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Crescita. Contratto M5S-Lega, ecco cosa servirebbe per rilanciare l’economia in Italia

Le elezioni politiche hanno portato ad un cambiamento radicale degli equilibri politici e un nuovo programma di governo deve contenere proposte forti, capaci di rispondere ai nuovi bisogni e agli interessi dei cittadini. E’ necessario voltare pagina o un cambiamento radicale (disruptive) delle politiche industriali e regionali rispetto a quelle che hanno portato ad un continuo aumento della distanza dell’Italia rispetto agli altri paesi europei. E’ necessario delineare una visione del futuro o una strategia, che guardi allo sviluppo a medio-lungo termine del Paese e che colleghi tra loro in modo coerente una serie di proposte precise nei diversi campi di intervento.

L’Italia continua a svilupparsi lentamente e ogni anno aumenta la distanza dagli altri paesi europei. E’ chiaro che l’attuale debole ripresa dell’economia italiana è stata trainata dalla maggiore crescita degli altri paesi europei. Di fatto essa non è merito delle politiche economiche seguite in Italia, ma è anzi stata frenata da molte politiche economiche sbagliate adottate negli ultimi anni in Italia.

Gli investimenti in Italia si stanno riprendendo leggermente, a partire dal 2015. Ma gli investimenti nel 2017 sono stati di 84 miliardi minori di quelli nel 2007, all’inizio della crisi. Quindi nel 2018 sarebbe necessario aumentare in Italia gli investimenti totali annui di circa il 23 per cento per tornare al livello prima della crisi. Inoltre, se si sommano le differenze degli investimenti fatti in ogni anno nel periodo 2007 – 2017 rispetto a quelli fatti nel 2007, complessivamente in questi ultimi dieci anni sono stati fatti in Italia minori investimenti per ben 740 miliardi. E’ quindi chiaro che questi minori investimenti hanno indebolito la produttività delle singole imprese e impedito la riqualificazione dell’intera struttura del sistema produttivo italiano, oltre a determinare una diminuzione della domanda aggregata e quindi del PIL.

La competitività internazionale dell’Italia è stata penalizzata non dall’andamento del costo del lavoro, ma da quello della produttività e su quest’ultima agiscono il troppo basso sforzo delle imprese in termini di investimenti e di innovazione e sono quindi necessarie politiche industriali e regionali che promuovano gli investimenti sia pubblici che privati, sia materiali che immateriali, come la ricerca & sviluppo, la progettazione e la formazione universitaria e professionale.

Altro che dinamica positiva di occupazione, reddito, esportazioni e dei saldi di finanza pubblica determinata dalla ben nota politica delle “riforme strutturali”. Vi è stato, invece, un circolo perverso di austerità pubblica, minori investimenti pubblici e privati, minore produttività, minori redditi, minore consenso sociale e resistenze all’innovazione, minore domanda di nuove produzioni e minori stimoli all’innovazione e quindi minori investimenti e minore crescita e minori entrate nel bilancio pubblico.

Benessere, occupazione, innovazione, sono obiettivi tra loro collegati. Infatti, da un lato, è necessario aumentare l’occupazione, soprattutto dei giovani, ma anche dei lavoratori disoccupati e delle donne che non trovano lavoro, per assicurare un maggiore benessere. Dall’altro, centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro qualificati possono essere creati se vengono intrapresi investimenti mirati a creare nuove produzioni e infrastrutture, che rispondano ai bisogni emergenti dei cittadini e assicurino un maggiore benessere. Inoltre, i nuovi investimenti devono essere collegati all’adozione di innovazioni di prodotto, allo sviluppo di nuove produzioni e alla creazione di nuove imprese in nuovi settori oltre all’utilizzo di nuove tecnologie moderne, che permettano di soddisfare la domanda emergente di nuovi beni e servizi dei cittadini e di essere competitivi a scala internazionale.

Per far crescere in modo apprezzabile la domanda di lavoro in occupazioni qualificate, occorre pertanto avviare un piano di investimenti privati e pubblici mirati a creare nuove produzioni in settori strategici di intervento, come:

Infatti, tutti gli interventi in questi sei ambiti, oltre a rispondere ai bisogni emergenti dei cittadini, possono favorire la creazione di un numero consistente di nuovi posti di lavoro, non solo nella fase iniziale di investimento in nuove strutture e opere pubbliche ma anche in quella successiva della gestione dei servizi di interesse collettivo da parte di molte imprese con schemi di partnership pubblico-privato.

Pertanto, il benessere e la qualità della vita dei cittadini non devono essere intesi come un parametro esterno al PIL monetario o come un mero vincolo esterno da imporre alla crescita economica, ma possono invece rappresentare l’obiettivo stesso del processo di sviluppo economico e di fatto potranno essere lo stimolo indispensabile a intraprendere nuovi investimenti privati e pubblici, materiali e immateriali, per la riconversione dell’economia italiana verso nuove produzioni “intelligenti”.

In questa prospettiva sono cruciali iniziative bottom-up a livello urbano, dato che è necessario mobilitare la domanda privata da parte di molti cittadini verso nuovi servizi e beni ed anche la creatività, le capacità di progettazione e le competenze, che esistono nelle singole città in molti settori, imprese e istituzioni. Infatti, il miglioramento della qualità della vita deve iniziare non solo nelle grandi aree metropolitane, ma anche nel Mezzogiorno, ove la carenza di servizi collettivi e il degrado del sistema economico-sociale-ambientale spiega la bassa produttività e rafforza il crimine organizzato, mentre potrebbe essere un driver positivo per creare nuove imprese e occupazione in attività innovative rivolte a soddisfare i bisogni locali. In particolare, è’ necessario un piano delle periferie urbane in tutte le grandi città che miri ad aumentare la sicurezza, l’integrazione sociale e ad affrontare i problemi collegati all’immigrazione. E’ anche necessario evitare speculazioni edilizie e l’arricchimento di pochi gruppi finanziari su terreni pubblici, come sta avvenendo con la privatizzazione surrettizia del demanio pubblico ferroviario in tutto il Paese che riguarda circa 4 milioni di mq. distribuiti su molte città italiane.

In sintesi, un programma di governo che rilanciasse gli investimenti sul territorio e lo sviluppo di nuovi servizi, capaci di rispondere ai nuovi bisogni dei cittadini, da un lato rilancerebbe la crescita, ma dall’altro permetterebbe anche una diminuzione delle disparità sociali.

Questo articolo fa parte di una serie su: “I bisogni dei cittadini trainano lo sviluppo del Paese” promossa dal Gruppo di Discussione Crescita Investimenti e Territorio. Altri articoli di questa serie sono stati scritti da Riccardo Cappellin, Maurizio Baravelli, Leonardo Becchetti, Enrico Ciciotti, Luciano Pilotti, Enrico Marelli, Franz Foti, Roberto Camagni, Luca Beltrami Gadola e altri.

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