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Copia privata, ecco perché il Decreto Bondi è contrario alle norme Ue

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La parte controversa è quella relativa all’equo compenso. Per la Siae, norme poco chiare sulle eccezioni, ‘bisogna fissare criteri più precisi’.

La Corte di Giustizia Ue scrive la parola fine sulla controversia riguardante l’equo compenso per copia privata in Italia.

Secondo i giudici europei, il decreto Bondi sui diritti d’autore è contrario alle norme Ue come aveva già avuto modo di evidenziare l’Avvocato Generale, Nils Wahl, nelle conclusioni rese lo scorso maggio.

La Corte Ue era stata interpellata dal Consiglio di Stato in seguito a un ricorso presentato da Nokia Italia, Hewlett-Packard Italia, Telecom Italia, Samsung Electronics Italia, Dell, Fastweb, Sony Mobile Communications e Wind.

Si tratta di aziende produttrici, importatrici o distributrici di strumenti tecnico-informatici di riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi.

La causa è arrivata davanti ai giudici Ue dopo i vari passaggi di rito. Tutto è cominciato nel 2012 dopo varie sentenze emesse dal Tar Lazio che ha respinto i ricorsi proposti da Nokia Italia e dalle altre società, contro MiBACT, Siae, Anica, Apt e altri soggetti, per l’annullamento del decreto Bondi e del connesso Allegato Tecnico, contenenti la determinazione dell’equo compenso per copia privata quale indennizzo forfettario in favore di un’opera intellettuale per il pregiudizio derivante dalla riproduzione a fini privati dell’opera stessa da parte di terzi. Infatti, poiché agli autori è riconosciuto un equo compenso per la riproduzione “su qualsiasi supporto” di opere e materiali protetti, è giocoforza che il diritto all’equo compenso per copia privata debba essere riconosciuto in relazione a qualsiasi apparecchio e supporto che consenta ai privati la registrazione di fonogrammi e di videogrammi.

Il Consiglio di Stato, davanti al quale è stata proposta impugnazione contro le menzionate sentenze, ha rigettato le censure mosse da produttori, importatori, distributori e utilizzatori di apparecchi con funzioni di registrazione in relazione agli apparecchi anche solo parzialmente destinati alla copia privata, sollevando tuttavia alcune questioni pregiudiziali allorché i dispositivi siano destinati ad uso non privato ma esclusivamente professionale.

Ecco quindi la necessità del passaggio in Corte di Giustizia Ue.

I sospetti di contrarietà al diritto Ue sono sorti, in particolare, proprio su alcuni aspetti dell’equo compenso per copia privata.

Per i giudici Ue, “Tale indennizzo è finalizzato a compensare il presumibile pregiudizio derivato agli autori dalla riproduzione delle opere, a fini privati, da parte degli acquirenti dei dispositivi o macchinari. Sul prezzo dei dispositivi o macchinari, quindi, viene calcolata una percentuale che le imprese interessate debbono pagare alla Siae”.

Secondo la Corte Ue, il principio non vale soprattutto se l’equo compenso è fissato “anche in relazione a dispositivi chiaramente non destinati ad uso privato”.

Inoltre, non è corretto “l’affidamento alla contrattazione tra imprese produttrici, distributrici o importatrici, da un lato, e la Siae, dall’altro, della scelta se esentare ex ante le prime (e in quale misura) dal pagamento dell’equo compenso”; infine, viola le norme il fatto che il rimborso dell’equo compenso avvenga “esclusivamente a favore degli utilizzatori finali”.

La Corte di Giustizia ha anche respinto “la domanda della Siae di limitare gli effetti nel tempo della decisione, constatando l’assenza di buona fede e di gravi rischi per la Siae stessa: gravi rischi che – secondo la Corte – non possono identificarsi con la mera difficoltà di recupero delle somme già precedentemente accordate agli aventi diritto all’equo compenso”.

La Corte di Giustizia ha anche respinto la domanda della Siae di limitare gli effetti nel tempo della decisione.

Siae con una nota ha espresso la propria posizione, sostenendo: “La sentenza di oggi della Corte di Giustizia non mette in alcun modo in discussione la legittimità della copia privata né mette in discussione l’intero decreto Bondi o la correttezza dell’operato di Siae”.

Per la Siae, la Corte di Giustizia ha ritenuto che fosse incompatibile con la Direttiva Ue esclusivamente un articolo (art. 4) dell’allegato tecnico del cosiddetto decreto Bondi del 30 dicembre 2009 (per una parte, quindi, squisitamente tecnica e limitata negli effetti).

“L’incompatibilità, in particolare, discende dall’assenza nella disciplina della copia privata (per il resto confermata e rafforzata) di criteri predeterminati che indichino i casi di esenzione ex ante e cioè i casi in cui debba certamente riconoscersi (ex ante appunto) un utilizzo dei device manifestamente estraneo alla copia privata”, precisa Siae.

“Si tratta di una decisione – conclude la nota – che Siae ovviamente rispetta e saluta con favore, posto che la fissazione di criteri ancora più precisi non potrà fare altro che rendere più agevole il lavoro di chi, come Siae, opera nell’esclusivo interesse di autori, editori e degli stessi interpreti esecutori che giustamente ricevono, anche per il mezzo della copia privata, il legittimo compenso del proprio lavoro”.