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Città verticali e rigenerazione urbana, Roberto Morassut (Ambiente): “Disegno di legge entro il 2020”

La superficie naturale in Italia si riduce ogni anno, aumentando gli effetti negativi sul territorio, sull’ambiente e sul paesaggio, dal 1950 ad oggi il consumo di suolo nel nostro Paese è aumentato del 180%.
Secondo l’ultimo Rapporto Ispra, nelle aree urbane ad alta densità solo nel 2018 abbiamo perso 24 metri quadrati per ogni ettaro di area verde. In totale, quasi la metà della perdita di suolo nazionale dell’ultimo anno si concentra nelle aree urbane, il 15% in quelle centrali e semicentrali, il 32% nelle fasce periferiche e meno dense.

Serve una riforma che contrasti il consumo di suolo e incentivi il recupero del patrimonio esistente. L’obiettivo di questo Governo è accelerare i tempi e avere entro un anno un disegno di legge nazionale, un testo definitivo che preveda una profonda revisione nell’approccio al problema e una nuova idea di città. Nei prossimi anni i grandi centri urbani dovranno far fronte ad un sensibile incremento demografico. Occorrono città più dense, verticali con il superamento e l’assorbimento dei vecchi Piani Regolatori fermi alla metà del secolo scorso”, ha dichiarato il sottosegretario all’ambiente, Roberto Morassut.

Nel Decreto Clima su cui stiamo lavorando in questi giorni e che probabilmente andrà in Consiglio dei Ministri il 4 ottobre, sono previste misure importanti che affermano la visione di un nuovo modello di sviluppo, basato su una strategia di economia circolare, sul riutilizzo dell’esistente”, ha affermato il sottosegretario, che ha aggiunto, “dobbiamo ridare a questi temi una centralità sia dal punto di vista del dibattito pubblico che culturale”.

A Roma, ad esempio, il consumo di suolo cancella, in un solo anno, 57 ettari di aree verdi della città (su 75 ettari di consumo totale). Record a Milano dove la totalità del consumo di suolo spazza via 11 ettari di aree verdi (su un totale di 11,5 ettari). In controtendenza Torino che inverte la rotta e inizia a recuperare terreno (7 ettari di suolo riconquistati nel 2018).

Negli ultimi sei anni l’Italia ha perso superfici che erano in grado di produrre tre milioni di quintali di prodotti agricoli e ventimila quintali di prodotti legnosi, nonché di assicurare lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio e l’infiltrazione di oltre 250 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde.

Ne consegue, che il consumo di suolo produce anche un danno economico potenziale compreso tra i 2 e i 3 miliardi di euro all’anno dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici del suolo.

L’avanzata delle città se da un lato appare irresistibile, dall’altra può essere “orientata”. Più della metà delle trasformazioni dell’ultimo anno si devono ai cantieri (2.846 ettari), in gran parte per la realizzazione di nuovi edifici e infrastrutture e quindi destinati a trasformarsi in nuovo consumo permanente e irreversibile.

La verticalità urbana potrebbe dare una mano. Non essendoci più suolo da consumare, bisogna guardare verso l’alto. La strada dei celebri grattacieli americani, mediorientali e asiatici  sembra obbligata. Dobbiamo risparmiare spazio, aumentare la densità abitativa e ottimizzare le risorse (suolo, energia, acqua, materiali).

Secondo stime elaborate da Abitare Co. su dati aggregati da Skyscraper, nel mondo, dal 2010 al 2018 sono aumentati del +141% gli edifici oltre i 200 metri di altezza. In Italia l’altezza media dei primi 20 grattacieli è di 90 metri, in Europa di 209 metri e nel resto del mondo di ben 332 metri.

In Italia, la Torre Solaria a Milano, terminata nel 2013 nell’ambito del progetto Porta Nuova, con i suoi 143 metri e 37 piani è l’edificio abitato più alto. Seguono la Torre EuroSky a Roma, con 120 metri (31 piani), il Grattacielo di Cesenatico con 188 metri (35 piani) e la Torre 1 del Bosco Verticale con 116 metri (27 piani).

In termini economici, i prezzi degli appartamenti delle torri variano sensibilmente in base al numero del piano: tra il 1° e il 20°, ad esempio, bisogna prevedere in media circa il 25% in più.

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