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Cloud, è guerra aperta tra i giganti del web

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La sfida tra i giganti di internet si sta spostando sempre più sul cloud. Amazon, Google, Microsoft e IBM sono in guerra per assicurarsi la fetta più grossa di questo crescente mercato.

E così, mentre diventa sempre più evidente la mancanza in Italia di una politica nazionale per proteggere i dati dei cittadini oggi ospitati su cloud, gli operatori del settore continuano a far cassa.

Amazon ha pubblicato per la prima volta i dati di Amazon Web Services (AWS) che mostrano una salute florida.

Nel primo trimestre del 2015 il fatturato è cresciuto del 49% sull’anno per attestarsi a 1,57 miliardi di dollari con un utile operativo di 265 milioni.

Secondo il Ceo Jeff Bezos, le vendite arriveranno a 5 miliardi di dollari.

Le previsioni degli analisti sono ancora più ottimistiche e le danno tra i 6 e i 9 miliardi.

Si infiamma però la guerra con Microsoft che segna un aumento sul trimestre del 106% per le entrate derivate dal cloud che generano un fatturato da 6,3 miliardi.

Ufficialmente quindi supera Amazon. Ma non è proprio così, in quanto Microsoft include anche Office 365 (suite da ufficio online) mentre Azure (la piattaforma cloud) ne è solo una parte.

Sul mercato infatti Amazon Web Services rappresenta il 30% contro l’11% di Microsoft, stando alle stime di Synergy Research Group.

“La loro forza è quella di avere un’offerta più ricca, con una vasta gamma di opzioni e un vasto ecosistema“, spiega Anthony Sollinger, cofondatore di CloudScreener, una società che misura le performance dei servizi cloud.

Amazon ha saputo attirare delle startup che hanno sviluppato servizi complementari alla sua offerta cloud, un di più per i clienti.

“La comunità degli sviluppatori ha per esempio messo a punto dei servizi che permettono ai clienti di ottimizzare l’uso del cloud di AWS“, indica Sollinger.

AWS, che ha costruito la propria reputation su prezzi molto competitivi, non è però il più vantaggioso.

Il proprio competitor Google, con una quota di mercato di circa il 5%, si è mostrato molto più aggressivo.

Il primo mese, osserva Solliger, può offrire fino al 30% senza condizioni.

Fedele alla sua reputation, Microsoft pratica prezzi più alti rispetti ai propri concorrenti ma ha il vantaggio di contare su relazioni privilegiate con le aziende su altri prodotti. Cosa che lo agevola nella missione di guadagnare più clienti per la piattaforma Azure.

Altra cosa che aiuta Microsoft in Europa è che è l’unico a fatturare i clienti in euro mentre Google e IBM fanno pagare in dollari.
Da febbraio invece pure AWS supporta il pagamento con carta di credito anche in euro – e altre undici valute.

L’apprezzamento del dollaro ha tuttavia ridotto le differenze di prezzo tra Microsoft e i suoi concorrenti.

Un altro player che pratica tariffe costose è IBM che offre SoftLayer. Big Blue, che ha molto investito su questo settore e il cui cloud pesa ormai alcuni miliardi sul fatturato, ha il vantaggio di proporre una ricca gamma di funzioni.

E sì, perché la battaglia si gioca sempre più anche sul terreno dei servizi.

In ogni caso, l’acquisto delle banche dati non è alla portata di tutti. Ed è proprio qui che Amazon intende vincere la sfida.

Resta però il grave vuoto di policy sul cloud.

Questo è un problema che riguarda soprattutto l’Italia che è ancora uno dei pochi paesi europei a non aver fatto alcuna scelta per proteggere i dati dei propri cittadini oggi ospitati su cloud.

Necessario quindi che il governo Renzi decida subito una politica nazionale di cloud, specie a ridosso della nomina del nuovo direttore dell’AgID, che fissi le semplici regole necessarie perché l’Italia diventi un Paese come gli altri, attento alla protezione e tutela dei dati dei propri cittadini, rigoroso nella difesa della propria sovranità nazionale.

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