L'intervento

Copyright, sanzione Agcom da 80mila euro a Google. La posizione divergente della Commissaria Elisa Giomi

di Elisa Giomi, Commissaria AgCom e Sociologa dei media |

Le ragioni di divergenza della Commissaria Elisa Giomi rispetto alla sanzione decisa dal Consiglio Agcom ai danni di Google nel caso che contrappone la Big Tech al Nuovo Imaie sui diritti degli artisti.

Sui temi di copyright, le mie valutazioni continuano a differire da quelle del Consiglio di Agcom, e questo è accaduto anche nel recente caso della sanzione comminata a Google – pubblicata sul sito di Agcom dopo oltre un mese dalla decisione – per non aver rispettato gli obblighi di negoziazione e trasparenza informativa nei confronti di Nuovo Imaie, un’associazione che rappresenta artisti, interpreti ed esecutori.

Orientamento preciso del Consiglio

Dal momento che quello che va consolidandosi in Consiglio è un orientamento preciso, penso sia utile rendere note le ragioni della mia divergenza, sia per accrescere la trasparenza istituzionale e la conoscenza pubblica del tema, sia perché il confronto pluralistico potrà certamente portare beneficio al processo di formazione delle decisioni.

Perplessità di Elisa Giomi

Durante la riunione del Consiglio in cui è stata adottata la delibera di sanzione pari a 80.000 euro nei confronti della big tech per presunta violazione dell’art. 23 del D.lgs. 35/2017, ho espresso alcune perplessità. Non sono infatti state fornite risposte sufficientemente chiare rispetto a possibili criticità formali e sostanziali del procedimento.

La documentazione è risultata incompleta e, dalla brevissima relazione, le motivazioni delle contestazioni sono apparse generiche. Ho inoltre fatto presente che tra la segnalazione e l’atto di contestazione erano trascorsi circa sette mesi, un periodo piuttosto lungo per una fase pre-istruttoria.

Proposta di rinvio

Per questi motivi, avevo proposto un rinvio per approfondire meglio gli elementi istruttori, oppure, in alternativa, un’archiviazione per carenza di elementi sufficienti. Nessuna delle due proposte è stata accolta.

Mi auguro che, soprattutto nei procedimenti sanzionatori, si continui ad assicurare il massimo rigore, nel pieno rispetto del diritto di difesa, principio fondamentale del nostro ordinamento.

Non c’è soltanto il revenue sharing

Nel merito, resta da chiarire un punto: contrariamente a quanto sembra prospettare Agcom, il revenue sharing non è l’unica forma di corrispettivo dovuto ai detentori dei diritti su opere protette da copyright – si tratti di articoli di giornale o brani musicali come in questo caso – da parte di chi, come ha fatto Google, le utilizza. Le parti dovrebbero essere libere di negoziare anche pagamenti forfettari o formule tipo pay per use.

Costringere un’azienda, anche se di grandi dimensioni, a fornire alla controparte dati commercialmente sensibili come i ricavi quale informazione essenziale per raggiungere un accordo rischia di essere una misura eccessiva che potrebbe avere l’effetto di limitare indirettamente la libertà di negoziare le condizioni contrattuali.

Ostilità nei confronti delle Big Tech

A mio parere esiste un diffuso sentimento di ostilità, a livello di opinione pubblica, verso le big tech così come la convinzione che il capitalismo digitale sia intrinsecamente diverso dal capitalismo “analogico”, e che le regole debbano variare in base alle dimensioni delle aziende, inasprendosi eccessivamente per quelle molto grandi o addirittura di portata globale. Sono sicura che l’impegno di Agcom, da affidabile arbitro, andrà in futuro nella direzione di assicurare trattamenti regolatori imparziali.

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