La felicità

Cittadini attivi. Il digitale migliora la vita e ti rende più felice?

di Fabio Cristofari |

Grazie all'innovazione tecnologica e alle soluzioni digitali potremmo tutti vivere meglio, potremmo essere più felici e vedere la fine di ogni sistema di corruzione

Un gruppo attivo di cittadini che propone un modo diverso di raccontare la trasformazione della Pubblica Amministrazione. Sono le donne e gli uomini che hanno dato vita alla rubrica “Cittadini Attivi” su Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

Cos’è la felicità? Bè, definire cosa possa essere la felicità, ritengo sia un’impresa estremamente difficile. Provate a chiedere ai vostri amici cosa essa possa rappresentare per loro; molto probabilmente otterrete un variegato panorama di risposte. Per molti, la felicità è probabilmente solo un’emozione, soggettiva, positiva e momentanea. Per altri, una specie di appagante stato esistenziale, costante, stabile ed immutabile. Per altri ancora, essere felici significa possedere dei valori positivi.

Ma, se definire cosa sia la felicità è opera ardua, allora mi domando, com’è possibile misurarla?

A tale quesito hanno voluto rispondere un gruppo di esperti indipendenti, che, con un’analisi statistica apparentemente fredda, nello scorso mese di marzo, in prossimità del “World Happiness Day”, hanno presentato a Roma il World Happiness Report 2016 Update” (WHR).

I parametri presi in esame nel rapporto per definire il grado di felicità, che viene percepita dai cittadini dei 157 paesi oggetto della presente statistica, sono i più svariati e, almeno in apparenza, disomogenei: reddito, salute, bisogni, ma anche, e mi sembra importante sottolinearlo, rapporti sociali, libertà, generosità, onestà ed uguaglianza. Pertanto, dal WHR si evince che, al pari della salute e della libertà, l’onestà e la libertà dalla corruzione divengono elementi discriminanti a garanzia della serenità e della sensazione di appagamento sociale e civile di un intero popolo.

A proposito di corruzione e libertà, concedetemi una breve digressione. Nel libro “Il combattente. Come si diventa Pertini”, Giancarlo De Cataldo riporta la seguente citazione dell’allora Presidente della Camera dei Deputati: «Non possiamo correre il rischio di perdere la libertà per colpa di chi la usa per rubare». In un’intervista rilasciata ad Alberto Carollo, lo stesso De Cataldo spiega come il vero significato della suddetta frase non risiede nell’indignazione con la quale è stata pronunciata, quanto piuttosto nel concetto di libertà, sulla quale Sandro Pertini insisteva particolarmente. «Nel pensiero politico e umano di Pertini la corruzione è qualcosa che ti vincola al bisogno, che rende gli uomini schiavi, dunque meno liberi, ed equivale a una articolazione di quella dittatura che lui aveva combattuto per tutta la vita» (Giancarlo De Cataldo).

Tornando al “World Happiness Report”, notiamo che, ad un primo, raffazzonato sguardo del ranking proposto, risaltano con evidenza alcune “dissonanze”, frutto più del background culturale di ciascuno di noi, che basate su dati oggettivi in termini assoluti. Ad esempio, la felicità della Spagna risulta essere meno elevata rispetto a quella percepita in Arabia Saudita; Paese in cui le donne non possono guidare l’autovettura e la pena di morte viene comminata anche a soggetti minorenni. Oppure, il Portogallo risulta più infelice della Libia; luogo dal quale, quotidianamente, i principali media riportano notizie a dir poco drammatiche.

Tralasciando ogni considerazione di carattere filosofico, analizziamo cosa succede nel nostro Paese. Constatiamo come, purtroppo, l’Italia non risalti certo per “felicità percepita”, essendosi piazzata solo ad un misero 50° posto, esattamente come un anno fa, con un punteggio leggermente inferiore alla sufficienza (5,977) ed alle spalle di Paesi come Uzbekistan, Malesia e Nicaragua. Per di più, il nostro Belpaese risulta essere tra i dieci Paesi con la maggiore diminuzione del tasso di felicità, occorso nel periodo 2005 – 2015. Ad aggravare ulteriormente la nostra “infelice” posizione in classifica, vogliamo annotare che la rilevazione è stata fatta antecedentemente a che i fatti di “mafia capitale” venissero alla luce, evento che, molto probabilmente, avrebbe fatto scivolare ulteriormente in basso il nostro Paese nel ranking.

Volendo concentrare il nostro interesse di “cittadini attivi” sui parametri, utilizzati per la redazione del Rapporto in questione, notiamo tra questi, come già accennato, la libertà dalla corruzione. In alcuni precedenti interventi, abbiamo già abbondantemente dimostrato come esista una puntuale e forte correlazione nel rapporto intercorrente tra corruzione e digitalizzazione. Non il frutto di un’intuizione, suggerita da logica e buon senso, piuttosto il risultato di una vera e propria ricerca, che dimostra come i due ranking (corruzione e digitalizzazione) siano, indicativamente, lo stesso identico ranking. Pur non potendo parlare di un rigoroso studio scientifico, senza tema di smentita, possiamo affermare che, se l’Italia riuscisse a sviluppare una corretta politica di digitalizzazione, la corruzione subirebbe un decisivo ridimensionamento, sia nella diffusione, che nell’incisività. Volendo operare un’estrema sintesi del rapporto tra corruzione e digitalizzazione, possiamo decisamente asserire che più i Paesi possiedono sistemi digitali efficaci ed efficienti, meno subiscono il peso deleterio della corruzione.

Seppur da profani, ci proponiamo ora di analizzare quale possa essere l’incidenza del fattore corruttivo nell’ambito di una vita “felice”. Pertanto, per il periodo 2013 – 2015, cercheremo di raffrontare il “Corruption Perceptions Index”, i cui dati sono stati pubblicati da Transparency International, e gli elementi forniti dal “World Happiness Report”. La nostra non ha, ovviamente, alcuna velleità di rappresentare un’analisi statistica, voglio sottolinearlo a scanso di equivoci, piuttosto la definirei una curiosità, sulla base della quale poter fare alcune brevi, ma interessanti considerazioni.

Indice di corruzioneFatta questa doverosa premessa, come potete osservare nel grafico qui sopra, ciò che ne vien fuori è che, nella parte alta della classifica, in modo particolare nel caso dei Paesi scandinavi e della Svizzera, l’indice di bassa corruzione assume valori molto elevati, contribuendo in maniera sostanziale ad elevare la percezione, da parte della popolazione residente, di vivere in un Paese molto “felice”.

Al contrario, nella parte bassa della classifica, mi riferisco in particolare all’Europa del Sud e ai Paesi balcanici, la situazione è totalmente opposta a quella appena descritta, ovvero, la lineare che denota l’indice di felicità percepita assume valori più elevati rispetto a quella descrittiva dell’indice di bassa corruzione, quasi ad evidenziare come la ribellione al fenomeno della corruzione non venga più vissuto dai cittadini locali come ausilio per la costituzione di una società “felice”, tranne alcune rare eccezioni. Insomma, sembrerebbe di essere di fronte ad un’assuefazione civica al fenomeno criminale.

Purtroppo, la ben nota dicotomia tra Nord e Sud, identificabile in Italia, così come nel resto del mondo, è decisamente valida anche in questo contesto, tanto da far evidenziare ad alcuni commentatori del WHR come la classifica da loro redatta confermi i fenomeni migratori in atto; le popolazioni residenti nei paesi delle aree a rischio vengano attratte da Nazioni teoricamente più “felici”, cioè quelle del Nord Europa, utilizzando il nostro, ed altri Paesi europei, solo come mete di passaggio, con tutte le conseguenti, forti tensioni sociali che hanno, purtroppo per mesi, riempito le pagine della cronaca dei maggiori quotidiani internazionali.

In questo contesto, gradisco ricordare che, da anni ormai, il nostro intento di “cittadini attivi” risiede nell’arrivare ad una presa di coscienza “digitale”, da parte del nostro Paese, che sia piena, totale e coerente. Una consapevolezza “digitale”, che sia capace di mitigare gli effetti cancerosi della corruzione nel sistema Italia e restituire ai suoi cittadini, almeno in questo, la benefica sensazione di uno Stato giusto, trasparente e “pulito”. Purtroppo, però, individualismo e parcellizzazione, mali cronici che da sempre caratterizzano il nostro Paese, hanno mostrato i loro più nefasti effetti proprio nell’ambito digitale, tanto che, anche per questo motivo, abbiamo coniato l’espressione: “emergenza digitale”.

Intendiamoci, alcune importanti scelte sono state già fatte, alcune importanti soluzioni sono state già adottate, ma, dobbiamo altresì sottolinearlo; il concetto di switch-off analogico non appare essere neanche lontanamente all’orizzonte e la nostra classe politica non sembra ancora aver raggiunto il giusto grado di consapevolezza a riguardo, tanto da comprendere l’importanza primaria ed abilitante che il fattore digitalizzazione comporterebbe per il nostro Paese e per il suo sviluppo, sia in termini sociali, che civili ed economici.

Dunque, cos’è la felicità? Personalmente, non riesco a dare una risposta che possa considerarsi valida ed esaustiva in termini oggettivi. D’altro canto, però, alcuni importanti elementi, che possono contribuire a delinearne un parziale valore, risiedono nelle parole già utilizzate da Luca Attias nell’ultima edizione del Convegno Forum PA e che voglio riproporre oggi, in conclusione di questo mio pezzo, a beneficio di tutti voi:

«[ … ] Ho la forte convinzione, maturata sulla mia pelle, che, se uno vive al di fuori della cultura corruttiva e nell’onesta intellettuale, vive davvero meglio e sta meglio con sé stesso, ed è una gran ficata! E’ ciò che dovremmo insegnare ai nostri figli, per non essere costretti a sperare che se ne vadano a vivere in un Paese migliore. Tra l’altro, la maggior parte delle persone corrotte non ha nessuna necessità di esserlo e, se capissero che il sorriso di un figlio, uno sguardo d’amore, l’abbraccio di un amico, il grazie di uno sconosciuto, a cui hai dato una mano in un momento di bisogno, hanno un valore incomparabilmente superiore a qualsiasi altro ritorno, no, loro non abbraccerebbero mai il “lato oscuro”».