Lo studio

Clean energy, l’Italia rilancia l’idrogeno nell’agenda energetica mondiale

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Pubblicato su Nature Communications uno studio coordinato da ricercatori universitari italiani sulle nanotecnologie applicate all’idrogeno: vicini alla sua produzione al 100% pulita.

Un’economia basata sull’idrogeno (H2) e non sui combustibili fossili potrebbe essere l’unico modo per il genere umano di evitare quella che la giornalista americana Elizabeth Kolbert, Premio Pulitzer nel 2015, ha definito la ‘sesta estinzione di massa’ della vita sul pianeta Terra.

L’idrogeno non è proprio una fonte energetica rinnovabile, è più un vettore energetico, cioè un composto in grado di veicolare l’energia da una forma all’altra, ma la cosa che più ci interessa è che può fare in maniera pulita, cioè generando clean energy.

 

Sulla rivista internazionale “Nature Communications” è stato pubblicato lo studio sulla produzione di idrogeno dall’acqua grazie ad un nuovo processo più efficiente, condotto da un team di ricercatori coordinato dai Prof. Maurizio Prato e Paolo Fornasiero dell’Università di Trieste, insieme ai gruppi del professor Francesco Paolucci dell’Università di Bologna e della professoressa Marcella Bonchio dell’Università di Padova.

La squadra di ricerca, che era composta dalle Università di Trieste, Bologna, Padova, dal CNR di Parma, dal Consorzio INSTM, dall’istituto ICCOM-CNR, dal CIC Biomagune di San Sebastian e dalle Università della Pennsylvania e di Stanford, ha lavorato nello specifico al design e alla preparazione di nuovi nanomateriali, eccezionalmente efficaci per la produzione di idrogeno da elettrolisi dell’acqua.

A parità di peso – ha spiegato il prof. Maurizio Prato – l’idrogeno contiene quasi tre volte il contenuto energetico del gas naturale, e la sua combustione porta semplicemente alla produzione di acqua. Sembra impossibile immaginare a prima vista una fonte energetica più pulita”.

Un modo di generare energia al 100% green che però, ha sottolineato il docente, “nasconde in realtà insidie che finora ne hanno rallentato l’utilizzo in campo energetico”.

L’H2 è un vettore energetico, come abbiamo detto, e sulla Terra non ne esistono miniere o riserve come per carbone e petrolio. Ciò significa che esso deve essere in qualche modo “prodotto” e la sua produzione è al momento un business multimilionario, essendo l’H2 utilizzato in diversi settori industriali, che passa per la trasformazione di metano in idrogeno e monossido di carbonio, un processo di sicuro non sostenibile visto che si basa sull’utilizzo combustibili fossili.

La via di uscita ci è data dalle nanotecnologie. È possibile, si legge nella nota ufficiale dell’ateneo triestino, ottenere una “produzione sostenibile di idrogeno partendo da fonti interamente rinnovabili”. “L’acqua, molecola che ha permesso la vita sulla Terra, può oggi dare vita anche a una rivoluzione in campo energetico. L’idrogeno infatti può essere prodotto dall’acqua grazie a un processo elettrochimico, pulito ed efficiente, noto come elettrolisi”, ha detto il dr. Michele Melchionna che ha curato la sintesi dei nuovi catalizzatori.

Negli ultimi anni, infatti, è emersa la possibilità significaiva di combinare su scala nanometrica più componenti collegati tra loro in un ordine strutturale ben definito. Tali composti sono stati battezzati “nanomateriali gerarchici” e sembra che abbiano le potenzialità giuste per stimolare quel decisivo passo in avanti anche nell’ambito della produzione sostenibile di H2.