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3Uk-O2, John Strand: ‘L’Antitrust Ue fa più danni di qualsiasi fusione’

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Il problema, dice Strand, non è il consolidamento ma le regole superate e applicate da autorità della concorrenza isolate con poca o nessuna onestà e responsabilità.

La prevedibilità delle regole è un prerequisito fondamentale per incentivare gli investimenti in settori ad alta intensità di capitale, quale quello delle telecomunicazioni, che richiedono una visione di lungo periodo.

In Europa, dove pure si discute da molto tempo su come creare un ambiente favorevole agli investimenti, non si è tuttavia ancora compreso in che modo si debba procedere per tornare a essere competitivi sul versante digitale. O meglio, sulla carta c’è un progetto ambizioso, quello del Mercato Unico Digitale, mas a un anno dal lancio della strategia abbiamo visto come ci sia ancora molto da fare per tradurla in realtà.

Una data, in particolare – quella del 19 maggio – è attesa dagli investitori per capire se, come si teme e sembra ormai certo, la Ue boccerà la fusione tra 3Uk e O2 nel Regno Unito. Sarebbe il primo pollice verso della DG Comp a guida Vestager, dopo che comunque lo scorso anno i rigidi paletti dell’Antitrust hanno spinto Telenor e TeliaSonera a rinunciare al loro progetto di fusione in Danimarca.

Il problema principale, secondo l’analista John Strand, risiederebbe nel ‘conflitto di leadership e di policy’ tra la DG Connect – che fa capo a Andrus Ansip e Günther Oettinger ed è responsabile di assicurare che gli europei abbiano accesso alle infrastrutture di telecomunicazione – e la DG Comp, che si occupa delle politiche antitrust decidendo, in sostanza, anche se approvare o meno operazioni di fusione tra società concorrenti, guidata da Margrethe Vestager.

Secondo Strand, in sostanza, la DG Connect “cerca di progettare un quadro moderno per le telecomunicazioni, mentre la DG Comp, “usando la regola del pollice, determina il futuro decidendo quale fusione si farà e quale no”. Se una funzione si farà o meno, però, “è una questione cruciale per gli investimenti”.

L’analista sostiene di aver potuto visionare una serie di documenti non ufficiali della DG Comp che proverebbero come la direzione generale concorrenza prenda decisioni su un settore che non comprende. E questo – dice Strand – non depone a favore del progetto di fusione tra 3Uk e O2, contro il quale – a onor del vero – si sono schierate anche le autorità nazionali britanniche per il mercati tlc (Ofcom) e antitrust (CMA).

Uno dei documenti visionati dall’analista – datato marzo 2016 – considera la concorrenza in maniera così semplicistica e monolitica che se lo avesse presentato un qualsiasi studente di un corso di marketing sarebbe stato bocciato.

“Un’analisi fuorviante – dice Strand – che dimostra che la DG Comp non capisce che cos’è che spinge la concorrenza sul mercato”.

E’ chiaro, spiega Strand, che l’Antitrust europeo guarda alla fusione Hutchison/O2 nel Regno Unito dal paradigma del mercato verticale non considerando però il fatto che l’attuale mercato tlc non consiste più di reti distinte (mobile, fissa, banda larga, Tv) che non hanno influenza le une sulle altre. E’ vero, anzi, il contrario, e cioè che ormai le operazioni del mercato si muovo in modo orizzontale, con le offerte definite triple o quadruple play e che mettono insieme, cioè, servizi di telefonia fissa e mobile, banda larga e Tv.

“La visione obsolete della DG Comp ha origine nel fatto che i dipendenti della Direzione hanno una comprensione limitata del reale funzionamento del mercato e non capiscono i benefici per i consumatori delle offerte triple e quad play. O ancora, non vogliono aggiornare il loro framework per non creare contrasti politici”.

Sia 3Uk che O2 sono operatori ‘single play’: offrono cioè ai loro clienti solo servizi mobili e fanno pertanto fatica a competere con player che offrono invece anche altri servizi. Devono infatti sostenere maggiori costi di marketing, distribuzione, servizio clienti. Ricordiamo inoltre che BT – che ha di recente guadagnato l’ok dell’antitrust britannico (senza rimedi) all’acquisizione del principale operatore mobile britannico EE – ha pagato milioni di sterline per i diritti della Premier League. Un investimento che BT non avrebbe potuto ammortizzare se non avesse potuto collegare i contenuti sportivi alla sua offerta a banda larga e che, quindi, sarebbe insostenibile per gli operatori come 3Uk e O2.

Inutile dire, poi, che il tasso di fedeltà dei clienti agli operatori che uniscono più offerte è molto più alto e che, dunque, gli operatori single play spendono molto di più in pubblicità per tenersi i clienti e conquistarne di nuovi.

È chiaro perciò che quando “la DG Comp decide se approvare o meno una fusione si basa su una rappresentazione incompleta del mercato” e non ci vuole un mago per capire che predire il futuro è già difficile, figuriamoci quando poi lo si fa sulla base di informazioni errate.

Ma perché non rimediare? Forse per non ammettere che le decisioni del passato erano basate su analisi incomplete?

E ancora, se proprio vogliamo guardare alle ‘colpe’ a 360 gradi, perchè l’antitrust britannico ha permesso a BT di comprare EE senza nessun rimedio, creando l’incumbent più forte d’Europa, si è invece scagliata contro la fusione 3-O2 chiedendo a Bruxelles di bloccarla?

 “Non è, infatti, il consolidamento il problema: le fusioni sono una conseguenza logica di un mercato maturo, del cambiamento tecnologico, e del calo dei prezzi. Il vero problema sono le regole superate e applicate da autorità della concorrenza isolate con poca o nessuna onestà e responsabilità”.

La conclusione di Strand è chiara: “Le autorità antitrust, se continueranno come hanno fatto finora a decidere in segreto sulla base di informazioni incomplete e senza assumersi responsabilità delle loro decisioni,  faranno più danni di qualsiasi fusione”.

Già in passato, è da dire, John Strand aveva puntato il dito contro i conflitti all’interno della Ue che frenano gli investimenti nelle tlc, sottolineando che “l’approccio bipolare della Commissione, con un’agenzia che tenta di accelerare gli investimenti e l’altra che li scoraggia è un pericolo per il futuro economico e digitale dell’Europa”.