Il titolario

Cittadini attivi. Scuola: voto insufficiente in archivistica

di Gianni Penzo Doria |

Approvato il titolario unico nazionale per gli istituti scolastici. Ma serve ancora uno strumento del genere?

Un gruppo attivo di cittadini che propone un modo diverso di raccontare la trasformazione della Pubblica Amministrazione. Sono le donne e gli uomini che hanno dato vita alla rubrica “Cittadini Attivi” su Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.
  1. Titulus Scuola e il nuovo titolario

Nell’ambito del progetto Titulus Scuola, in questi giorni il Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo ha approvato il titolario unico nazionale per gli archivi degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado.

La Direzione Generale Archivi del MiBACT, grazie alla caparbietà di Micaela Procaccia e di Elisabetta Reale, con Circolare 24 gennaio 2017, n. 8 a firma del DG Gino Famiglietti, ha formalizzato questo importante e imprescindibile strumento di organizzazione dell’archivio corrente.

Ma ora: perché il MiBACT e non il Ministero dell’Istruzione? Cos’è un titolario? Serve ancora questo strumento nell’èra dell’informatica?

Proveremo a rispondere a queste tre domande, apparentemente semplici, nei paragrafi seguenti.

  1. La vigilanza sugli archivi scolastici italiani

Dagli albori del terzo millennio, le scuole non sono più statali, ma amministrazioni pubbliche. Ciò è avvenuto dal 1° gennaio 2001 in virtù del regolamento attuativo della legge 59/1997 (cosiddetta legge “Bassanini 1”), contenuto nel DPR 275/1999. Si tratta, in buona sostanza, di quello che di lì a poco avremmo imparato a conoscere come autonomia scolastica.

In Italia, con limitatissime eccezioni istituzionali, gli archivi di tutte le amministrazioni – statali e non statali – sono soggette alla tutela prevista dal Codice dei beni culturali (D.Lgs. 42/2004). Tale tutela si esercita con due differenti istituti giuridici. Da una parte, la sorveglianza per gli archivi statali per il tramite degli Archivi di Stato, dall’altra la vigilanza per il tramite delle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche. Di conseguenza, la competenza del Ministero dell’Istruzione riguarda, nel rispetto dell’autonomia, il funzionamento complessivo delle scuole, mentre la tutela dei beni culturali in esse conservati e valorizzati (archivi, biblioteche, collezioni museali, etc.) rimane in capo al dicastero dei beni culturali.

  1. Il titolario: dal bricolage amministrativo alla enucleazione funzionale

Ognuno di noi – nella vita privata e in quella professionale ordina – o, archivisticamente, classifica – le cose, gli eventi, i documenti. La classificazione è un comportamento neurologico al quale il nostro cervello è allenato da sempre: classifichiamo eventi, pericoli, situazioni.

Nelle istituzioni scolastiche, come in tutti gli enti pubblici, dobbiamo anche classificare i documenti, per poi poterli organizzare in fascicoli o in serie, sia in ambiente tradizionale, sia in ambiente digitale. La classificazione, inoltre, è uno degli elementi obbligatori del protocollo informatico e della segnatura: si tratta di un metadato fondamentale per la sedimentazione organica della memoria di un soggetto produttore.

Prima di Titulus Scuola, ogni Dirigente scolastico, ogni DSGA (il “Direttore amministrativo”) aveva provveduto, sulla base della propria esperienza o mutuandone la struttura da altri esempi, a organizzare l’archivio secondo una propria logica: l’ordine personale.

L’errore è più frequente di quanto si possa pensare e spesso rappresenta una sorta di bricolage amministrativo, un fai-da-te assai frequente. L’ordine è un concetto soggettivo e, come tale, deve essere percepito come tale, mai assoluto. In queste circostanze, fino a quando la persona che lo ha concepito continua a lavorare in quell’archivio, le carte si ritroveranno a naso, a lume, a caso. Ma, al primo cambio di ruolo o al primo trasferimento, la tentazione più grande e più seguita dagli amministrativi è la riclassificazione del pregresso nel nuovo titolario oppure la continua stratificazione dello strumento, con aggiunte, chiose e rimandi, in un’imperterrita e improbabile rincorsa all’aggiornamento normativo-funzionale. Ciò è in contrasto con il ruolo educativo della scuola: come fa un’istituzione che insegna la storia alle future generazioni a non tutelare la propria? Merita un bel 5 in pagella!

Il titolario, infatti, è uno strumento altamente professionale e la propria forza sta nella semplicità d’uso. Tuttavia, per assolvere a questa funzione, devono essere elaborati criteri di descrizione funzionale condivisi. Meno articolato è, maggiore sarà l’efficacia applicativa e l’immediatezza nell’utilizzo. Per queste ragioni, un buon titolario deve essere organizzato su due livelli (gradi divisionali), al massimo tre in casi specifici, e non deve superare le 200 voci. In caso contrario, diventerebbe un elenco telefonico di uffici, di prassi, di procedure, di attività parcellizzate e non certo di funzioni. Non è, dunque, un organigramma, ma un funzionigramma.

Esso si base sulle funzioni esercitate dalle scuole, ricavabili essenzialmente dall’ordinamento giuridico e dall’assetto organico-istituzionale. Potremmo definirlo come una tassonomia gerarchica funzionale, cioè un ordine messo in sequenza in base alle funzioni esercitate. Al cambiare delle funzioni, cambierà anche il titolario, attraverso una procedura di aggiornamento continuo. Insomma, è uno strumento stabile nel tempo, ma dinamico (non statico) al variare delle funzioni.

Serve ancora un titolario nel mondo digitale?

Il mito della ricerca globale sulle banche dati ha fatto ritenere a molti che l’organizzazione archivistica fosse un evento ormai superato dall’ingresso prepotente delle nuove tecnologie e, in particolare, di quelle di information retrieval.

Di contro, proprio la grande mole di dati e informazioni archiviabili nelle memorie digitali ha amplificato l’esigenza di un’organizzazione archivistica, basata non tanto sui documenti (dai quali ricavare dati e informazioni), quanto piuttosto sulle relazioni stabili (e da mantenere stabilmente) tra i documenti all’interno di un sistema informativo documentale. Il recente DPCM 3 dicembre 2013 le definisce aggregazioni documentali, termine a-tecnico per parlare di fascicoli e di serie.

Un buon titolario guida la sedimentazione dei documenti secondo modalità e regole che, innanzitutto, rispecchiano le specifiche funzioni del soggetto stesso e non il suo mutevole organigramma. Esso individua la posizione logico-funzionale di ciascun documento all’interno della classificazione e poi fisica (nel mondo cartaceo) in archivio attraverso il fascicolo o la serie, permettendo di organizzare i documenti fin dall’origine, cioè dalla fase della loro produzione.

L’information retrieval (Google e, in generale, i motori di ricerca) fornisce dati disaggregati e non contestualizzati, mentre la classificazione fornisce le informazioni di contesto necessarie a capire – sotto l’aspetto funzionale – l’iter logico-giuridico di un affare, di una attività o di un procedimento. Sarà poi la fascicolatura a evidenziare concretamente l’aspetto procedimentale (o di affare o di attività) collegato al documento classificato.

  1. Cosa resta da fare

Le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado dovranno adeguare i propri sistemi di classificazione al nuovo titolario. Ma questo è un primo punto fermo. Di partenza, non di arrivo.

Ora, il gruppo Titulus Scuola dovrà produrre:

  • le voci di indice del titolario, come guida all’individuazione normalizzata dell’indice di classificazione;
  • un modello di Manuale di gestione del protocollo informatico, che ogni istituto scolastico dovrà personalizzare e adeguare alla propria organizzazione e al proprio contesto;
  • un Piano della fascicolatura, per normalizzare la sedimentazione dei documenti nelle unità archivistiche;
  • un Massimario di selezione, strumento complesso, integrato con il titolario, per individuare le unità archivistiche soggette a conservazione a lungo termine o a scarto, prendendo a piene mani dall’esperienza della Soprintendenza per il Piemonte e la Valle d’Aosta;
  • un modello di Manuale della conservazione, per i documenti che sempre di più saranno prodotti in ambiente digitale.

Insomma, il lavoro è complesso, ma il primo – e decisivo – passo è stato compiuto nella direzione giusta.