Key4biz

Coronavirus, il pasticciaccio sulla chiusura delle scuole

scuole-chiuse_analisi-comunicazione

La diffusione del Coronavirus cresce in modo preoccupante e la gestione della comunicazione è una dimensione della “res publica” che merita estrema attenzione: finora sembra essere stata sottovalutata, e comunque mal gestita.

Nel pomeriggio di mercoledì 4 marzo 2020, la “comunicazione pubblica” italiana ha registrato una delle sue pagine più basse, degne di un “caso di studio”, ma come esempio in negativo di quel che un “buon governo” non deve assolutamente fare.

Una pagina buia che resterà nei libri di storia della comunicazione.

In sintesi: intorno alle ore 14 trapela, da una riunione informale del Consiglio dei Ministri, la notizia che è probabile la chiusura delle scuole di tutta Italia per due settimane; la notizia viene rilanciata per primo dal “Corriere della Sera” (alle ore 13:35 Monica Guerzoni scrive sul sito web del quotidiano “Scuole chiuse in tutta Italia: la decisione entro questa sera”, e la notizia viene rilanciata per prima da Ansa alle ore 13:54) ed ottiene in pochi minuti una ricaduta impressionante; dopo circa una mezz’ora, però, la titolare del Ministero per l’Istruzione, la Ricerca e l’Università Lucia Azzolina dichiara che la decisione è al vaglio, ma non è stata ancora assunta (testualmente: “nessuna decisione è stata presa”). La “precisazione” della Ministro viene registrata per prima da LaPresse alle ore 14:16.

Naturalmente viene a determinarsi un vero e proprio cortocircuito informativo, un testa coda comunicazionale, un effetto-boomerang che spiazza migliaia di giornalisti e quindi milioni di cittadini.

Mezza Italia si è domandata, per ore, “ma domani c’è scuola o no?!”.

E la notizia fa subito il giro del mondo.

Caos informativo totale per quattro ore

La situazione di caos informativo perdura per ben quattro ore, allorquando il Presidente del Consiglio sente evidentemente l’esigenza di fare chiarezza, e viene convocata una breve conferenza stampa, durata pochi minuti, durante la quale spiega che la decisione ha avuto gestazione sì lunga perché si attendeva il parere del Comitato Tecnico Scientifico. Il Premier denuncia, non nascondendo un qual certo imbarazzo, che la “fuga di notizie” è stata veramente “improvvida”.

Giuseppe Conte ritiene così di “chiudere” quel che non può essere considerato un piccolo incidente di percorso, perché è emblematico di un grande deficit di capacità di gestire la crisi, sia la profonda crisi determinata dal virus in sè, sia la correlata crisi comunicazionale. Evidente carenza di capacità di “crisis management”. L’episodio è sintomatico della debolezza dell’Esecutivo nel gestire l’emergenza (sicuramente a livello mediologico, sul resto – l’epidemia in sé – qui non vogliamo esprimerci).

Al di là della situazione di caotica incertezza nella quale sono stati gettati per quattro ore milioni e milioni di cittadini, un simile comportamento evidenzia la debolezza nel reagire in modo puntuale ed accurato ad errori che pure possono accadere anche ai più alti livelli istituzionali.

Questo deficit preoccupa ancor più alla luce del rischio, latente, che l’epidemia assuma caratteristiche ancora più gravi di quelle che stiamo già vivendo da alcune settimane.

E si ricordi che, dal Dopoguerra in poi, mai in Italia era stata assunta una decisione così importante in termini sociali (chiudere le scuole), che stravolge per due settimane la vita dell’intero Paese.

È quindi opportuno (ed interessante in termini mediologici oltre che politici) analizzare meglio la fenomenologia in dettaglio, cercando anche di ricostruire un possibile “dietro le quinte”, segnalando subito che nella serata di mercoledì è l’agenzia stampa AdnKronos a proporre una prima dettagliata ricostruzione.

La fenomenologia di questo “case study” (in negativo)

La notizia della chiusura delle scuole, come già segnalato, è stata battuta per prima, a livello di agenzie stampa, dall’Ansa, alle 13:56. Il flash battuto dalla maggiore agenzia stampa italiana (che rilancia il “Corriere”) rimbalza durante la stessa riunione dei ministri, e pare provochi un’accesa ed aspra discussione (sarebbero volate accuse ed urla), tutti alla ricerca della “gola profonda”. L’indomani giovedì diversi quotidiani – da “il Giornale” a “il Fatto Quotidiano” – riportano che tre potrebbero essere stati i responsabili (i maggiori responsabili, forse non gli unici): il Portavoce del Premier Rocco Casalino o il Capo Delegazione del Partito Democratico Dario Franceschini, o il Ministro della Salute Roberto Speranza, ma nessuna prova è stata prodotta in un senso o nell’altro. 

Dalle 14 alle 18, incredibilmente nessun esponente del Governo interviene, e quindi permane uno stato di agitazione, informativa nei giornalisti e psichica nella cittadinanza, che non sa più cosa pensare. I giornalisti presto accusati di diffondere “fake news”… allarmistiche, e c’è chi addirittura prospetta un profilo di reato per “procurato allarme” (l’articolo 658 del Codice penale prevede che “Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’Autorità, o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da dieci euro a cinquecentosedici euro”).

La situazione degenera al punto tale che il quotidiano “la Repubblica” ritiene di pubblicare un commento che definire aspro è un simpatico eufemismo, intitolato “Chiusura delle scuole: il diritto di informare e i doveri del governo”. Si legge nel documento: “Oggi poco prima delle 14 fonti del governo hanno confermato a Repubblica, alle agenzie di stampa e ai cronisti delle altre testate, l’ufficialità della decisione di cui si parlava dalla serata di ieri, ovvero la chiusura delle scuole e delle università come misura per contenere la diffusione del coronavirus. Repubblica, le agenzie di stampa e le altre testate hanno diffuso la notizia con la tempestività e l’enfasi commisurate a un provvedimento che avrà un effetto immediato sulla vita di tutte le famiglie del Paese”. Continua l’accusa: “Pochi minuti dopo, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, conversando con i cronisti a Palazzo Chigi, ha dichiarato: “Nessuna decisione sulla scuola è stata presa, non c’è la chiusura al momento. Abbiamo chiesto al Comitato Scientifico una valutazione se lasciarle aperte o chiuderle, che sia proporzionale allo scenario epidemiologico del Paese in questo momento. La decisione arriverà nelle prossime ore, tutti sarete informati””. E fin qui è mera ricostruzione dell’accaduto, ovvero della “fase 1”, cioè del “detto” (o “non detto”, ma lasciato trapelare), e quindi della “fase 2”, cioè del “contraddetto” (in parte, ma comunque contraddetto). Continua il quotidiano diretto da Carlo Verdelli: “Da allora, e fino alle 18.15 di oggi, quando invece la notizia è stata confermata, nessun altro esponente o addetto stampa del governo è intervenuto per confermare, smentire o chiarire la circostanza. Repubblica comprende e condivide lo sconcerto dei lettori e dell’opinione pubblica di fronte a una gestione confusa e approssimativa della comunicazione istituzionale. Serietà, misura e correttezza sono un diritto dell’informazione e di tutti i cittadini”.

In sostanza, il quotidiano accusa il Governo di essere stato poco serio, poco misurato e poco corretto, e di aver mancato ai propri doveri: accuse pesanti, ma i colleghi dell’illustre testata hanno ragione.

Ed è naturale che in serata siano piovuti giudizi lapidari, sono anzitutto le opposizioni ad infierire, in particolare Maurizio Gasparri per Forza Italia, ma c’è del “fuoco amico”, da parte di Italia Viva e finanche dello stesso Partito Democratico: il deputato Michele Anzaldi (Iv) denuncia che “la gestione della comunicazione da parte di Palazzo Chigi ancora una volta si è rivelata disastrosa”, ed il Presidente dei Senatori del Pd Andrea Marcucci bacchetta “in questa situazione di emergenza, Conte deve essere l’unica voce ufficiale del Governo. Vanno evitati in tutti i modi messaggi confusi all’Italia ed al mondo, come sta avvenendo ora sulla scuola. Le decisioni che riguardano la vita degli italiani devono essere comunicate tempestivamente e con certezza”.  

La bulimia informativa del Governo sull’emergenza virus

L’indomani, giovedì, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni alza il tiro ed accusa Giuseppe Conte di essere addirittura un “criminale”: ha sostenuto a “L’aria che tira”, in onda su La7, “ho trovato scandaloso il comportamento del Presidente del Consiglio, a maggior ragione perché dall’inizio non ho pensato di fare politica su questo tema. La responsabilità che io per prima ho cercato di mostrare, mi aspetto di averla dal premier. Mi aspetto che faccia la stessa cosa, che metta la Nazione prima della fazione, e invece questa bulimia comunicativa del Governo, di dover per forza dare un segnale della propria presenza, ignorando che la confusione produce rischi enormi. Conte ha delle responsabilità gravissime. Ha avuto un atteggiamento criminale verso l’Italia”.  Netta la reazione del Premier: quello di Meloni “è uno schiaffo non a me, ma a tutti i cittadini che devono fare piccoli e grandi sacrifici”, ha tuonato Giuseppe Conte. “Chi dice che il Presidente del Consiglio è un ‘criminale’, indebolisce lo Stato e non è un patriota”.

In effetti, però una qual certa bulimia informativa, e quindi inevitabile confusione si osserva oggettivamente: affastellarsi disordinato di conferenze stampa, annunci, sipari e siparietti dei vari leader… Va anche segnalato che la strategia di comunicazione scelta da Rocco Casalino ha determinato senza dubbio una sovraesposizione del Premier (c’è chi ha scritto che si sarebbe trattato di “passarelle”), attraverso “ospitate” molteplici, da “Live – Non è la D’Urso” a “Che tempo che fa” di Fazio, alla stregua di un opinionista qualsiasi o peggio – ha commentato acidamente qualcuno – di una soubrette sulla cresta dell’onda.   

Peraltro, secondo alcune fonti, il richiamato parere del Comitato Tecnico Scientifico non sarebbe stato dato all’unanimità, ma si sarebbero registrati dissensi non indifferenti: il consigliere speciale del Premier professor Walter Ricciardi (rappresentante dell’Italia nell’Organizzazione Mondiale per la Sanità) sarebbe stato perplesso, rispetto alla chiusura delle scuole, mentre più possibilista il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) Silvio Brusaferro, che non a caso il Premier ha citato reiteratamente (quattro volte) durante il breve incontro stampa affiancato dalla collega Azzolina.

Gli esperti sanitari, interpellati dal Governo riguardo al possibile stop di 10 giorni (da giovedì 5 marzo a domenica 15) delle lezioni scolastiche – dall’asilo all’università – hanno rimarcato che vi è limitata evidenza scientifica sull’efficacia di una misura del genere (ovvero un debole nesso causa/effetto tra la chiusura delle scuole e la limitazione dell’espansione del virus), che – semmai – avrebbe avuto maggiore senso soltanto con una chiusura assai più prolungata, di almeno due mesi (chi redige queste noterelle prevede che questa opzione potrebbe concretizzarsi, tra una decina di giorni, e peraltro lo stesso Premier ha dichiarato giovedì “valuteremo se reiterarla alla fine della scadenza”).

In verità, si procede a tentoni: non esistono modelli predittivi adeguati, e quindi ha prevalso nel Governo verosimilmente una decisione più emotiva che razionale, comunque di fortissimo impatto se si voleva trasmettere all’intera popolazione un segnale di forte allarme, così stimolando l’adozione di misure precauzionali (ed è bene), ma al contempo provocando il rischio di processi di isteria di massa (ed è male).

Incontro con la stampa di Conte e Azzolina: debole tentativo di salvare il salvabile

Verso le 18, Giuseppe Conte ha deciso di avocare la decisione, e di far sentire la voce del Governo. Il Portavoce Rocco Casalini ha precisato preliminarmente: “sarà una breve comunicazione, no domande”.

Conte ha la faccia di chi sta per comunicare una scelta difficile, ma è costretto a mettere una pezza alla fuga di notizie.

La Ministro Lucia Azzolina mostra una espressione tra l’infastidito e l’arrabbiato, ed usa toni un po’ maternalistici (“miei allievi”, dice, forse dimenticando che gli studenti non sono suoi, e che ora è una Ministro della Repubblica e non più una dirigente scolastica), sfoggiando un rossetto rosso fluo discretamente inadatto alla circostanza (l’estetica è importante, in coreografie di questo livello). L’AdnKronos batte il primo “flash”, ovvero la notizia della “confermata” chiusura delle scuole alle 18:14.

Come era maturata questa decisione? In un clima di esasperazione e confusione. Il Premier decide di lasciare l’incontro in corso con Cgil, Cisl, Uil, le Regioni ed i Comuni: assieme al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, al Ministro dei Beni e Attività Culturali Dario Franceschini, Conte avrebbe così deciso di affiancare la Ministro scendendo in sala stampa, nel tentativo di “ricomporre” la comunicazione, lasciando in presidio il Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. La richiesta di un incontro con i media sarebbe stata avanzata dalla stessa titolare del Miur. Conte nel tragitto avrebbe rimarcato concitatamente: “vedete cosa c’è scritto qui?”, mostrando il cellulare con i titoli dei siti dei quotidiani che riportavano le informazioni confuse del Governo: “sembra che il Governo dica una cosa e ne faccia un’altra, ma non è stata la Presidenza del Consiglio a far uscire la notizia”, avrebbe proseguito rivolto anche al suo Portavoce, Rocco Casalino. Poi le parole dure usate in conferenza stampa: “una fuga di notizie completamente improvvida”, cercando di chiudere sbrigativamente il caso, ed ignorando la collega che cercava di porre delle naturali (e sane e legittime) domande.

Alcuni giornalisti hanno osservato come la sortita di Conte e Azzolina sia avvenuta quasi in contemporanea al “punto stampa” del Capo della Protezione Civile e Commissario all’Emergenza per l’Emergenza Coronavirus Angelo Borrelli, e come a questo incontro non abbia partecipato Silvio Brusaferro.

C’è chi sostiene che, prima di accusare il Governo e la sua (mala) comunicazione, alcuni giornalisti dovrebbero mettere in atto un processo di autocritica: perché “Corriere” ed Ansa hanno lanciato allarmisticamente una notizia di una decisione che era ancora “in gestazione”?! Chi redige queste noterelle ritiene che abbiano fatto il loro dovere (un giornalista è sempre alla ricerca dello “scoop”). È dovere di chi ci governa reagire in modo tempestivo e chiaro: il che, nel “caso di studio” in ispecie non è avvenuto. Appena uscito il dispaccio Ansa, il Governo tutto – e non una Ministro all’uscita a Palazzo Chigi – doveva assumere una posizione netta ed univoca.

Si chiudono le scuole, ma nessun intervento per i trasporti pubblici?!

E che si sia trattato di una decisione atipica è confermata dall’assenza di provvedimenti per quanto riguarda gli habitat senza dubbio più a rischio, come è – in gran parte d’Italia – i mezzi pubblici di trasporto, metropolitane ed autobus. Nessun intervento né raccomandazione in tal senso, incredibilmente, nel Decreto del Presidente del Consiglio (il quarto emanato dall’inizio dell’epidemia), che è stato firmato nella serata di mercoledì, ed i cui testo è stato anticipato dall’agenzia Dire verso le 23:50 di mercoledì. Eppure Michele Augusto Riva, esperto di prevenzione e storico della Medicina all’Università Milano-Bicocca, ha stimato – intervistato dal “Corriere” – che, “in una grande città metropolitana, il tasso di trasmissione del virus è fino a 6 volte maggiore tra coloro che utilizzano i mezzi pubblici”. E ciò basti. Si chiudono le scuole e non si interviene per niente sul trasporto pubblico?!

Come hanno sostenuto e sostengono alcuni esperti, ad oggi nessuno è in grado di prevedere cosa potrà accadere nelle prossime settimane e mesi.

Interventi imprecisi, confusi, polisemici: i cinema restano aperti, i teatri chiudono…

Ci si attende dal Governo una linea più chiara e netta, semmai anche assumendo provvedimenti univoci: dato che, su queste colonne ci interessiamo soprattutto di cultura, media, arte, spettacolo, siamo rimasti senza parole leggendo mercoledì notte il testo del Decreto della Presidenza, nel passo che prevede la sospensione de “le manifestazioni e gli eventi di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali,  svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro…”.

Si tratta di provvedimenti (peraltro assimilabili ad una “norma imperfetta”, non essendovi alcun apparato sanzionatorio) che può essere interpretata in modo elastico, rigido o meno. Trattasi insomma, in questo caso, di graziose… raccomandazioni.

E così è stato: l’associazione degli esercenti dell’Agis ha dichiarato nel pomeriggio di giovedì 5 marzo che “i cinema di Roma e del Lazio resistono. Nonostante l’impatto mediaticamente negativo dei provvedimenti contenuti nel Dpcm 4 marzo 2020 firmato ieri dal Presidente del Consiglio Conte e riguardanti la attività cinematografiche, l’Anec Lazio (Associazione dei Cinema del Lazio) ha deciso, con senso di responsabilità, connaturale allo stato di emergenza in atto, di mantenere aperte tutte le sale cinematografiche”. Boh!

Nelle stesse ore, in un comunicato stampa diramato dalla stessa Anec, viene annunciato che 29 teatri romani (quasi tutti i maggiori) sospenderanno tutte le attività di spettacolo fino al prossimo 3 aprile (e qui non si comprende perché la sospensione dura un mese, e non i 10 giorni previsti per la chiusura delle scuole). Boh!

Il Palazzo delle Esposizioni di Roma, che dipende da Roma Capitale (è una sua “azienda speciale”), annuncia invece che “proseguono anche le rassegne cinematografiche e gli incontri nelle sale cinema e auditorium, dove verranno adottate disposizioni di sedute a scacchiera, dimezzando quindi la capacità di numero di posti disponibile”. Originale la formula delle “sedute a scacchiera”, degne di un creativo pubblicitario. Boh!

Il Teatro di Roma, che dipende da Roma Capitale sospende anch’esso la programmazione nei suoi 4 spazi (Argentina, India, Torlonia e Teatri in Comune). Boh!

Questi “dettaglii” – tra cinema che restano aperti e teatri che chiudono – evidenziano le conseguenze di uno “stato confusionale” prodotto da uno Stato confuso.

Interviene il Presidente Mattarella: completezza di informazioni o overdose?

E si è fatta attendere, fino a giovedì sera, la voce del Presidente della Repubblica, che sarebbe intervenuto anche perché infastidito dalla (mala) gestione della vicenda scuole da parte del Premier: intorno alle 19:30, viene diramato un breve messaggio video (tre minuti e mezzo), per invitare il Paese a seguire le indicazioni varate dal Governo, evitando “stati di ansia immotivati e spesso controproducenti”, e chiedendo compattezza: non solo alla politica, ma anche ai cittadini e ai mezzi d’informazione, che devono lavorare puntando “all’unità di intenti nell’impegno per sconfiggere il virus”. A dieci giorni dall’inizio dell’emergenza legata al Coronavirus, Sergio Mattarella ha finalmente parlato alla Nazione. Il Presidente della Repubblica riconosce come l’Italia stia “attraversando un momento particolarmente impegnativo”, e sostiene che “lo sta affrontando doverosamente con piena trasparenza e completezza di informazione nei confronti della pubblica opinione”.

Confidando di non essere accusati di lesa maestà, l’episodio che si è registrato nel pomeriggio di mercoledì 4 marzo 2020 non è esattamente sintomatico né di “piena trasparenza” né di “completezza di informazione”. Forse “completezza”, semmai, o piuttosto… ridondanza e bulimia, finanche “overdose”? Certamente non organicità e non unicità dei flussi informativi dalle istituzioni.

I riferimenti del Presidente riguardano anche i conflitti interni alle istituzioni, con alcuni Presidenti di Regione che nell’ultima settimana hanno cercato di varare misure in autonomia dal governo centrale: “alla Cabina di Regia costituita dal Governo, spetta assumere – in maniera univoca – le necessarie decisioni in collaborazione con le Regioni, coordinando le varie competenze e responsabilità. Vanno, quindi, evitate iniziative particolari che si discostino dalle indicazioni assunte nella sede di coordinamento”. Qui il messaggio giunge netto e chiaro: non resta che augurarsi che sia stato metabolizzato dai destinatari.

Se esiste una strategia comunicazionale del Governo (ma esiste?!), essa è veramente incomprensibile. Semplicemente, temiamo non esista.

Va segnalato che tre primarie agenzie italiane abbiano offerto collaborazione (gratuita!) al Governo: magari Barabino & Partners così come Image Building e Community Group hanno qualcosina da consigliare al Premier… Nelle more, hanno promosso l’appello “Il nostro Paese: raccontiamolo insieme, raccontiamolo meglio”, pubblicato tra sabato 29 febbraio e domenica 1° sulle maggiori testate nazionali: “Vogliamo contribuire a costruire un racconto diverso da ciò che stiamo vivendo, che restituisca fiducia, progettualità, rispetto e senso di comunità”.

La Rai tace: perché non trasformare RaiNews in canale straordinario istituzionale h24 sull’emergenza virus Covid-19?

E la Rai, in tutto questo?! Anche in questo caso, bulimia, ed assenza di una “linea editoriale” unitaria: informazione in quantità (troppa!), ma senza un approccio organico, e quindi frammentazione, polverizzazione, dispersione.

Il pluralismo è sacrosanto, l’autonomia delle testate anche, il policentrismo è una ricchezza di Viale Mazzini (o no?!), ma forse in situazioni così emergenziali è necessario un “salto di qualità”, innovatività e coraggio, finanche decisionismo: esemplificativamente, perché non trasformare un canale come RaiNews nel canale ufficiale dello Stato, delle istituzioni, a partire dal Ministero della Salute, di informazione primaria sull’evoluzione dell’epidemia Covid-19?!

Se la cittadinanza sapesse che c’è finalmente una fonte non unica ma univoca, con tutti i sigilli della affidabilità scientifica ed istituzionale, si ridurrebbe il rischio di circuiti informativi confusi e caotici, si eviterebbe la propagazione dell’apprensione.

E non vogliamo qui affrontare quel che sta accadendo sul web, trattandosi di un mondo completamente a-regolato, “grazie” al disinteresse del Parlamento italiano ad assumere provvedimenti di minimo controllo di questa dimensione sempre più pervasiva della comunicazione.

Nel pomeriggio di giovedì, è la deputata Flavia Nardelli Piccoli, esponente del Partito Democratico (Capo Gruppo del Pd in Commissione Cultura, membro della Vigilanza Rai, e già Presidente della Commissione Cultura), ad andare in questa direzione, ed a proporre una idea “simile”, che potrebbe essere sviluppata in parallelo: “cambiare i palinsesti della Rai del mattino e del pomeriggio. Di fronte a una situazione del tutto nuova e inattesa, con milioni di ragazzi a casa da scuola, i programmi della principale azienda culturale del paese devono necessariamente tenere conto di questa eccezionalità”. Nardelli sostiene che “occorre che l’azienda metta in campo tutte le risorse di cui dispone per rivedere la propria offerta culturale e formativa. La programmazione di tutti i canali deve essere rivista e riformulata. Sarebbe una opportunità anche per la Rai, di fronte a una situazione che non ha precedenti. L’azienda avrebbe modo così di sperimentare forme nuove e originali di programmazione dedicata ai ragazzi, offrendo un palinsesto anche del tutto innovativo”. L’intelligente proposta viene rilanciata dalla Vice Ministro del Miur, Anna Ascani.

Già mercoledì comunque anche l’esponente di Italia Viva Michele Anzaldi, Segretario della Vigilanza Rai, aveva proposto qualcosa di simile: “serve programmazione dedicata su Rai1, Rai2 e Rai3, anche di carattere culturale. Con la chiusura delle scuole fino al 15 marzo, la Rai proceda subito ad un cambio radicale dei palinsesti della mattina e del pomeriggio: trasmetta contenuti ad hoc per i giovani, di tutte le età. Serve una programmazione dedicata, anche di carattere culturale, su Rai1, Rai2 e Rai3”…

Ricordiamo anche che nelle ultime settimane Auditel certifica un notevole incremento della fruizione di televisione, anche perché la gente tende ovviamente a restare di più in casa. I picchi di share dei Telegiornali sono notevoli: nella settimana fino al 1° marzo, il Tg3 ha registrato un incremento del 33 % rispetto alla sua media…

Nessun commento da Viale Mazzini.

Eppure giunge voce che il Consiglio di Amministrazione Rai di giovedì pomeriggio abbia in qualche modo affrontato anche il tema della “riprogrammazione dei palinsesti”, resa necessaria da misure che hanno impatti sia sull’organizzazione aziendale, sia sull’offerta per il pubblico. Non sono stati forniti dettagli. Mentre pare stia per essere varato il mitico canale internazionale in inglese. Se questo canale fosse stato cantierato per tempo, oggi avrebbe potuto fornire un contributo significativo per combattere la cattiva immagine che il nostro Paese sta subendo sui media internazionali (e nell’immaginario planetario) a causa della epidemia e soprattutto della cattiva gestione della sua comunicazione (basti pensare ai servizi della Cnn in questi giorni ed alla “mappa” che identifica l’Italia come “focolaio”).

E l’Intelligence cosa scrive al Premier?

Infine ci domandiamo: ma in questa pericolosa vicenda del Coronavirus, che ruolo hanno svolto (se lo hanno svolto) il Dis – Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, ovvero l’Aisi (sicurezza interna), l’Aise (sicurezza esterna), cioè i nostri servizi di “intelligence”? Hanno fornito al Presidente del Consiglio (dal quale dipendono) dossier adeguati all’altezza della sfida in atto? A naso, si teme di no. O, se li hanno prodotti, possibile che il Premier non li abbia letti?! E, se questi sono i risultati, cosa diavolo c’era scritto nei dossier?! Quel che si può qui sostenere (il documento è pubblico) è che nella “Relazione sulla Politica dell’Informazione sulla Sicurezza 2019”, presentata dal Dis lunedì scorso 2 marzo, il termine “Coronavirus” è citato en passant 2 volte (due), poche righe su 129 pagine. Sic. Veramente da non crederci. Evidentemente le nostre barbe finte non hanno ritenuto il Coronavirus una minaccia per la Nazione. Boh!

Conclusivamente, iniziative come quelle che qui auspichiamo richiedono un “governo della crisi”, anche a livello informativo, moderno scientifico tecnocratico transdisciplinare, che ancora evidentemente non c’è. Semplicemente, si richiede una strategia coordinata di comunicazione.

Come spesso accade in Italia, sembra invece prevalere l’approssimazione e la confusione. Anche ai livelli più alti, spesso si assiste increduli all’azione di… dilettanti allo sbaraglio, che operano velleitariamente sulla nostra pelle, materiale e immateriale.

Col rischio di fare male a tutti noi: non meno del Coronavirus, ahinoi.

Exit mobile version