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Copyright Ue. Abolire l’esclusiva territoriale? Un danno per cinema e serie tv made in Italy

Partiamo dagli effetti più visibili per l’industria dell’audiovisivo italiana. Se la proposta di direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale, presentata dalla Commissione europea nel 2016 e ora in discussione all’Europarlamento, dovesse entrare in vigore, farebbero tanta fatica, in futuro, ad essere prodotte serie televisive made in Italy, come The Young Pope, Gomorra, I Medici, e opere cinematografiche La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino e Il racconto dei racconti di Matteo Garrone. Questi sono esempi recenti di opere audiovisive, realizzate da produttori indipendenti italiani capaci di competere nei mercati internazionali e di promuovere e trainare l’industria italiana ed europea dei contenuti. È stato anche possibile raggiungere questi traguardi grazie all’esclusiva territoriale, che alla base del modello della coproduzione e della prevendita, ossia del sistema di finanziamento delle opere audiovisive, indipendentemente dal budget di produzione.

L’articolo 2 della proposta di Regolamento SAT-CAB, attualmente in discussione al Parlamento europeo, prevede l’eliminazione dell’esclusiva territoriale e l’estensione del principio del Paese d’origine ai servizi online accessori. Inoltre introduce l’obbligo di gestione collettiva obbligatoria per i diritti di ritrasmissione mediante IPTV o altri servizi di ritrasmissione offerti su circuiti chiusi. Concretamente significa, che qualora la proposta di Regolamento venisse adottata, un’emittente licenziataria dei diritti di utilizzazione televisiva di un’opera audiovisiva per il territorio di uno Stato membro, potrebbe liberamente mettere a disposizione del pubblico tale opera online in modalità simulcast e catch-up in tutti i paesi dell’UE. Si avrebbe quindi una sostanziale compromissione delle esclusive territoriali in ambito comunitario, nonostante tali esclusive siano pienamente legittime in base alla vigente normativa in materia di copyright e diritto d’autore.

Questa sorta di “paghi uno e prendi ventisette” (UK è in uscita dall’Ue) significherebbe la catastrofe per il modello di business dell’industria europea della produzione e distribuzione dei contenuti, e quindi anche per quello italiano. Per cui l’applicazione del principio del “Paese d’origine” ai servizi online accessori va eliminato dall’articolo 2.

La reazione di Fapav

L’articolo 2 preoccupa in primis la Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali. Oggi a Key4biz, il segretario generale FAPAV,  Federico Bagnoli Rossi, ha dichiarato: “Sul fronte della pirateria e della tutela dei contenuti il potenziale rischio è che, venendo meno il principio della territorialità, potrebbe essere sufficiente una sola licenza di trasmissione per uno specifico contenuto e chi trasmette potrebbe andare a posizionarsi in un Paese in cui le regole sul copyright sono più blande. Questo aspetto renderebbe anche più complicate le attività di enforcement”.

La reazione dei produttori-autori-distributori-esercenti italiani

L’industria audiovisiva europea – autori, produttori, distributori, emittenti commerciali, fornitori di servizi media audiovisivi, agenzie pubbliche di settore – ha assunto una posizione di aperta contrarietà all’estensione del principio del paese d’origine ai servizi online accessori ed è intervenuta nel procedimento Pay Tv Case per rappresentare le conseguenze negative per la produzione e circolazione di opere europee.

Anche in Italia l’intera industria culturale e dell’audiovisivo è fortemente contraria. E unitamente ha iniziato la battaglia per modificare o cancellare l’articolo in questione: “è indispensabile difendere il principio della territorialità quale asset per la sostenibilità economica di un’opera filmica” sostengono in coro produttori-autori-distributori-esercenti, che aggiungono: “Le risorse economiche e finanziarie reperibili nel territorio di un solo Stato membro, come ad esempio l’Italia (con le vendite televisive, i minimi garantiti per la distribuzione e così via) sono generalmente insufficienti a coprire i budget di produzione delle opere audiovisive. Il produttore pertanto deve reperire fuori dal suo Paese d’origine le risorse necessarie”.

Stefano Ciullo, Director of European and International Affairs Sky, ha dichiarato: “Con questo Regolamento vediamo maltrattata la libertà contrattuale e allo stesso tempo si codifica lo stravolgimento del settore audiovisivo europeo ad opera di internet”.

Italia-Francia, dichiarazione congiunta per il principio di territorialità

Il 2 maggio scorso i Governi di Italia e Francia, con i rispettivi Ministri della Cultura, Dario Franceschini e Audrey Azoulay, hanno firmato una dichiarazione congiunta a sostegno del Diritto d’Autore, “che impegna Italia e Francia a individuare posizioni comuni per promuovere e preservare il fondamento della creatività nel contesto della riforma del quadro europeo del settore promossa dalla Commissione europea, in particolare mantenendo fermo il principio della territorialità del diritto d’autore, chiave di volta per il finanziamento e la diffusione della cultura(qui il Pdf al testo integrale).

Le critiche di Francesco Posteraro, commissario Agcom

La proposta di direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale ha suscitato forte critiche da parte del commissario Agcom Francesco Posteraro: “In vista del dichiarato obiettivo della creazione di un mercato unico, non è sufficiente, tuttavia, assicurare agli utenti l’accessibilità dei contenuti. Occorre anche garantire agli operatori condizioni concorrenziali uniformi in tutto il territorio dell’UE”. “Sarebbe stato necessario”, questa la tesi di Posteraro, “imporre una disciplina unitaria, o almeno fortemente armonizzata, in materia di diritto d’autore e dei relativi strumenti di tutela. Non sembra, purtroppo, che questa ipotesi sia stata presa seriamente in considerazione”. “Per di più, la persistente adesione, relativamente ad alcuni servizi, al principio del Paese d’origine determina una frammentazione persino nei singoli mercati nazionali, nei quali si trovano a competere fra loro operatori soggetti a diversi regimi giuridici”, ha concluso il commissario Agcom.

L’estensione del principio del Paese d’origine ai servizi online prospettato nella proposta di regolamento mina alla base il finanziamento di nuove opere e danneggia un settore che costituisce il fiore all’occhiello dell’Italia e dell’Europa.
Va cancellato.

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