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CO2, dalla sua trasformazione si ottiene cibo. Siamo pronti a mangiare carne e formaggi ‘artificiali’?

L’industria alimentare inquina, usiamo l’inquinamento per produrre cibo

Quando mangiamo un hamburger di manzo produciamo più di 2 kg di CO2. Secondo stime delle Nazioni Unite, nel 2015 l’industria lattiero-casearia ha prodotto oltre 1.7 miliardi di tonnellate di anidride carbonica.

Allargando lo sguardo all’intera industria alimentare, possiamo dire che il cibo e l’agricoltura rappresentano oggi oltre un quarto delle emissioni globali di gas serra e sono responsabili di oltre il 70% del consumo di acqua dolce (attualmente un essere umano su tre al mondo non ha accesso all’acqua potabile).

Siamo già più di 8 miliardi di esseri umani ed entro il 2050 supereremo i 10 miliardi. Nel 2020 la FAO ha stimato che nel mondo più di 85 miliardi di animali sono allevati ogni anno per la produzione di cibo: 77 miliardi sono stati macellati per la carne e 7,5 miliardi di galline ovaiole hanno prodotto 1400 miliardi di uova, mentre 280 milioni di vacche hanno prodotto 660 miliardi di litri di latte.

Per rendere meglio l’idea: il 24% della superficie terrestre globale è occupato, direttamente o indirettamente, da bovini. In Australia, la popolazione bovina supera quella umana del 40%. In Sudamerica ci sono mediamente nove vacche ogni dieci persone.

Un sistema che evidentemente non è più sostenibile, anche perché più cresce questa industria, più si deforesta, più si perde biodiversità e più si inquina. Uno scenario terrificante.

Diverse imprese al mondo sono impegnate a ribaltare la situazione: invece di produrre cibo ed emettere CO2, partire dalla CO2 per produrre cibo.

Sembra qualcosa di inverosimile, ma è esattamente quello che promette il sistema di fermentazione di precisione, che consiste nella produzione di proteine purificate utilizzando microrganismi geneticamente modificati (lieviti, batteri, alghe).

Un sistema derivato dall’industria farmaceutica e dai laboratori di editing genetico (da cui si ottengono anche gli antibiotici di largo utilizzo). I microrganismi sintetizzano le proteine che sono recuperate e purificate per essere impiegate nella produzione alimentare.

In questa fermentazione si combina in sostanza un antico processo di fermentazione (utilizzato per produrre pane e birra) con la biologia sintetica, l’ingegneria e anche un po’ di ICT.

Ottenere amminoacidi e quindi proteine dalla CO2

Nello specifico, una startup austriaca, Arkeon, ha individuato dei microbi che vivono in un vulcano sottomarino, ad alte pressioni e temperature e con pochissimi nutrienti a disposizione, che sostanzialmente si cibano di gas.

Da qui parte il progetto di trasformazione di CO2 in amminoacidi tramite fermentazione gassosa, che è molto simile alla fermentazione di precisione, solo che invece di nutrire i microbi con zuccheri, si offre loro CO2 e idrogeno.

Da questi amminoacidi in polvere si producono proteine da impiegare nell’industria alimentare, in particolare in quella sintetica, che offre al mercato carne e formaggi ottenuti da processi di laboratorio dove si applica la biologia sintetica.

Arkeon punta a portare sul mercato i suoi amminoacidi ottenuti da CO2 da impiegare nel settore della cosmetica entro il 2024, per poi inserirsi nel mercato dei prodotti alimentari entro il 2026.

A livello di produzione, il problema principale sembra essere l’idrogeno, in particolare quello verde. Attualmente il 60% dei costi deriva da questo punto chiave: la CO2 è facile da ottenere (anche da una delle tante soluzioni di cattura e riutilizzo del diossido di carbonio, o CCUS), ma l’idrogeno verde ottenuto da elettrolisi alimentata da fonti energetiche rinnovabili è al momento ancora costoso, soprattutto per il trasporto.

Carne e formaggi “sintetici”, negli USA in vendita il primo “pollo artificiale”

Non stiamo parlando di prodotti alimentari di tipo vegano e vegetariano, che sostituiscono le proteine animali con altre vegetali, ma di proteine ottenute in laboratorio, da cui procedere alla produzione di carne e formaggi (forse pesce) direttamente in vitro (dal punto di vista nutrizionale, assicurano gli scienziati, sono prodotti completi e sicuri).

L’obiettivo è offrire ai consumatori bistecche da carne sintetica che hanno lo stesso identico sapore di quelle ottenute da un’animale da allevamento, con il vantaggio di non inquinare, di non consumare risorse naturali e di non dover uccidere l’animale stesso.

Tecnicamente parlando, la carne sintetica è un alimento proteico ricavato per agricoltura cito/istologica in vitro di cellule/tessuto animale.

A novembre 2022, la Food and drug americana ha dato il via libera alla prima carne di pollo prodotta in laboratorio tramite biologia sintetica. In molti si aspettano la stessa cosa in Europa già a partire da quest’anno.

Molti politici, tra cui la stessa Premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, si sono detti contrari a questo tipo di produzione alimentare, invocando figure romanzesche come Frankenstein, ma già oggi gli animali in allevamenti intensivi sono sottoposti a pesante manipolazione genetica. D’altronde, come è possibile che un pollo di oggi, come il Broiler, cresca ad una velocità che è il 400% superiore rispetto ad un pollo allevato nel 1950? E oggi il 90% dei polli macellati per alimentazione umana sono cresciuti così.
Grazie all’editing genetico si vogliono creare nuove razze di animali resistenti alle malattie, al caldo e alla siccità. La nostra alimentazione è di fatto già artificiale.

Un mercato che crescerà sempre di più

Arkeon non è l’unica startup che lavora sulla fermentazione gassosa per ottenere alla fine delle proteine artificiali. C’è la finlandese Solar Foods, che ha raccolto 76 milioni di dollari e ha visto i suoi primi prodotti approvati per il consumo dalle autorità di Singapore.

Il metodo Solar Foods è leggermente diverso da Arkeon; la sua proteina è prodotta dai microbi stessi, piuttosto che dagli amminoacidi ottenuti da CO2 e idrogeno.

Ci sono anche aziende che lavorano alla conversione della CO2 in alimenti per animali, come Deep Branch, con sede a Nottingham nel Regno Unito, e Calysta, con sede negli Stati Uniti.

Calysta ha raccolto 30 milioni di dollari dalla multinazionale BP, dimostrando l’interesse delle compagnie energetiche per la catena del valore della CO2 riciclata.

Ci sono anche aziende come Second Circle, infine, con sede a Berlino, che utilizza la fermentazione del gas e un microbo trovato nel letame di cavallo per trasformare la CO2 in sostanze da utilizzare nell’industria chimica.

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