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COP30, l’UE tenta l’ultimo accordo sugli obiettivi. È scontro tra Paesi

Cop 30

L’Unione Europea ci riprova. Dopo il fallimento dello scorso settembre, i Paesi membri ora si affrettano a raggiungere un compromesso sul Clima a pochi giorni dall’incontro, il prossimo 6 novembre, della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen con gli altri leader mondiali. A Bruxelles, i ministri dell’Ambiente e i Capi di Stato dei 27, riuniti per il Consiglio straordinario ambiente, stanno facendo un ultimo tentativo per portare a COP30 un nuovo obiettivo di neutralità carbonica al 2040.

Il rischio è quello di presentarsi al vertice delle Nazioni Unite, in partenza il 10 novembre a Belem, in Brasile, senza una proposta concreta per ridurre drasticamente le emissioni di CO2.

Com’è noto, la Conferenza delle parti, giunta alla sua trentesima edizione, ha lo scopo di testare la volontà delle grandi potenze di proseguire nella lotta al cambiamento climatico. In questo contesto, un fallimento dell’Ue nel trovare un accordo minerebbe dunque la credibilità del blocco europeo. Soprattutto in un momento segnato dalla chiara opposizione del Presidente USA, Donald Trump, alle politiche ambientali globali.

C’è da dire che finora l’Europa si è dimostrata virtuosa nel contrastare il riscaldamento globale, adottando alcune delle politiche di riduzione della CO2 più ambiziose al mondo. Tuttavia, emerge in maniera sempre più netta, la posizione di industrie e governi scettici riguardo alla possibilità di sostenere tali misure senza sacrificare altre priorità, come competitività e sostegno alla Difesa.

Così, paradossalmente, mentre Paesi come Cina, Regno Unito e Australia hanno già presentato i nuovi obiettivi climatici in vista della COP30, Bruxelles arranca sulla tabella di marcia alla ricerca di una soluzione comune.

La posizione dell’Italia

Il Bel Paese non ha un ruolo meno significativo nel gioco delle parti. Il Titolare dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha, infatti, dichiarato che un obiettivo di riduzione così ambizioso deve necessariamente essere accompagnato da opportune condizioni abilitanti e flessibilità. 

L’attuale proposta sui crediti internazionali è largamente insufficiente, – ha dichiarato il Ministro – chiediamo pertanto che la quota sia aumentata almeno al 5% a livello europeo, con un meccanismo di acquisto attraverso una piattaforma europea dedicata, e che l’entrata in vigore di questo meccanismo sia anticipata al 2031. 

Fratin ha quindi sottolineato come le indicazioni dei Capi di Stato e di Governo riguardo ai crediti internazionali siano estremamente chiare

“Dobbiamo prevedere un adeguato quantitativo di crediti. Non si tratta di una possibilità, ma di un elemento essenziale del quadro che stiamo delineando. Di conseguenza, chiediamo di eliminare il termine “possibile” in riferimento all’utilizzo dei crediti al fine di assicurare coerenza e chiarezza normativa” ha chiosato.

L’Italia ha, inoltre, ribadito la richiesta di rimuovere i blocchi normativi che limitano l’uso degli assorbimenti tecnologici (CCS, DACCS, BECCS). In base a tale proposta, ogni Stato membro deve poter scegliere liberamente come impiegare tutti gli strumenti a propria disposizione utilizzando tutte le leve disponibili secondo le priorità nazionali. 

Fratin, dopo aver proposto l’introduzione di una nuova flessibilità per consentire agli Stati membri di utilizzare, solo se necessario, un ulteriore 5% di crediti internazionali per il raggiungimento dell’obiettivo nazionale nel rispetto del principio di costo-efficacia è tornato sul principio di neutralità tecnologica

“A tal riguardo è per noi fondamentale includere un riferimento ai biofuel sostenibili per il settore del trasporto su strada, come anche indicato nella lettera della Presidente von der Leyen” ha detto.

Verso un obiettivo UE più flessibile

La base dei negoziati è la proposta della Commissione Europea di ridurre le emissioni nette di gas serra del 90% entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990, così da mantenere la traiettoria verso la neutralità climatica al 2050.

Mentre Italia, Polonia e Repubblica Ceca hanno espresso forti riserve, annoverando tra le varie motivazioni gli alti costi energetici, concorrenza cinese e dazi statunitensi, Paesi Bassi, Spagna e Svezia al contrario, spingono per traguardi più ambiziosi. Tra questi anche la necessità di recuperare terreno sulla Cina nella produzione di tecnologie verdi.

Una bozza di compromesso, che incorpora una clausola richiesta dalla Francia, prevede la possibilità di rivedere al ribasso l’obiettivo del 2040 qualora le foreste europee non riuscissero ad assorbire sufficiente CO₂ per rispettarlo.

Per favorire un’intesa, Bruxelles si è detta pronta a modificare alcune misure chiave, tra cui il meccanismo di controllo dei prezzi nel futuro mercato del carbonio e una possibile revisione del divieto di vendita dei motori a combustione dal 2035, su richiesta della Germania.

L’accordo, che i ministri tenteranno di raggiungere, dovrà anche stabilire in che misura il taglio del 90% delle emissioni potrà essere compensato attraverso l’acquisto di crediti di carbonio stranieri, riducendo così la pressione sulle industrie europee.
La Francia, ad esempio, propone di portare questa quota al 5%, rispetto al 3% inizialmente previsto dalla Commissione, mentre altri Paesi sostengono che le risorse dovrebbero essere investite nel sostegno diretto alle imprese europee, anziché nell’acquisto di crediti esterni.

Per approvare il nuovo target servirà il voto favorevole di almeno 15 dei 27 Stati membri. Secondo fonti diplomatiche dell’UE, la votazione si preannuncia molto serrata e potrebbe dipendere dal cambio di posizione di uno o due Paesi chiave.

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