l'analisi

Conflitto Israele – Palestina, le ragioni degli ostaggi tra “ragion di stato” e “rete del terrore”

di Luciano Pilotti, ESP, Università di Milano |

Le "ragioni di entrambi gli ostaggi" sequestrati da Hamas (i civili israeliani ma anche i palestinesi "chiusi" in 46 kmq) chi le difende?

Le “ragioni di entrambi gli ostaggi” sequestrati da Hamas (i civili israeliani ma anche i palestinesi “chiusi” in 46 kmq) chi le difende? I vivi per “vendicare” i morti che già sono tanti (palestinesi e israeliani) da entrambe le parti e la forza per provare a riscattare la vita degli ostaggi (Israele) e “vendicare” le centinaia di giovani e bambini massacrati al rave party.

É questo il quadro tragico che abbiamo davanti ? Sembrerebbe di no perché da entrambi i lati sembra affiorare silenziosa una “ragione superiore” che mostra di abbandonare gli ostaggi al loro destino qualunque sia l’esito dello scontro diretto che si avvicina ma ora con maggior cautela da parte di Israele alla ricerca di un obiettivo chiaro che però stenta ad apparire se non la “vaga” distruzione di Hamas.

Gli “ostaggi” sembrano allontanarsi sempre più in fondo nel teatro dei belligeranti rischiando di diventare l’”agnello sacrificale” (necessario?) senza – ovviamente – poterlo affermare. Per Hamas gli ostaggi sono una “garanzia assicurativa” pensando che Israele debba negoziare e i palestinesi pure per attrarre il sostegno delle comunità e arabe e relativi establishment di governo.

É questo l’unico esito possibile? Il modo che il Governo di Israele sembra forse aver scelto per “entrare a Gaza” é l’unico possibile ed é utile a salvare la vita degli ostaggi avendo sigillato entrata-uscita con “La Spada di Ferro”? Perché peraltro se si sa come e per cosa entrare non é chiaro cosa fare “dopo” della striscia di Gaza quando si fosse entrati. Il rallentamento nell’entrata segnala questa impasse che impone prudenza e limitare le vittime civili come suggerito da Biden con risolutezza per non inimicarsi l’intero Medio Oriente e aprendo agli aiuti dal lato egiziano di Rafah.

Con Hamas che invece usa quei civili palestinesi come scudi umani chiedendo loro (e ostacolandone la fuga verso Rafah al confine con Egitto) di rimanere a Nord, poco ascoltata, giustamente, per avere una possibilità di sopravvivenza.  Questa é la domanda che pongono i familiari delle “vittime ancora vive” nelle mani di Hamas: prima gli ostaggi e poi la pace o – viceversa – la pace e poi gli ostaggi ? Oppure Israele vuole soprattutto “eradicare Hamas” che da 16 anni attende Tsahal dentro i cunicoli di Gaza con pace e ostaggi che passerebbero in secondo piano ? La storia offre un quadro d’insieme: dopo il 1948 (nasce lo Stato di Israele) e il 1967 (con la Guerra dei 6 giorni e invasione dell’Egitto) saremmo al terzo sfollamento per i palestinesi sapendo che se ne andassero difficilmente rientrerebbero a 50 anni dallo Yon Kippur del 6 ottobre 1973.

Come evacuare 1,2 milioni di persone in 24-48-72 ore dopo un bombardamento diffuso e intenso e come farlo per gli ospedali di Gaza al collasso con migliaia di bambini e anziani impossibilitati a muoversi e dopo l’ultima bomba “misteriosa” che ha ucciso 500 persone su un ospedale? Il rallentamento dell’entrata sta dimostrando che la soluzione militare dopo 5 guerre in 67 anni senza risultati conduce verso l’unica soluzione sostenibile che rimane quella politica imparando dagli errori commessi in questo mezzo secolo ridando libertà, dignità e autonomia politica ai Palestinesi con uno Stato che  nel riconoscimento dello Stato di Israele e del suo diritto ad esistere trovi la linea della convivenza in pace. Unica via per costruire la sicurezza speculare di Israele e dei Palestinesi nell’oggi e nel lungo periodo.

Non facendo scegliere l’agenda politica agli estremisti (di entrambe le parti) ma affermando il diritto internazionale e scegliendo di “risolvere l’anomalia palestinese” usata da Israele (per l’illegalità profonda e manifesta dei territori occupati in Cisgiordania che dagli Accordi di Oslo del 1993 sono quadruplicati) e da tutto il Medio Oriente per non offrire l’unica soluzione che é quella di “due Stati e due Popoli” , nell’interesse della sicurezza di entrambi, poi interrotta dall’uccisione di Ytzak Rabin.

Che è stata ancora anche la richiesta di Biden pochi giorni fa. Perché é del tutto evidente che la mossa di Hamas (che prepara da anni l’offesa ma soprattutto la difesa attendendo l’esercito israeliano per ingabbiarlo nella guerra urbana, “casa per casa”) è scagliata contro il dialogo tra Medio Oriente e Israele e dunque con l’Occidente che invece deve continuare senza sosta.

Perché è lungo questa via dei “due stati due popoli un territorio” che si trova la soluzione politica del conflitto israelo-palestinese avviando a definitivo assetto di pace nella stabilità evitando l’ultimo deragliamento che sarebbe devastante per tutto il Medio Oriente e per il Mondo intero.

Una soluzione molto vicina (forse) e sempre allontanata dai vari angoli della storia per “due Stati e due Popoli” mano nella mano in pace nei secoli dei secoli per uscire dal tragico “vicolo cieco” nel quale ci siamo infilati trascurando la “questione palestinese”, compresa l’Europa. Perché dobbiamo costruire la pace innanzitutto sul rispetto dei diritti delle persone.

Certo l’instabilità globale e le scintille che vediamo sparse attorno all’incendio in Medio Oriente e a quello ucraino da Parigi ( accoltellamento del docente parigini) a Bruxelles ( uccisione di due cittadini svedesi che andavano allo stadio alla partita e poi evacuato) testimoniano di un clima infuocato e che può spingere all’ emulazione su un piano globale e che le mosse nel Sud del Libano (Hezbollah) e dell’Iran mostrano una “mobilitazione emergente” potrebbe pericolosamente far scivolare in una escalation globale.

Una mobilitazione che sembra frenata dalle mosse diplomatiche degli USA e di altri paesi, comprese Cina e Russia e quest’ultima che paradossalmente sembra voler ri-occupare uno spazio diplomatico di mediazione nonostante l’aggressione Ucraina.

Dunque situazione ad alta fibrillazione planetaria che richiede “mediatori credibili ed autorevoli ” per provare a spegnere un potenziale incendio globale, ma certo richiede all’ Occidente grande unità e contemporaneamente capacità di dialogo con tutte le sponde a Est in particolare. Diplomazia dunque in grande movimento che confidiamo possa produrre risultati ma certo dipenderà molto anche dalle scelte operative di entrata a Gaza da parte di Israele.

Un quadro di grande instabilità che potrebbe essere di ripresa dell’operatività molecolare dello Stato Islamico leggendo fattori favorevoli di accensione dei motori e che richiede grandissima attenzione da parte di tutti per esplorare margini di spegnimento dei contagi.

Dunque oggi le due grandi questioni  a breve che si devono potere “integrare” sono da una parte il “principio di proporzionalità della reazione di Israele” (tra cui il rispetto totale dei civili) e dall’altra la “compatibilità con la salvezza degli ostaggi” ed entrambe stanno spingendo Israele ad esplorare soluzioni alternative all’entrata a Gaza, anche perché Hamas non si distrugge solo manu militari che é quello che avrebbe detto Biden a Nethanyau nell’interesse della stabilità della regione e della vita stessa degli ostaggi.

Una iniziativa occidentale ed europea é assolutamente necessaria non solo per trovare soluzioni al ritorno degli ostaggi ma per provare a scrivere soluzioni strutturali alla crisi mediorientale a partire dalla questione palestinese che é stata marginalizzata dall’Occidente tutto oltre che da Israele ma che dovrà ora trovare avvio forte per  una soluzione possibile.

Perché solo questo potrà spegnere l’incendio mediorientale e fermare anche la radicalizzazione ed emulazione diffusa nelle reti di “lupi solitari” o di “cellule in sonno” nelle diverse capitali europee e occidentali che spiega i fatti in Francia e in Belgio dove si é alzato il livello di attenzione a partire da stazioni e aeroporti e con la sospensione di Shenghen del Governo Meloni a Est.

Dall’altra parte “corridoi umanitari” saranno necessari per avviare rapidamente l’accesso degli aiuti a Gaza per la popolazione martoriata da assenza di acqua, cibo, energia e medicinali.

Solo in questo quadro si può sperare di ritrovare un filo azzurro per riunire un mondo sempre più a-polare in deficit di leadership forti  e che minaccia il pianeta.