L'intervista

Coronavirus, Alberto Contri (IULM): ‘Overdose informativa in Tv, serve equilibrio’

a cura di Raffaele Barberio |

Su come si stia sviluppando questa overdose informativa dovuta all'emergenza coronavirus abbiamo chiesto un parere al prof. Alberto Contri, docente di comunicazione sociale all’Università Iulm.

Mentre l’infezione da Coronavirus sta arrampicandosi verso il picco nelle regioni del nord Italia, l’argomento impazza a tutte le ore del giorno in telegiornali, talk show, speciali, programmi di intrattenimento, offrendo a conduttrici, conduttori, anchor man e woman, l’opportunità di maneggiare un argomento di ovvio interesse per il pubblico.

Su come si stia sviluppando questa overdose informativa abbiamo chiesto un parere al prof. Alberto Contri, docente di comunicazione sociale all’Università Iulm.

Key4biz. Che giudizio dà del trattamento televisivo dell’argomento Coronavirus?

Alberto Contri. Da un lato tutti siamo affamati notizie, mentre siamo rinchiusi in casa e guardiamo quindi la tv con frequenza assai maggiore di prima. Dall’altro – non me ne vogliano – a giornalisti e anchor man e woman non è parso vero di avere da trattare un argomento di enorme interesse per i teleutenti.

Facendo zapping da un canale all’altro i più attenti hanno oramai imparato a individuare diverse tipologie di conduzione, che rispecchiano il carattere, la competenza e anche i tic di ciascuno.

Key4biz. Ce li può descrivere?

Alberto Contri. Preferisco non fare nomi, ma penso che sia facile riconoscerli. I più insopportabili sono i tribuni, sempre pronti a cercare colpevoli, a denunciare, e immancabilmente a dare sulla voce dell’epidemiologo di turno collegato via Skype con grandi problemi di audio.

Non sono solo maschi, perché ci sono anche le pitonesse che occupano la scena interrompendo troppo spesso gli intervistati o i colleghi che stanno sul posto, dimenticando che il satellite – o peggio la scarsa larghezza di banda – causano sempre un ritardo sul sonoro, per cui provocano inevitabilmente sgradevoli sovrapposizioni.

Oppure corrono per lo studio come delle cavallette, parlando a mitraglia per poi interrompere gli inviati per mancanza di tempo. Inoltre c’è un altro grave difetto, per la verità comune a quasi tutti, molto ben descritto da Paolo Guzzanti su Il Riformista:Hanno pronte una serie di domande che non tengono mai conto delle risposte ricevute, e troncano i ragionamenti perché, poveretti, hanno la loro stramaledettissima scaletta con i “contribbbuti”…”.

Key4biz. Anche il decano dei critici televisivi, Aldo Grasso, esprime giudizi analoghi. C’è una spiegazione a queste derive professionali?

Alberto Contri. Chiariamo che non sono mica tutti così: ci sono molti, soprattutto giovani, garbati e sintetici, rispettosi della notizia e dell’intervistato, e per nulla schiavi di questa ossessione del cosiddetto tempo televisivo. Ma ci sono anche un paio di maestri (e maestre) che è un piacere seguire.

Si da un minuto di spazio al virologo che ascolteresti anche per un quarto d’ora filato, ma non si riesce a tacitare il presidente di un qualche illustre consesso, talmente noioso e incomprensibile che venti dei suoi secondi ti sembrano mezz’ora. Un bravo conduttore dovrebbe tenere conto di questo. Poi c’è il riflesso condizionato di voler tenere alta l’attenzione tramite la ricerca di contrasti o opinioni differenti, contrapponendo magari la virologa convinta che l’infezione da Coronavirus sia poco più di un’influenza al collega che insiste nel sottolineare l’eccezionale gravità della situazione: la solita penosa ricerca dei gladiatori da far combattere nell’arena televisiva. Altro difetto molto frequente è quello di riassumere con parole proprie ciò che è appena stato detto dall’intervistato, occupando quindi inutilmente il famoso tempo televisivo.

Key4biz. Che voleva dire Guzzanti con i “contribbbuti”?

Alberto Contri. Ah, questo è un difetto di cui ci si rende conto ora che si guarda di più la tv. Soprattutto in Rai e a La7, ci sono troppi accenti romaneschi; oltre ai “contribbbuti” la deformazione più comune (e francamente insopportabile) è quella di “contagggio”. Io credo che chi fa questo mestiere almeno un corso di dizione dovrebbe farlo. O magari qualche ripetizione.

Ricordo che appena entrai a far parte del CdA della Rai, volli conoscere subito Milena Gabanelli, oltre che per la sua bravura, anche per il suo accento privo di inflessioni e di tutte queste fastidiose doppie. Evidentemente tutto dipende dalla geo-localizzazione dell’emittente: ma è un fatto che quelle basate a Roma risentono delle inflessioni dialettali assai di più di quella basate a Milano. Ma non so perché.

Key4biz. Un bilancio piuttosto negativo, il suo. E cosa si dovrebbe fare per migliorare?

Alberto Contri. A parte che di esempi positivi ce ne sono, sarebbe opportuno che si cogliesse l’occasione per riguardarsi e cercare di eliminare tic, stereotipi e cattive abitudini, cercando di far emergere più l’argomento che se stessi. Faccio un esempio che mi ha molto colpito, che riguarda la benedizione Urbi et orbi del Papa. Oltre 17 milioni di persone su Rai1, 1,5 su La7. Ma i 17 milioni sintonizzati su Rai1 sono stati molestati dal chiacchiericcio di un commentatore che non stava mai zitto cercando di riempire quel vuoto di silenzio che di norma in tv viene considerato un grave errore. Con questo fastidioso vizio di descrivere ciò che si sta vedendo.

Invece su La7 c’erano, miracolosamente, solo le immagini, rese ancora più potenti dal lungo silenzio che rendeva tutto più solenne e anche drammatico, portando il telespettatore nel clima di riflessione in cui stava immerso il Pontefice. Ecco. Ci sono momenti eccezionali in cui occorre avere il coraggio di infrangere regole e stereotipi. Chiedo troppo?

Key4biz. Scorrendo il suo cv si scopre che lei ha avuto un sacco di esperienze: e un curriculum da fare invidia. Ai vertici di grandi multinazionali della pubblicità, delle più importanti associazioni del settore comunicazioni, per 20 anni a capo della Fondazione Pubblicità Progresso), quindi consigliere Rai e A.D. di Rainet e infine Presidente della Lombardia Film Commission. Dulcis in fundo, Grand’Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana per mano del Presidente Ciampi. Non le basta ancora?

Alberto Contri. Per la verità no. La creatività è un mestiere affascinante, si studiano e si fanno cose sempre nuove, è uno stimolo che continuerò a coltivare finché resterò lucido. Data l’esperienza accumulata anche durante i venti anni a Pubblicità Progresso, sono adesso in grado di fornire una consulenza che ritengo unica per l’area della Responsabilità Sociale dell’Impresa. Insegnare all’Università mi appassiona perché si può stare in contatto con le giovani generazioni (adesso ho in classe la generazione Z) che sono drammaticamente distratte e bisognose di una guida al ragionamento e alla riflessione. E poi il mio insegnamento consiste per metà in un laboratorio in cui gli studenti imparano a ideare e realizzare una campagna sociale dalla A alla Z. L’anno scorso la campagna sul risparmio dell’acqua meglio riuscita è stata realizzata da un gruppo di Erasmus spagnoli, e con mia grande soddisfazione è stata adottata da un grande Impresa di distribuzione dell’acqua potabile della Lombardia.

Più in generale avverto l’urgenza di contribuire come posso alla ricostruzione di una classe dirigente, perché oggi stiamo toccando il punto più basso a causa di assoluti incompetenti senza cv che ricoprono cariche  di grande importanza per il Paese, e del fatto che il merito non viene più considerato. Non basta lamentarsi, occorre che chi ha accumulato esperienza e sapere lo lasci in eredità alle giovani generazioni. E poi è molto più divertente e ti tiene la mente giovane.