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City. risks: la sicurezza urbana nell’Ue è sempre più mobile

Nei prossimi tre decenni le città di tutto il mondo vedranno aumentare la popolazione dell’84%. Si tratta di un fenomeno globale che prende le mosse dalla globalizzazione e dalla finanziarizzazione delle attività economiche, con il fenomeno dell’urbanizzazione globale in crescita del 70%.

Le Nazioni Unite ce l’hanno detto già da qualche anno: gli abitanti delle megalopoli di tutto il mondo saranno 6,4 miliardi nel 2050. Questo significa che l’impatto ambientale delle aree urbane sarà devastante se non preventivamente attenuato, ma anche che l’ambiente urbano di per sé sarà più complesso.

Una complessità che non necessariamente deve degradarsi ad ostilità e minaccia per la sicurezza personale di chi abita le metropoli. I progetti smart city lanciati in diverse città di tutto il mondo tendono proprio a mitigare tensioni e conflitti, promuovendo inclusione sociale e accesso al lavoro, offerta culturale e partecipazione dal basso nella gestione dei beni comuni.

L’Unione europea ha deciso dal 2015 di correre ai ripari, cercando di contestualizzare la percezione dell’insicurezza (spesso veicolata dai media, più che legata a fatti di cronaca) a favore di un più oggettivo sguardo sul quartiere e la città nel suo complesso, lanciando il progetto “City.Risks”.

Una piattaforma finanziata dall’Unione europea con 4 milioni di euro, inserita all’interno del programma quadro europeo per la Ricerca e l’Innovazione “Horizon 2020”, che vede coinvolti diversi enti di ricerca e amministrazioni pubbliche di Germania, Grecia, Regno Unito, Svezia, Bulgaria, Austria.

Partner italiani dell’iniziativa sono il Comune di Prato e la Città di Roma.

Il modo per raggiungere questo risultato è far partecipare le persone alla vita della comunità, favorendo il dialogo e l’incontro attorno a tematiche comuni, a problemi comuni, fornendo informazioni e garantendo interventi rapidi, sia per proteggere i cittadini dal cadere vittime di attività criminali, sia per fornire risposte ed assistenza più tempestive ed efficaci.

Per fare ciò, si legge in una nota dell’Associazione nazionale Comuni italiani (Anci), il progetto utilizza un insieme di tecnologie innovative, le infrastrutture urbane ICT e diverse fonti di dati (open data), ma soprattutto pone al centro della nostra quotidianità (più di quanto già non lo siano) lo smartphone e i tablet, strumenti moderni per aumentare la percezione della sicurezza del singolo e della collettività.

Attraverso “City.Risks” viene progettato e sviluppato un ecosistema innovativo di applicazioni mobili, che trasformeranno i dispositivi di connessione mobile dei cittadini in strumenti per raccogliere, visualizzare e condividere, con le autorità e la comunità, le informazioni critiche per la sicurezza.

Questo perché in mancanza di una condivisione di intenti e soluzioni si può facilmente scadere nella conflittualità e nella devianza, intesa qui come devianza dagli obiettivi sociali comuni, quindi adesione a organizzazioni criminali.

Violenza sessuale, traffico di droga, rapine, omicidi, furti in casa, furti di auto, furti nei negozi, vandalismo, aggressioni, sono i reati più diffusi in ambiente urbano. Alcuni in aumento, altri in diminuzione, ma tutti concentrati nelle aree urbane più grandi. Parigi, Madrid, Barcellona, Budapest, Belgrado, Atene, Varsavia, sono queste le città considerate tra le più pericolose d’Europa secondo il “Quality of Living Index” di Cerver.

In questa poco invidiabile classifica, sono entrate anche Roma e Milano.

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