La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per aver violato il diritto alla libertà d’espressione di Europa Way, una società che opera nel settore delle trasmissioni televisive, nel momento in cui ha annullato una procedura di gara per l’assegnazione delle frequenze per il digitale terrestre, stabilita dall’autorità di regolamentazione competente, l’Agcom.
I fatti risalgono al 2011 e 2012
I fatti risalgono 2011 e 2012, gli anni in cui in Italia si passava dalla televisione analogica a quella digitale terrestre. Nel 2010 l’Agcom ha stabilito le regole per l’assegnazione gratuita delle frequenze digitali terrestri. Europa Way ha partecipato alla gara d’appalto indetta nel luglio 2011, concorrendo per una delle frequenze riservate ai nuovi operatori e a quelli piccoli.
La procedura di gara è stata tuttavia sospesa con decreto ministeriale nel gennaio 2012, e poi annullata da una nuova legge entrata in vigore nel marzo 2012 e sostituita con una procedura di selezione a pagamento nel 2013. L’azienda ha impugnato senza successo queste misure davanti ai tribunali italiani.
Leso diritto di espressione
Nel ricorso alla Cedu Europa Way ha sostenuto che la sospensione e l’annullamento della procedura di gara originaria hanno leso in modo illegittimo il suo diritto di diffondere informazioni e idee, e quindi la sua libertà d’espressione, diritto protetto dall’articolo 10 della convenzione europea dei diritti umani. I giudici di Strasburgo hanno dato ragione a Europa Way, evidenziando che in Italia non c’erano “garanzie giuridiche adeguate per l’assegnazione delle frequenze per la trasmissione televisiva digitale”.
Con la sentenza che diverrà definitiva, se le parti non domanderanno e otterranno un nuovo esame del caso, la Cedu ha stabilito che lo Stato deve pagare a Europa Way 113.828 euro a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, 12mila per risarcire il danno morale e 35mila per i costi legali che ha sostenuto.
