La classifica

Cittadini Attivi: la libertà fiscale in Italia e la libertà di affermare la propria diversità

di Maria Grazia Migliorini |

Indice 2017 della libertà economica dalla The Heritage Foundation: l’Italia, posizionandosi al 79° posto, si colloca tra i Paesi moderatamente liberi. Colpa di chi?

Un gruppo attivo di cittadini che propone un modo diverso di raccontare la trasformazione della Pubblica Amministrazione. Sono le donne e gli uomini che hanno dato vita alla rubrica “Cittadini Attivi” su Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

Nei giorni scorsi ho letto un interessante articolo relativo ad una ricerca effettuata dal centro studi “ImpresaLavoro” in 29 Paesi europei, per monitorare quanto l’incidenza del prelievo pubblico sul PIL evidenzi il diverso passo tra Vecchia Europa e blocchi di paesi più dinamici e competitivi: la modalità dell’analisi permette anche di sottolineare le differenze tra chi è parte dell’Unione Europea e chi no, chi partecipa all’unione monetaria e chi ha scelto di mantenere la propria autonomia monetaria.

ClassificaSono stati presi in esame sette indicatori, ognuno dei quali analizza e monitora un aspetto specifico della questione fiscale, ed il Paese migliore in un determinato indicatore riceve il punteggio massimo attribuito a quel settore: più è vicino a 100 il valore ottenuto da un Paese, più i suoi cittadini sono liberi dal punto di vista fiscale. Il ranking che ne deriva divide i paesi in quattro macro aree: paesi fiscalmente molto liberi (oltre 70 punti su 100), paesi fiscalmente liberi (tra 60 e 69 punti), paesi fiscalmente non del tutto liberi (tra 50 e 59 punti), paesi fiscalmente oppressi (sotto i 50 punti).

Tra gli indicatori utilizzati si identificano: il Carico burocratico (numero di procedure e numero di ore necessarie a pagare le tasse), il Total Tax Rate (quota di profitti che una media azienda paga ogni anno allo stato sotto forma di tasse e contributi sociali), il Costo per pagare le tasse (quanto una media impresa spende, sia in termini di tempo che di utilizzo di personale, in procedure burocratiche), la Pressione Fiscale in percentuale del PIL e sulle famiglie per tracciare gli sforzi che un Paese compie per limitarne il peso.

Il grafico che segue evidenzia ciò che già sappiamo: l’Italia è in coda alla graduatoria, con il suo 29mo posto…. e ciò in una nazione, come evidenziato nel rapporto 2016 dell’Eurispes, che affianca al Pil ufficiale di circa 1.500 miliardi di euro, un Pil sommerso equivalente a circa un terzo, ovvero ad almeno 540 miliardi. Semplificando dunque, l’Italia è un Paese di evasori: economia sommersa ed evasione fiscale sono veri e propri fenomeni di massa, in cui trova terreno fertile il lavoro nero.
Tale situazione è peraltro confermata dalla recente pubblicazione dell’indice 2017 della libertà economica, curato dalla The Heritage Foundation: l’Italia, posizionandosi al 79° posto, si colloca tra i Paesi moderatamente liberi. L’indice individua, attraverso diversi tipi di misurazione, quale sia il grado di libertà economica di un Paese:

  • Business Freedom (Libertà imprenditoriale)
  • Trade Freedom (Libertà di mercato)
  • Monetary Freedom (Libertà monetaria)
  • Government Size/Spending (Livello delle spese governative in percentuale del PIL)
  • Fiscal Freedom (Libertà fiscale)
  • Property Rights (Diritti di proprietà)
  • Investment Freedom (Libertà di investimento)
  • Financial Freedom (Libertà finanziaria)
  • Freedom from Corruption (Libertà dalla corruzione)
  • Labor Freedom (Libertà del mercato del lavoro), dal 2005

Ma è troppo comodo pensare, come molti italiani fanno, che questo disastro (uno dei tanti) sia responsabilità unica e sola della politica e dei Governi che si sono succeduti … nel nostro piccolo, nel nostro quotidiano, come ci comportiamo? Chiediamo all’idraulico di pagare al nero per “risparmiare” l’IVA? Denunciamo all’INPS la collaboratrice familiare per la metà delle ore effettivamente lavorate per “risparmiare” sui contributi?  Ma questa condotta, si rivela essere veramente un risparmio? I costi sociali pagati in termini di inefficienza e di tagli ai servizi pubblici pagati da TUTTA la collettività, valgono la miopia dettata dall’egoismo personale di pensare al proprio portafoglio? Non si può continuare con la logica del “fanno tutti così”, o del “perché proprio io devo essere diverso”? È ora di affermare con forza e orgoglio la propria diversità.

Noi siamo parte di un tutto, siamo l’ingrediente che dà sapore a quel “bene comune” che siamo in grado di apprezzare solo se sappiamo far prevalere la coscienza civica sugli interessi personali e privati… per essere, come diceva Gandhi, the change you wish to see in the world.