L'intervento

Cingolani e la transizione burocratica: “I tecnicismi mettono in pericolo il Recovery Plan”

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Superare vecchi meccanismi della PA per innovare davvero. Bisogna fare più attenzione ai risultati dei progetti, al loro funzionamento, non solo al controllo ex ante: “Riusciamo a fare ogni anno il 10% di quello che annunciamo”. Preoccupazione per la capacità di portare a termine quanto contenuto nel PNRR.

Troppa burocrazia fa male. Lo abbiamo sempre saputo e non è la prima volta che il problema torna alla ribalta. Lo ha ricordato in intervento in streaming video anche il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, al workshop “Presto e bene”, su transizione ecologica e PNRR (Piano nazionale ripresa e resilienza).

Valutare di più i risultati, non solo controlli ex ante

Quando io sono entrato nel ministero della Transizione ecologica, ho scoperto che la definizione di tecnico è giurista. Il vero problema – ha dichiarato il ministro in streaming, secondo quanto riportato dall’Ansa – è che abbiamo fatto crescere in maniera ipertrofica la natura leguleia del nostro approccio”.

Noi pensiamo a fare appalti perfetti, carte perfette, poi nessuna va a vedere se la cosa funziona. Noi viviamo in un paese che tende a fare molto controllo ex ante e poco controllo ex post. Non c’è mai un track record del risultato“, ha spiegato Cingolani centrando un problema storico del nostro Paese.

Una critica molto dura rivolta non solo verso il proprio dicastero, ma un po’ a tutta la Pubblica Amministrazione centrale, tirando in ballo lo stesso Mario Draghi in qualche modo e il suo nuovo esecutivo.

Un apparto burocratico massiccio, stratificato, forse incancrenito nel corpo dello Stato, abitato da funzionari pedanti e cavillosi, appunto lugulei, come ha tenuto a precisare il ministro nel suo discorso.

Cingolani contro la burocrazia, serve “transizione” verso un nuovo ministero

Il punto sollevato è semplice e allo stesso tempo molto critico, perché è su questo che si regge l’intera piramide ministeriale: il controllo dei processi e dei passaggi autorizzativi. In qualche modo il controllo del tempo.

E di tempo ne abbiamo poco ci ha ricordato Cingolani, riferendosi ai tecnici che lavorano nel ministero: “Ognuno dovrà trovare il sacro equilibrio tra fare bene e fare nei giusti tempi. Questo non lo puoi fare se l’aspetto tecnico è solo quello normativo-legale. Il problema è che quando ci andiamo a scontrare con la struttura, il cui unico interesse è promulgare se stessa e continuare ad esistere”.

Cingolani vuole un ministero completamente nuovo, efficiente e snello, “tecnico e internazionale”, l’unico modello di PA possibile per raggiungere l’obiettivo primario del suo mandato: implementare il Recovery Plan.

Lo stato di avanzamento del Piano è abbastanza positivo, abbiamo iniziato tre settimane e mezzo fa e abbiamo davanti sei settimane e mezzo, siamo a poco più di un terzo del totale“, ha aggiunto il ministro.

Il problema vero sollevato dal ministro, secondo un articolo pubblicato su repubblica.it: “è quella che ho chiamato la transizione burocratica”, ha specificato Cingolani, perché “se guardiamo il track recente riusciamo a fare ogni anno il 10% di quello che annunciamo”, “se capitasse con il Pnrr sarebbe catastrofico – ha detto il ministro – non riusciremmo a presentarci con le fatture da rimborsare in Ue”.

L’ultima possibilità che abbiamo

Poi rivolgendosi al suo esecutivo, ai colleghi degli altri ministeri e alle Istituzioni in generale, ha sottolineato: “Il nostro meccanismo è così complesso che rimetterlo in sesto e semplificarlo potrebbe essere troppo difficile.

Le istituzioni devono capire che è una cosa molto seria”, ha concluso il ministro, nessuno si può tirare fuori, tutti devono comprendere l’importanza della situazione e del problema, “perché questa non credo sia sbagliato dire che è l’ultima possibilità che abbiamo”.

E qui si impone anche una riflessione politica e culturale su quanto è accaduto negli ultimi anni. La pandemia, nella sua tragicità (oggi è stata istituita la ‘Giornata nazionale in memoria di tutte le vittime dell’epidemia da coronavirus‘), ha offerto subito un’opportunità di affrontare alcuni ‘mali’ endemici della nostra Repubblica, ma ha anche resto evidente un’incapacità della nostra classe politica e dirigenziale ad agire.

Non solo manca il tempo, ma anche una visione d’insieme e una strategia chiara su come affrontare le tante sfide che ci attendono. Gli annunci hanno le gambe corte. Non c’è stata strategia negli ultimi anni e sembra che non ci sia ancora oggi.