Muro contro muro

Copyright, la riforma Ue riapre lo scontro tra Google ed editori

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La riforma Ue sul diritto d’autore lascia scontenti gli aggregatori di notizie. Google all’attacco: ‘Limiteremo il traffico verso i siti degli editori’.

La nuova riforma sul diritto d’autore presentata nei giorni scorsi dalla Ue rischia di aprire un fronte di scontro molto forte.

La proposta della Commissione Ue di introdurre un nuovo diritto connesso, che tuteli gli editori per i contenuti online, ha subito raccolto il favore dell’industria della stampa ma non degli aggregatori di notizie online. Google in primis.

Il gruppo americano si è subito detto deluso e ha ricordato che “decine di migliaia di voci, inclusa la nostra, chiedevano un approccio diverso”.

Per Google, questa proposta sembra simile agli esperimenti legislativi già falliti in Germania e Spagna e rappresenta un passo indietro per il copyright in Europa.

Stoccata finale. La web company avverte che la proposta “potrebbe limitare la capacità di Google di inviare, gratuitamente, traffico monetizzabile agli editori attraverso Google News e Search”.

Una minaccia?

Le cose si complicano. Se da un lato gli editori da tempo chiedono, come è giusto che sia, che gli vengano riconosciute le royalties per l’uso dei propri contenuti digitali, dall’altro, come dimostra il caso di Axel Springer in Germania, temono di perdere traffico internet con misure restrittive da parte di Google & Co.

In Spagna Google è arrivata ai ferri corti col Governo dopo l’approvazione di una legge molto rigida sul diritto d’autore, arrivando a chiudere il servizio di Google News.

Secondo alcuni osservatori, la Commissione Ue ha ceduto alle feroci pressioni di alcuni potenti editori ed è meglio che il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, corregga il tiro prima che avvenga l’irreparabile.

“Il Mercato Unico Digitale, fiore all’occhiello di Juncker, non potrà diventare una realtà se la Commissione impone regole che rendono più difficile competere per le nascenti imprese digitali“, si legge sul Financial Times.

La soluzione, dice qualcuno, deve essere equa e non fare il gioco di alcuni potenti player a scapito degli altri attori.

Insomma il sistema va sì cambiato, perché è giusto che gli editori vengano ripagati per il loro lavoro specie quando i motori di ricerca o gli aggregatori di notizie ci guadagnano con la pubblicità, ma fissando paletti equi senza il rischio di cadere dalla padella alla brace.