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Collezionismo nell’era digitale, tra vintage e NFT

di Antonio Sepe, digital consultant |

Tralasciando l’enorme mondo delle crypto valute, possiamo avere una breve panoramica di queste nuove valute e le modalità con cui usufruirne, concentrandoci su quelle che più di tutte sono diventati la moneta di scambio dei nuovi fruitori di arte e di collezionismo.

Se il vintage è il nuovo business, se l’usato è oramai sinonimo di rinnovo, nell’era digitale il collezionismo sviluppa nuove forme e si evolve. Tra mercatini dell’usato e vecchie cantine che contengono tesori, si fa spazio un nuovo metodo di collezionare oggetti non più tangibili e, di conseguenza, sicuramente meno ingombranti. Proviamo, in poche righe, a raccontarvi come un mondo fatto di polvere e ricordi si stia trasformando ed evolvendo in una nuova era votata al digitale.

Monete, modellini, libri, abiti, gioielli e per fino i giocattoli con il tempo acquistano valore (per qualcuno) o diventano veri oggetti di culto per chi ne riconosce il vero valore. I mercatini dell’usato, infatti, sono luoghi in cui si fondono oggetti e storie, polvere e cianfrusaglie. Ma nell’era digitale qualcosa è cambiato.

Nel 1995 Pierre Omidyar sfrutta due concetti molto semplici: ci sarà sempre qualcuno che avrà qualcosa di inutile da vendere e qualcuno che vorrà comprarlo. Il motivo? Presto detto: il collezionismo. Il primo oggetto venduto su Ebay, infatti, è un puntatore laser rotto. Il compratore ha dichiarato che sapeva cosa stesse comprando e il motivo per cui lo avrebbe fatto era proprio per collezionismo.

Da allora è nata e cresciuta la piattaforma di compra-vendita più famosa al mondo. Oggi milioni di collezionisti trovano il loro paradiso su questo sito ma Ebay ha solo dato il via a una rivoluzione che, di lì a poco, avrebbe coinvolto anche social network. Se solo pensiamo al marketplace di Facebook, ci accorgiamo di quanto il mondo del vintage e dell’usato sia parte del nostro tessuto culturale, collezionismo compreso.

Milioni di collezionisti hanno avuto la possibilità di poter mostrare al mondo intero le cose di cui disponevano poiché, da quando è nato, Internet è la più grande vetrina che possa mai esistere; ma mentre monete e banconote stanno gradualmente sparendo, si spalanca una porta su nuove valute e modi di commerciare beni e servizi e soprattutto le modalità con le quali brand e aziende si stanno muovendo in una direzione più virtuale in cui le monete non sono più tangibili.

Tralasciando l’enorme mondo delle crypto valute, possiamo avere una breve panoramica di queste nuove valute e le modalità con cui usufruirne, concentrandoci su quelle che più di tutte sono diventati la moneta di scambio dei nuovi fruitori di arte e di collezionismo.

Gli NFT (acronimo di non fungible token) sono sistemi che permettono di autenticare l’unicità di un bene digitale, in altre parole non sono altro che un certificato. È possibile quindi, da quando esistono gli NFT, avvalersi della proprietà intellettuale di materiale digitale o creato online. Questa valuta è trasferibile ma non può essere interscambiata. Se pensiamo che gli artisti digitali, fino a poco tempo fa, non potevano reclamare la proprietà intellettuale delle loro opere e performance, questo ci fa capire come gli NFT siano fondamentali per il nuovo modo di concepire l’arte.

Gli stessi valori e i processi che regolano la compravendita di queste opere sono regolamentati dalla tecnologia della blockchain, oggi ancora poco conosciuta ma sempre più diffusa e di cui è già possibile studiarne il funzionamento e le migliori applicazioni in corsi online come quelli offerti da Digital Coach, che affronta, oltre al mondo del Digital Marketing, anche tali argomenti tanto da essere una scuola già specifica per corsi sulla blockchain.

Bisogna però fare una piccola precisazione sul concetto di proprietà di un NFT. Il proprietario che detiene l’opera non ha accesso esclusivo all’opera, poiché l’opera digitale è facilmente replicabile e pubblicabile da tutti. Se ne detiene insomma l’autenticità, non la proprietà in sé. In un’epoca di iper-connessione non è difficile pensare che il processo di digitalizzazione si sia allargato fino ad arrivare a prodotti collezionabili, anche quelli rari.

Ora è possibile trovare in un museo, luogo che un tempo ospitava statue, bronzi o quadri, led wall con opere d’arte in formato digitale che valgono milioni. Eppure, l’idea di un museo digitale fino a qualche anno fa sembrava una follia per gli stessi fruitori d’arte. Lo stesso mercato di opere d’arte si è sempre dimostrato restio all’adozione delle nuove tecnologie.

Un altro esempio di collezione digitale è quella di “diamanti”: i Bitmonds. Questi speciali preziosi si possono regalare, rivendere e addirittura “sfoggiare” sui propri device digitali. A differenza dei diamanti reali, qui non c’è possibilità di perdita dell’oggetto o di smarrimento, non si usurano e sono facili da trasportare, basta sbloccare il proprio smartphone e la nostra collezione è lì. E quando non avremo più voglia del nostro diamante, come per quelli veri, potremo sempre venderli su Ebay o su qualche store digitale, direttamente dal nostro pc.

Sempre più spesso oramai le copie fisiche di un prodotto, di un oggetto si stanno riducendo a discapito della sua forma digitale. Uno dei casi emblematici che ci racconta il fenomeno in evoluzione del collezionismo di oggetti fisici che diventano NFT è quello di Funko, che ha da qualche mese rilasciato una versione prima digitale e poi a tiratura limitata di uno dei suoi POP! dedicata a un’iconica copertina di Batman.

Dunque, per tornare al nostro incipit, anche il vintage finisce nel mondo dei NFT.
Gli oggetti, i capi di abbigliamento, le auto e persino gli animali vengono trasformati in NFT da collezionare: esemplare nel campo della moda è il retailer Patreots, che ha digitalizzato un intero magazzino fatto di cappotti, t-shirt e cappelli usati e rivenduto poi le loro copie digitali a prezzi esorbitanti (si stimano attualmente cifre tra i 10 e i 15 mila dollari a indumento). Oppure CryptoKitties, che invece permette al collezionista più incallito di avere la sua personale collezione di gatti (sempre in NFT) e di poterli sfamare, vestire e scambiare a proprio piacimento… senza l’onere di dover cambiare la lettiera!

Se da un lato troviamo ancora grandi amatori dei mercatini delle pulci, le nuove generazioni stanno virando sempre di più su un approccio less is more. Il digitale permette ai nuovi collezionisti di modernizzare il mercato e rendere più democratici e trasparenti gli acquisti che si fanno, oltre a un maggior dinamismo negli oggetti da scambiare. Non esiste ovviamente una verità unica: digitale e analogico continueranno a convivere per molto tempo ancora. In attesa di trasferire la nostra collezione nel Metaverso, alcuni si godranno le proprie vetrine piene di oggetti, ad altri invece basterà controllare il proprio smartphone per sapere a che punto è con la collezione di figurine in formato NFT.