Analisi

Come sopraffare l’innovazione (digitale) e vivere (felici)

di Massimo V.A. Manzari, Knowledge broker - CEO co-Founder ReD Open |

Nella favola dell’innovazione tu sei lupo, cacciatore, nonna o fanciullezza innocente? O altro ancora?

Ben conscio che sul tema dell’innovazione si aprono i cancelli di cieli senza fine ove discuterne, in cui saggi si siedono sulle nuvole e proclamano al vento, riaffermo che l’innovazione è perlopiù una sovversione dell’ordine delle cose e l’innovatore è un sovversivo orientato economicamente ed ideologicamente, ha una visione del mondo e del futuro, a volte si arricchisce, a volte cambia le regole e a volte lui ha pochi se non nulli benefici, Gutenberg , Meucci e Tesla solo per ricordarne alcuni.(1)

Gli innovatori sono quindi pochi eletti, il resto sono riconfiguratori del presente, e/o acuti osservatori della potenzialità che dà la manipolazione delle scelte delle persone, e a cui delle tecniche di vario tipo daranno sempre più una mano. e da qui il capitalismo estrattivo e il rentier capitalism che innovano gli equilibri sociali e gli squilibri del benessere a favore della ricchezza di pochi eletti, un manipolo.

“L’innovazione è in primo luogo, e soprattutto, responsabilità”

Una componente umana che è mancata, anzi il più delle volte volutamente ignorata e nascosta ai più per così poter massimizzare i profitti e gli interessi di gruppi economici e ideologici, è la chiamata alla responsabilità individuale.

Una qualità, la responsabilità personale verso l’Altro, che è latitante sia in chi si occupa di sviluppare innovazione (basta leggere le loro dichiarazioni ove al massimo abbiamo una powerpoint sulla social responsibility della serie “crediamo in un mondo migliore”), sia a seguire nel pubblico con il suo consenso massivo, che nel singolo consenso della persona che è fruitrice della stessa innovazione.

Il tema merita ben più di qualche riga, ma del resto ci sono persone che sin dall’inizio del secolo scorso hanno cercato di alzare l’attenzione sul tema della responsabilità individuale, come Rudolf Steiner, Martin HeideggerHannah Arendt, Hans Jonas , Paulo Freire, Ivan Illich, Paul Goodmann , Zygmunt Bauman, Peter Drucker, Alvin Toffler solo per citarne alcuni tra i più rilevanti da conoscere.

A cui aggiungere Platone ove in Fedro ci si domanda sul danno o utilità futura dell’invenzione dell’alfabeto, ricordiamocelo. (2)

Chiudo questa parte con un richiamo alle norme, alla pratica e alla teoria del diritto che però ha una tempestività diversa dall’adozione e dalla diffusione dell’innovazione, di qualunque tipo sia, e di conseguenza il dare norme alle nuove tecnologie è parte del problema attuale che è sul tavolo di giuristi, accademici ed economisti.

La pratica del consenso responsabile

In effetti se analizziamo in profondità la decantata sharing economy, la gig economy e altri modelli della new economy, possiamo capire quanto noi come persone dando il nostro consenso ad alcune innovazioni, altro non facciamo che dare spazio a modelli di sfruttamento e arricchimento su cui ricadono nostre responsabilità individuali.

Sia chiaro, l’importante è essere consapevoli di ciò, poi si proceda pure in un senso o nell’altro, responsabilmente e coscientemente, ma del resto siamo nell’epoca dei prosumer, siamo tutti produttori di ciò che consumiamo e il più delle volte siamo dipendenti occulti di terzi, grazie all’innovazione di cui siamo felici fruitori e irresponsabilmente utenti.

Un esempio per tutti, siamo diventanti “dipendenti occulti” delle banche, facciamo in autonomia le nostre operazioni, ci assumiamo la responsabilità di farle esatte, sollevando loro da ogni responsabilità, e anziché pagarci per il risparmio che loro hanno (basta leggere esuberi e trasformazioni in corso, risparmi di sedi e sportelli fisici) siamo contenti che nel salotto di casa…evitiamo le code allo sportello.

L’etica

La nascita diffusa di comitati dell’etica su vari argomenti ci deve fare riflettere, perchésiamo davanti a categorie che rischiano di cadere nel baratro della morale, del buono e del cattivo e delle dicotomie.

Evitare di cadere nel baratro della morale è semplice, grazie ad un principio ed una capacità da conquistare e diffondere con pratiche conoscitive e responsabilizzanti, l’equilibrio.

Dopotutto anche i costruttori di armi hanno una loro etica, e quindi di che parliamo?

È scontato che queste sono tracce su cui continuare una conversazione, per altro già innescata a Marzo 2019 (3).

Come sopraffare l’innovazione (digitale) e sopravvivere (felici)

Questo dovrebbe essere l’obiettivo di noi tutti, evitare di essere sopraffatti e di conseguenza sovrastare l’innovazione intorno a noi.

Atto dovuto soprattutto oggi che le aziende rischiano la loro sostenibilità grazie alla incapacità di sovrastare l’innovazione, di governarla e di essere indipendenti dai portatori di innovazione che si insinuano nei gangli aziendali, creando una dipendenza totale a strumenti, ideologie, procedure e modelli che serializzano l’azienda e la omogenizzano.

La sostenibilità possibile è quella che si richiama ad esempi come Adriano Olivetti, dove la sua azienda generava profitti e ricavi, equilibrio sociale e agiva “per rendere i lavoratori coscientemente partecipi all’indirizzo generale dell’azienda”.

La prima raccomandazione quindi è l’evitare il feticcio della crescita a tutti i costi dell’impresa, una visione diffusa che però si riflette solo su interessi di breve termine di “criceti manager e investitori” che nel correre convulsamente nella gabbia, e sapendo che il loro ciclo professionale è sempre a rischio, si riempiono le fauci di premi e bonus, e di ultra-stipendi, diventando una aristocrazia con data di scadenza.

Fatta questa raccomandazione costruire la sostenibilità dell’impresa è semplice, basta saper trovare e ben dosare gli ingredienti che seguono in ordine sparso.

📢 Responsabilità individuale

📢 Consenso consapevole — satyagraha

📢 Equilibrio

📢 Bilanciamento dinamico

📢 Resilienza resistente

📢 Educazione al cambiamento

📢 Tempestività

📢 Visione d’insieme

📢 Convivialità

📢 Solidarietà

📢 Coraggio

📢 Volontà

Ingredienti che richiedono il talento, lo studio e l’applicazione dell’ingegno umano, e sicuramente una dosa di fatica e di sacrificio che al tempo del mondo proceduralizzato, automatizzato, serializzato e omogenizzato, danno il valore della differenza tra il lavoro umano e la macchina.

Per inciso, ognuno di noi costruisca con questi ingredienti la propria ricetta, posso solo confermare che al desco con me sono sedute persone, e clienti, che colgono il valore del “cibo cucinato”, perché da l’energia per rafforzare l’operatività, la responsabilità e il loro divenire come persone, ottenendo risultati sostenibili e utili per le aziende in cui operano.

Possiamo quindi sopraffare ciò che oggi viene chiamata “innovazione”, ma è in realtà altra cosa, solo se la persona è partecipe e portatrice della propria consapevolezza e assunzione di responsabilità verso l’Altro.

Da qui partiamo.

(1) L’innovatore è un sovversivo?

(2)…. Quando giunsero all’alfabeto: «Questa scienza, o re — disse Theuth — renderà gli egiziani più sapienti e arricchirà la loro memoria, perché questa scoperta è una medicina per la sapienza e la memoria». E il re rispose: «O ingegnosissimo Theuth, una cosa è la potenza creatrice di arti nuove, altra cosa è giudicare quale grado di danno o di utilità esse posseggano per coloro che le useranno. E cosi ora tu, per benevolenza versol’alfabeto di cui sei inventore, hai esposto il contrario del suo vero effetto.  Platone, Fedro

(3) Data in cui si è tenuta la giornata di studio dal titolo “Data Ethics e la governancedella responsabilità digitale”