La ricerca

Australia, un utente internet su tre ancora in cerca di contenuti pirata

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Il 36% degli utenti di rete in Australia consuma film, serie tv, eventi live, brani musicali e games offerti online senza autorizzazione, in violazione del copyright. La minaccia più grande all’industria cultura e creativa del Paese, secondo uno studio del Governo di Canberra.

In Australia i servizi on deman per vedere film e serie tv in rete sono sempre più diffusi e a buon mercato. Eppure, le opportunità offerte dell’innovazione tecnologica portano ancora molti utenti di rete a preferire i contenuti pirata alle offerte legali.

Il dato è confermato dalla ricerca “Consumer Survey On Online Copyright Infringement 2019” del Department of Communications and the Arts del Governo di Canberra.

Il documento stima che il 36% degli utenti di rete in Australia consuma film, serie tv, eventi live e musica offerti online senza autorizzazione, in violazione del diritto d’autore.

Un fatto che costituisce ancora la minaccia più grande all’industria cultura e creativa del Paese”, ha commentato il direttore di Creative Content, Lori Flekser.

E’ incoraggiante constatare che i numeri della pirateria stanno diminuendo in Australia, ma il consumo illecito di contenuti continua a danneggiare l’industria, posti di lavoro e investimenti”, ha precisato Flesker.

L’offerta legale, come detto, è forte in Australia e a fine 2019, ad esempio, gli utenti paganti di Netflix hanno raggiunto quasi i 12 milioni.

Esistono, comunque, altre piattaforme in crescita, come Apple Tv e Disney+, a cui vanno aggiunti cataloghi online di contenuti tv gratuiti come Sbs, Abc o Kanopy.

Per quanto riguarda i film, si legge nella ricerca, il dato della pirateria online è ancora piuttosto negativo.

Nonostante il fenomeno sia in diminuzione, rispetto al 2018, il consumo di contenuti cinematografici su piattaforme pirata è infatti aumentato dal 21% del 2018 al 25% del 2019.

In linea di massima, gli australiani che hanno consumato contenuti illeciti vari, almeno una volta, è scesa dal 43% nel 2015 al 16% del 2018.