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Come monetizzare il mercato 5G e le scelte degli operatori

di Dario Denni - founder Europio Consulting |

Lo sviluppo di una rete 5G resta difficile da monetizzare per questo assistiamo a continui interventi difensivi e conservativi come la richiesta di innalzamento dei limiti delle emissioni elettromagnetiche, o la richiesta di 2ghz di spazio aggiuntivi su onde millimetriche.

Presto avremo i dati della mappatura della rete mobile avviata da Infratel all’interno delle attività del PNRR su cui è fortemente impegnato il Governo. Si dice spesso che il 5G non è solamente una rete 4G più veloce e invece ci ritroviamo a disporre solo in pochissime aree di una rete mobile di quarta generazione accelerata da un 5G NSA (ossia non Stand Alone), quindi un 5G non autonomo perché si appoggia ad una rete 4G preesistente. 

Indipendentemente da ciò, lo sviluppo di una rete 5G resta difficile da monetizzare per questo assistiamo a continui interventi difensivi e conservativi come la richiesta di innalzamento dei limiti delle emissioni elettromagnetiche, o la richiesta di 2ghz di spazio aggiuntivi su onde millimetriche.

Il mercato retail del 5G è ancora acerbo, ed i fortunati possessori di smartphone di ultimissima generazione cercano di intercettare una rete 5G nei centri delle principali città, ma solo per poter fare il famoso “speed test” e postare sui social il risultato. E’ chiaro quindi che manca la “killer application” del 5G – anche perché dentro casa è sufficiente che il device navighi con il WiFi, o laddove ci fosse bisogno di una bassa latenza, si preferisce usare il cavo.
A questo punto si fanno piu’ incerti i contorni del ritorno degli investimenti 5G dal mercato retail e si aprono due mercati: il B2B e il B2B2X dove la X sta nel mercato a valle dei servizi verticali. 

La scelta degli operatori mobili per ora appare difensiva e – come spiegheremo più avanti – di consolidamento.
La bassa latenza è uno dei primi vantaggi del 5G. E’ una caratteristica che promuove la nascita di servizi avanzati che si potrebbero introdurre nella robotica, nell’intelligenza artificiale, nelle auto a guida autonoma. Ma non è certamente facile vendere un prodotto con queste performance perchè non sono pronti gli apparati e nemmeno i servizi, quindi dire che c’è bassa latenza inferiore a 10millisecondi è ancora poco notiziabile. 

Ancor meno appeal sul mercato consumer ha il cosidetto “network slicing” ossia la possibilità di virtualizzare piu’ reti in un solo canale. E’ un fatto che appassiona solo i tecnici e qualche professore, ma non interessa in alcun modo l’utente finale. 

Però in un prossimo futuro, le fabbriche ed i porti potrebbero intercettare un vantaggio dallo slicing di rete, per lo meno quando e se verrà abilitata in termini regolamentari la possibilità di avere accesso diretto alle frequenze senza passare dall’operatore mobile. Per molti osservatori questo è un fatto che frena gli investimenti privati dell’operatore che perderebbe i clienti e si ritroverebbe da un lato ad aver aquisito le frequenze e dall’altro ad aver terminato i fondi per sviluppare l’infrastruttura. 

L’Europa crede nel principio di assegnazioni “investment friendly” ma l’attuazione pratica è che i bandi ci sono stati e gli operatori mobili cercano un recupero di efficienza con la petulante richiesta di aumento dei limiti elettromagnetici e con l’intervento pubblico nelle aree dove non intendono investire. Accantonato per non dire dimenticato il principio del “use it or lease it” che aveva sostituito il ben più raro “use it or loose it” in epoca di assegnazione delle frequenze.

E’ indubbiamente una scelta difensiva quella di iniziare a proporre dei pacchetti 5G alle fabbriche: assistiamo quindi ai primi esperimenti di uso del 5G (privato ma non autonomo) negli stabilimenti. Ma si tratta sempre di 5G rigorosamente Non Stand Alone, quindi di una rete 4G accelerata solo nell’accesso. Se volessimo fare un parallelismo, si ripete a grandi linee il business degli MVNO, dove il virtualizzato stavolta non è l’operatore che rivende traffico, ma è la rete dell’azienda di un non-Operatore che in questo modo resta pur sempre un cliente dell’Operatore mobile, non essendo l’azienda che usufruisce del 5G-privato una titolare di licenza nè assegnataria di frequenze.

Gli evangelisti del 5G in Italia ci rassicurano che presto avremo tutto: reti, servizi, mappature, aiuti di Stato, assegnazioni verticali, chirurgia a distanza e magari vedremo le macchine che volano. Intanto però assistiamo a fenomeni di consolidamento di cui non avevamo esperienza fino a pochi mesi fa. Stiamo parlando di curiose alleanze tra fornitori di accesso e fornitori di servizi cloud.

Vale la pena a questo punto ricordare che i benefici del 5G si ascrivono strettamente alle performance garantite ai servizi cloud – e su questi ci sarebbe anche un modo di remunerare bene gli investimenti – ma lo squilibrio di forze tra operatori internet e operatori OTT è macroscopico sotto ogni punto di vista: di forza di mercato, di regole e adempimenti, di capacità di investimenti.  Le alleanze in corso tra operatori e fornitori di servizi cloud non suonano come una semplice unione di forze, ma hanno il sapore di accordi squilibriati di ricerca di valore dove qualcuno sembra avere qualche vantaggio in più. 

A questo punto il quadro è completo. A fronte degli innegabili vantaggi di una rete tutta 5G (ossia 5G NR SA) ci ritroviamo di fronte a operatori in affanno con gli investimenti, con incertezze di mercato e regolatorie che non permettono di muovere passi in autonomia, e spesso accompagnati da nuovi amici OTT a cui poco prima avevano fatto la guerra.