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Cloud nazionale, primo ok del Parlamento. F. Bassan: “Solo primo passo, ma direzione giusta”

Nella relazione sulle linee guida del governo, ieri le commissioni Bilancio e Politiche Ue hanno raccomandato “di dare impulso a un grande partenariato pubblico-privato per la realizzazione dell’infrastruttura fisica per un cloud nazionale su cui basare servizi e piattaforme del settore pubblico e privato, attraverso una duplice iniziativa: la realizzazione del Polo strategico nazionale della pubblica amministrazione e l’impulso ad un grande partenariato pubblico-privato per la realizzazione del cloud pubblico italiano a cui partecipino le aziende italiane pubbliche e private con dimostrata competenza nel settore”. Le commissioni precisano che “anche la realizzazione della Strategia per l’intelligenza artificiale si può basare solo sull’esistenza del cloud nazionale per essere artefici e non meri consumatori di intelligenza artificiale”. 

Fabio Bassan, professore ordinario di Diritto Internazionale all’Università Roma Tre, da tempo sta sostenendo questa tesi, espressa in più occasioni, anche in precedenti interviste su Key4biz.

Key4biz. Cosa pensa di questo risultato?

Fabio Bassan. La mia tesi muoveva dai risultati di una ricerca conclusa lo scorso anno con il libro (Potere dell’algoritmo e resistenza dei mercati in Italia) che individuava problemi e ipotizzava alcune soluzioni. I problemi nascevano dal fatto che nei vari settori dei servizi regolati (banche, assicurazioni, mercati finanziari, energia, comunicazioni, ecc…) le imprese in Italia non erano pronte ad affrontare la sfida della digitalizzazione, portata da operatori che hanno un core business trasversale (la gestione dei dati), hanno goduto di una sandbox ante-litteram  (operando in un ambiente deregolamentato) e possono ora entrare in questi mercati a condizioni (tecniche ed economiche) non sostenibili per gli operatori tradizionali, per i quali la gestione dei dati è solo una modalità – neanche troppo sfruttata – per fornire i servizi, e sono onerate dai costi dell’infrastruttura fisica tradizionale.

Muovendo da questo presupposto e dalla constatazione che nessun settore è in grado, da solo, di sopportare i costi per un investimento che consenta di colmare questo gap, ho proposto la creazione di un’infrastruttura nazionale indipendente, non verticalmente integrata, costituita da imprese sia private sia partecipate dallo Stato, in grado di condividere infrastrutture fisiche (datacenter) e tecnologiche (cloud) da mettere a disposizione di chiunque operi in Italia, a condizioni eque e non discriminatorie, sulla base di una prassi consolidata nella regolazione e concorrenza europea e nazionale.  

Key4biz. L’hanno accusata di ‘statalismo’, di proporre un ‘cloud di stato’ e un ‘ritorno al monopolio’

Fabio Bassan. Ho letto. Per prevenire queste reazioni ho precisato in tutte le interviste che con non mi riferivo all’infrastruttura di trasporto e che il tema della cosiddetta rete unica non era rilevante: rileva che la fibra sia diffusa in modo capillare, poiché è il presupposto dell’infrastruttura cloud e, nel futuro prossimo immediato, della blockchain. Che questo avvenga perché la rete in fibra è unica, o perché si vi sia condivisione di elementi di rete e risorse (secondo lo schema consentito dal Codice delle comunicazioni elettronico europeo) è neutro, su un piano tecnico. Non lo è, mi rendo conto, su altri piani. 

Key4biz. Però lei parla di un’infrastruttura unica nazionale

Fabio Bassan. Il libro con la proposta di una ‘piattaforma cloud’ l’ho pubblicato nel giugno 2019. Da allora, si sono sviluppati progetti europei per il Cloud (Gaia X), la Commissione europea ha proposto l’obiettivo suggestivo della ‘Europe as a platform’, la pandemia infine ha contribuito a creare una consapevolezza collettiva dell’urgenza di uno sviluppo dei servizi in ambiente digitale. Si tratta di stabilire se l’obiettivo potrà raggiungersi attraverso una naturale evoluzione dei mercati o se sia necessaria, o anche solo opportuna, un’azione di coordinamento o di orientamento dei governi. Quella che una volta veniva definita ‘politica industriale’, oggi si è trasformata in ‘politica europea di sviluppo solidale necessaria’. In questa prospettiva, la territorialità torna elemento fondamentale. Che i dati siano conservati in datacenter localizzati in Europa è una necessità rappresentata ormai a tutti i livelli. E’ l’unico modo per garantire il rispetto delle norme europee, ad esempio, in materia di protezione dei dati e, più in generale, di garantire il welfare che vogliamo, che è diverso, storicamente, da quello di altre culture giuridiche. Per consentire un’applicazione ‘extraterritoriale’ alle norme europee possiamo affidarci solo al cd. ‘Brussel’s effect’: molti altri paesi le applicano perché le ritengono efficienti ed efficaci e perché condividono le garanzie che offrono. L’infrastruttura cloud nazionale e quella europea di cui parlo, muovono da questi presupposti. 

Key4biz. Le commissioni parlamentari richiamano anche l’intelligenza artificiale. Come entra in gioco tutto questo?

Fabio Bassan. L’intelligenza artificiale è un universo complesso. Per quanto riguarda i servizi di cui abbiamo parlato, una delle applicazioni, il machine learning presuppone, tra l’altro, una gran mole di dati. I dati sono conservati nei datacenter. Di nuovo, si torna a quanto detto sopra. L’internet delle cose moltiplicherà i dati disponibili. La Commissione europea ha stanziato fondi per la creazione di Poli Europei per l’Innovazione digitale e per la creazione di un ambiente idoneo a questo sviluppo. Le istituzioni hanno grande consapevolezza degli interessi in gioco, e volontà di essere protagonisti dell’evoluzione e quindi potenziali beneficiari, non solo destinatari. Il mercato in Europa c’è e si evolve, il pubblico funge da stimolo e inevitabilmente, in qualche modo, orienta. 

Key4biz. Lei riteneva possibile utilizzare a questi fini anche parte dei fondi del Recovery fund? È quello che hanno ribadito ieri le commissioni parlamentari

Fabio Bassan. Presentare progetti alla Commissione europea è tradizionalmente complesso per i governi italiani. Ogni ipotesi predittiva deve misurarsi con una serie storica di stime non realizzate a causa delle rigidità dei nostri mercati che a Bruxelles sono ben note. Ora, il progetto di un’infrastruttura cloud che risolva un fallimento di mercato, si inserisca in un percorso dell’Unione ben delineato  e offra servizi alle condizioni che ho elencato, partecipata da imprese che mettano a fattor comune tecnologie e sviluppo, consentirebbe di creare un soggetto non diverso ad esempio da SNAM o Terna, la cui remunerazione potrebbe essere vicina a quella di una utility, che acquisirebbe in breve tempo un valore di mercato significativo, sarebbe volano di uno sviluppo di tecnologie e servizi, facilmente misurabile a posteriori. Non dovrebbe avere difficoltà a superare lo screening della Commissione, credo. Quanto all’opportunità di realizzarlo, anche utilizzando in parte il Recovery Fund, è valutazione di natura politica.

Key4biz. Insomma, la battaglia è vinta?

Fabio Bassan. Scherza, non è neanche iniziata. Siamo in una fase in cui il consenso inizia ad essere convinto e generalizzato. Ora si tratta di valutare se, chi e come potrà realizzare un simile progetto. In questa fase contingente, si stanno realizzando obiettivi che anche solo qualche mese fa erano impensabili, per cui resto ottimista. 

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