma il problema non è solo Amazon. È l’architettura stessa del capitalismo digitale, e non solo, che abbiamo costruito.’

Mostra il libro al gruppo: “Guardate questo. ‘L’era della meccanizzazione’ di Giedion, del 1967, di cui vi avevo parlato. L’ho comprato usato, costa poco, è mio per sempre. Nessuno può cancellarlo, revocarne la licenza, aggiornarlo senza il mio permesso.”

Si ferma, lo sguardo diventa più intenso: “Un e-book su Kindle non è tuo. È in licenza d’uso revocabile. Amazon può cancellarlo dal tuo dispositivo e l’ha fatto, ironia della sorte proprio con ‘1984’ di Orwell.”

Fa una pausa per lasciare che il concetto si depositi.

“La vera battaglia non è tra editori tradizionali e Big Tech. È tra possesso e accesso, tra autonomia e dipendenza, tra controllo e libertà, tra libero arbitrio manipolazione, tra spirito e materia. E questo vale per i libri come per tutto il resto.”

Il messaggio per chi verrà

Il Franti si alza e guarda l’orizzonte, poi torna a guardare il gruppo.

Quindi, se Marina Berlusconi o chiunque altro passa di qua, gli offriremo una tazza di tè Oolong e gli spiegheremo: la soluzione non è diventare una media Big Tech italiana. È costruire un ecosistema fisico e digitale veramente libero.

Si gira verso il gruppo con energia rinnovata: “E sapete qual è il bello? Che le strade alternative già esistono: Calibre per gestire gli e-book, formati EPUB aperti, progetti come Liber Liber e Project Gutenberg, biblioteche digitali personali invece dei cloud proprietari.”

Una ragazza con lo zaino chiede: “Ma quindi cosa facciamo con gli esercizi che ci avevi lasciato?”

Il Franti sorride e fa un gesto rassicurante: “Tranquilli! Questa è solo una sosta veloce. Un’occasione per commentare una notizia fresca. Più tardi ci vediamo di nuovo e guardiamo insieme i nostri esercizi.”

Fa una pausa, lo sguardo si fa più serio: Ma questa storia della lettera di Marina Berlusconi era troppo importante per non condividerla subito con voi. Perché ci dice che il vento sta cambiando. Il dibattito sulla libertà digitale sta uscendo dalle nicchie. Con tutti i pericoli che ciò significa, ma non mi dilungo oltre, già detto prima.

“E noi dobbiamo essere pronti. Perché quando il mainstream scopre i temi di cui parlavamo, dobbiamo agire perché il messaggio non venga distorto.”

“Intanto, se qualcuno di voi lavora nell’editoria o conosce gente che ci lavora, ricordategli che la soluzione non è aspettare che il governo regoli le Big Tech. 

La soluzione è agire subito: pubblicare in formati aperti, sostenere piattaforme indipendenti, educare i lettori alla proprietà digitale.”

“Ah, un’ultima cosa: le Big Tech hanno costruito l’autostrada a pedaggio? Noi conosciamo i sentieri di montagna. Marina si lamenta del casello troppo caro? Benvenuta nel club. Le mappe sono qui, sul furgone!” 

A più tardi

La piazzola rimane lì, silenziosa sotto il sole. Gli autostoppisti si guardano, sorridono. Alcuni riprendono i loro esercizi, altri discutono animatamente della lettera. La conversazione continua, anche senza Il Franti.

Perché questo è il bello della strada: le idee viaggiano più veloci dei furgoni

E intanto, da qualche parte tra Roma e Milano, forse Marina Berlusconi sta davvero pensando a cosa significhi la libertà nell’era digitale. Chissà.

P.S. L’ironia del destino

Oggi, 20 ottobre 2025, un’interruzione massiccia ha colpito AWS causando il malfunzionamento di centinaia di servizi in tutto il mondo: da Snapchat a Fortnite, da Coinbase a Disney+, da McDonald’s alle compagnie aeree. Il Franti mi ha chiamato e detto “Vedi? Quando Marina Berlusconi scrive che le Big Tech hanno troppo potere, forse non si rende conto di quanto. Quando AWS va giù, mezza internet smette di funzionare. Questa non è tecnologia, è dipendenza sistemica. Ed è esattamente quello che Ellul aveva previsto: un sistema tecnico che diventa indispensabile, dal quale non possiamo più prescindere.

“Senza paywall. Senza DRM. Senza algoritmi che decidono cosa potete leggere.”

Articolo apparso originariamente su Il Franti.it

Link all’articolo di Marina Berlusconi sul Corriere della Sera

Exit mobile version