I dati

Cinetel fotografa la crisi del cinema ‘made in Italy’: nel 2023, soltanto 1 spettatore su 4 è andato in sala a vedere film italiani

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I film francesi in Francia hanno registrato nel 2023 ben 72 milioni di spettatori (su un totale di 181 milioni), a fronte dei 18 milioni di spettatori di film italiani in Italia (su un totale di 70 milioni).

Come abbiamo segnalato già ieri su queste colonne – in una sorta di anteprima – questa mattina s’è tenuta a Roma la ormai quasi rituale conferenza stampa promossa da Cinetel, la società che rileva gli incassi di buona parte dei cinematografi italiani: si conferma quanto anticipato ieri, ovvero un consuntivo dell’anno 2023 che registra un -23 % di spettatori rispetto alla media pre-Covid 2017-2019, con incassi per meno di 500 milioni di euro e soltanto poco più di 70 milioni di spettatori (vedi “Key4biz” del 9 gennaio 2024, “Cinema italiano, nel 2023 incassi per meno di 500 milioni di euro e soltanto 70 milioni di spettatori (-23% rispetto al triennio 2017-2019)”.

Gli spettatori dei film italiani sono stati soltanto 18 milioni, il che significa che ormai soltanto 1 spettatore su 4 decide di andare a vedere un film “made in Italy”.

Il dato essenziale sul quale soffermarsi resta quel – 23 % di presenze nel 2023 rispetto al triennio pre-Covid (2017-2019): di fatto, in Italia s’è “perso” 1 spettatori su 4 di quelli che andavano al cinema prima della pandemia…

Questi numeri dovrebbero stimolare processi di autocritica profonda in chi “governa” il settore, ed invece, ancora una volta, si assiste ad una ennesima sceneggiata, nella quale la Sottosegretaria delegata all’audiovisivo, la senatrice leghista Lucia Borgonzoni, continua a vedere il bicchiere mezzo pieno ed a autocompiacersi rispetto all’andamento complessivo del mercato, allorquando l’unico dato realmente positivo dell’anno trascorso è la ripresa dei consumi estivi (che sia dipesa dal listino dei film “blockbuster” offerti dalle “major” americane piuttosto che dalla sgangherata quanto modesta campagna promozionale denominata retoricamente “Cinema Revolution”, è tutto da studiare…).

Rimandiamo i lettori più curiosi e gli operatori del settore più appassionati alla lettura del report prodotto da Cinetel.

Segnaliamo come – ancora una volta – vengano “disvelati” dati, ma con una logica di “trasparenza a metà” (deteniamo quasi il copyright di questa formula… che riguarda soprattutto le pubbliche amministrazioni italiche): in effetti, ben venga questa pubblicità di informazioni, ma riteniamo che potrebbe (anzi dovrebbe) essere la Siae, ovvero la Società Italiana degli Autori e Editori, a rendere pubbliche le informazioni di cui è in possesso, nella sua veste di ente pubblico economico a base associativa.

Siae (ente pubblico) ha dati relativi al 100 % del mercato, a fronte delle rilevazioni di Cinetel (impresa privata) che produce un monitoraggio di soltanto un 90 % del mercato. Siae – volendo – potrebbe produrre report in tempo reale, esattamente come li produce Cinetel, ed invece si limita a pubblicare soltanto un dataset (parziale) a distanza di molti mesi dalla fine dell’anno solare: i dati relativi al 2022 sono stati pubblicati soltanto a metà ottobre del 2023 (in argomento, si rimanda al nostro intervento del 12 ottobre 2023 su “Key4biz”: “La Siae certifica che il 2022 è stato l’anno della ripresa per i consumi di spettacolo (ma rapporto asettico)”).

Al di là di ciò, sia il Ministero della Cultura (la Direzione Cinema e Audiovisivo guidata da Nicola Borrelli) sia la Siae sia la Cinetel continuano a non rendere pubblici i dati di tutti i film che vengono distribuiti in sala.

Perché si ha paura di rivelare questi dati?

Perché consentirebbero di comprendere (sia consentita l’autocitazione) che veramente… “il principe è nudo”?!

Questo elemento di distrazione anzi rimozione è semplicemente scandaloso.

Cinetel – la società controllata dall’associazione dei produttori e distributori (Anica, presieduta da Francesco Rutelli) e degli esercenti (Anec, presieduta da Mario Lorini) – è ad oggi l’unica fonte che rende pubblici gli incassi dei primi 100 titoli di nazionalità italiana… E dobbiamo finanche ringraziare questa società.

I dati essenziali riproposti questa mattina sono gli stessi che Cinetel aveva già segnalato con un suo comunicato stampa del 31 dicembre 2023: 495 milioni di euro il “box office” e 70,5 milioni di presenze (ovvero biglietti venduti) nel 2023… Bicchiere mezzo pieno: aumento degli incassi del 62 % rispetto al 2022… Bicchiere mezzo vuoto: incassi in calo di circa il 16 % rispetto alla media del triennio 2017-2019…

Le numerologie di Cinetel: 216 i film italiani distribuiti nelle sale cinematografiche nel 2023, ma mancano molte informazioni sui 116 titoli che sono fuori dalla “Top 100”…

È Cinetel a darci questa mattina qualche altro numero:

  • nel 2023, sono stati distribuiti in sala 736 nuovi titoli di prima programmazione (+235 rispetto al 2022, +194 rispetto alla media del periodo 2017-2019) di cui 356 di produzione o co-produzione italiana (+104 rispetto al 2022; +135 rispetto alla media 2017-2019) per una quota del 48,4 % sul totale (50,3 % nel 2022; 40,8 % nella media del periodo 2017-2019);
  • rispetto ai 736 nuovi titoli complessivi, il 29,5 % ha avuto una distribuzione superiore ai 50 cinema (erano il 42,9 % nel 2022 e il 50,3% in media nel periodo 2017-2019);
  • dei 356 titoli di nazionalità italiana, 140 sono stati di genere documentario (il 39,3 %; nel 2022 il 33,3%, nel periodo 2017-2019 il 27,6 %);
  • con l’esclusione dei documentari, rispetto ai 216 film di produzione italiana il 32,4 % ha avuto una distribuzione in almeno 50 cinema (il 27,8 % nel 2022, il 30 % nel periodo 2017-2019)…

In altri termini, dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, sono stati distribuiti nei cinema italiani 216 lungometraggi cinematografici, ai quali vanno aggiunti 140 documentari, per un totale di 356 titoli.

Sarebbe interessante conoscere qual è il totale dei biglietti venduti per i 140 documentari, ed in quante sale cinematografiche siano stati distribuiti… ma anche questo è dato è ignoto.

Si osservi un dato impressionante: soltanto meno di un terzo dei film italiani (esclusi i documentari) ha registrato una distribuzione minimamente significativa, così intendendosi oltre 50 sale cinematografiche.

Si conferma che esiste una quantità notevole di film italiani che viene prodotta grazie alle sovvenzioni statali e che non esce nei cinematografi. Oppure, se esce, non ha una visibilità minimamente rilevante.

Opere clandestine, prodotte ad uso e consumo di… chi le ha prodotte!

Qualcosa non quadra nei dati Cinetel: quanto hanno incasso i 116 film italiani che non rientrano nella “Top100” dell’anno 2023?

Osservando meglio il dataset Cinetel, però, ci sembra che qualcosa non quadri…

Cinetel ci segnala a pagina 18 del report odierno che i “Top 100” titoli italiani hanno raccolto complessivamente 120,7 milioni di euro di incassi, corrispondenti a 18,3 milioni di spettatori (di questi due dati, una fetta importante è rappresentata – come è noto – da “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, che ha registrato 33 milioni di euro di incassi e 4,8 milioni di spettatori).

La Tabella 10 (intitolata “Focus film italiani – Top100 2023”), a pagina 18, è quella sulla quale si dovrebbe avviare una riflessione seria sullo stato di salute del cinema italiano.

Dei 100 film presenti in questa tabella (con i film classificati in ordine decrescente per incassi), soltanto 83 titoli hanno registrato oltre 10.000 spettatori…

L’ultimo film in questa tabella (“Terezin”) registra 38.740 euro di incassi, a fronte di 9.381 spettatori.

Se il totale della “Top100” è di 120,7 milioni di euro e di 18,3 milioni di spettatori (nostra elaborazione IsICult, dato che Cinetel omette questa informazione)… ne consegue che i dati dei film italiani al di fuori della “Top100” sono quasi insignificanti, ovvero tendenti a zero?!

Come è possibile??? Eppure, a pagina 3 del report Cinetel si legge: “Come già anticipato, l’incasso totale del cinema italiano (incluse le co-produzioni) durante l’anno 2023 è stato di € 120.677.989 (24,3 % del totale box office; +100 % rispetto al 2022; -1,2 % rispetto alla media del periodo 2017-2019) per un numero di presenze pari a 18.277.037 (il 25,9 % del numero totale dei biglietti venduti; +93,9 % rispetto al 2021; -5,3 % rispetto alla media 2017-2019)”.

Questi dati essenziali di pag. 4 (totale incassi 120.677.989 euro e totale spettatori di 18.277.037) corrispondono esattamente a quanto riportato in testa di pagina 18, ma evidentemente il campo indicato come “Totale” a pag. 18 è riferito all’intero universo dei film italiani (216 titoli, e non ai dati nella specifica tabella)… In effetti, la tabella, al rank n° 100, segnala che la quota percentuale progressiva è del 94,5 per cento (ovvero si tratta del totale della quota % cumulata dal 1° al 100° titolo). E quindi sul totale dei dati relativi a tutti i 216 titoli italici.

Quindi, calcolatrice alla mano, il “ragioniere” ci segnala che ben 116 titoli hanno (avrebbero) registrato (per differenza: 100,0 – 94,5 = 5,5) complessivamente il 5,5 % del totale degli incassi dei film italiani (216 titoli) ovvero 6,6 milioni di euro (6.637.289 euro), con una media (teorica) di 57.218 euro a titolo (6.637.289 euro di incasso diviso per 116 titoli)… E qualcosa però non quadra, perché il film al rank 100 della graduatoria ha avuto 38.740 euro di incasso…

Chiederemo lumi a Cinetel, e magari anche la parte “inferiore” della tabella degli incassi e spettatori dei film italiani: insomma, che fine hanno fatto i 116 titoli (senza considerare i documentari) che sono fuori dalla “Top 100” dei film italiani?!
Crediamo che qualcuno abbia timore anzi vergogna a rendere pubbliche queste informazioni, tanto forte sarebbe l’imbarazzo che provocherebbero nella comunità professionale (e negli apparati ministeriali, amministrativi e politici)…

Con uno sforzo interpretativo, si può verisimilmente correggere l’elaborazione cui supra, dividendo il totale degli incassi di tutti i film italiani che sono sotto la “Top 100”, e che includono quindi sia i classici lungometraggi cinematografici sia i film documentari distribuiti in sala: a questo punto, si deve dividere 6,6 milioni di euro per 256 titoli (e non per 116, come abbiamo ipotizzato pocanzi). Così operando, l’incasso medio per titolo (256 film) sarebbe di 25.926 euro… Dati comunque sconfortanti, che confermano un mercato complessivamente assai povero.

La crisi del settore è assai profonda e meriterebbe esercizi di onesta autocritica, ed invece la triade Ministero (Borgonzoni), Anica (Rutelli) e Anec (Lorini) continua a festeggiare

Come prevedevamo, la conferenza stampa di questa mattina (in una sala del bel Cinema Barberini affollata da un centinaio di persone), intitolata “2023: che spettacolo di Cinema!”, ha riproposto una “immagine” positiva ed ottimista, più accentuata – questa volta – nell’intervento della Sottosegretaria Lucia Borgonzoni e lievemente più pacata da parte del Presidente dell’Anica Francesco Rutelli.

Cosa riporta l’Agenzia Italia (Agi)?! Registra l’entusiasmo della Sottosegretaria Lucia Borgonzoni: “abbiamo un cinema italiano sanissimo, vediamo tanti prodotti italiani che hanno fatto risultati inimmaginabili fino a poco tempo fa. Era da anni che non si vedeva la fila per entrare nelle sale… I dati ci dicono che è giusto quanto abbiamo fatto, ma non dobbiamo fermarci. Sarebbe semplice dire che siamo riusciti a riportare le persone in sala perfino d’estate. Dobbiamo impegnarci molto a portare il cinema italiano nelle sale anche d’estate, abbiamo visto che si riempiono per cui facciamolo. Facciamo questo passo successivo. Questo è accaduto anche grazie al progetto Cinema Revolution, con film italiani ed europei calmierati. Si era persa l’abitudine ad andare in sala, mentre noi abbiamo promosso questo tipo di consumo culturale. C’era il falso mito che gli italiani non vanno d’estate in sala, perché c’è il mare, abbiamo sfatato anche il luogo comune sui film in bianco e nero e su quelli lunghi. Sprono tutti a fare sempre di più e le sale a rimanere sempre aperte…”.

Che dire?! Il Presidente dell’Anica Francesco Rutelli si associa ai festeggiamenti (???): “i dati sul cinema italiano sono ottimi, ma bisogna continuare a crescere, si può ancora migliorare e continuare a parlare con il pubblico, che è tornato ad appassionarsi alla sala… grazie al trionfo della Cortellesi, e a molti altri film italiani, siamo tornati a livelli importanti e questo ci dice che bisogna continuare a fare nuovi e migliori prodotti, per i diversi tipi di pubblico. Questo dato ci incoraggia, perché eravamo abituati che il cinema tornava a salire con i grandi blockbuster americani e basta. Ora, invece, ci sono buoni numeri anche sui prodotti italiani…”.

Prendiamo atto. Con sconcerto.

Entrambi però (data l’esperienza ormai pluriennale nel settore) non possono non conoscere la vera verità: entrambi, quindi, chiudono un occhio, ovvero tutti e tue, ovvero si auto-impongono paraocchi, ovvero si (auto)censurano, nel non voler accendere i riflettori sugli aspetti critici (e gravi) dell’economia e della politica del settore.

Ed altresì dicasi per il rappresentante degli esercenti: anche il Presidente degli esercenti, Mario Lorini, è infatti contento (incredibile, ma vero) ed ha dichiarato: “il 2023 conferma il trend positivo del ritorno al mercato cinema ai livelli pre-pandemici. Gli straordinari risultati di alcune opere hanno dimostrato come il cinema in sala sia nuovamente al centro delle scelte del pubblico, con un ritrovato e sempre maggiore interesse di tutte le tipologie di spettatori, dai più giovani fino alle fasce più alte che mancavano all’appello”…

La crisi del settore è molto profonda e meriterebbe esercizi di onesta autocritica, sia da parte delle associazioni degli imprenditori e degli autori (i secondi sembrano in questi anni complessivamente dormienti), sia da parte di chi governa il settore, ovvero la “politica” e la “pubblica amministrazione” (Ministro e Direttore Generale)…

Tra sorrisi e ammiccamenti…

Invece si assiste continuamente a passerelle e convegni nei quali la compagnia di giro che imperversa da anni si rimette in mostra, tra sorrisi e ammiccamenti di rispecchiamenti reciproci…

Non crediamo – come sostiene polemicamente l’avvocato Michele Lo Foco (autore del pamphlet “Il cinema è morto”, appena pubblicato e che abbiamo già segnalato ieri su queste colonne) – che il settore sia moribondo, ma riteniamo semplicemente che stia vivendo da alcuni anni una fase di euforia drogata, di patologica sovrapproduzione di titoli, di crescita illusoria

La quota di mercato dei film italiani in sala è modesta, intorno al 25 per cento, a fronte del 40 per cento della Francia, Paese nel quale gli incassi “theatrical” sono peraltro una volta e mezza maggiori rispetto al nostro Paese (181 milioni di biglietti venduti in Francia, a fronte dei 70 dell’Italia).

Abbiamo già segnalato ieri come nel 2023 i film francesi in Francia abbiano registrato ben 72 milioni di biglietti venduti, a fronte dei 18 milioni dei film italiani in Italia, ovvero un rapporto di 4 ad 1 (quattro ad uno!): questo (e – ci si consenta – soltanto questo!) dovrebbe essere il dato sul quale gli entusiasti Borgonzoni e Rutelli e Lorini dovrebbero ragionare, invece di continuare a gongolarsi…

Il resto – come abbiamo scritto ieri – è semplicemente chiacchiericcio insignificante.

Si ripropongono versioni distorte della realtà, attraverso un uso strumentale dei dati: vedere sempre e comunque il bicchiere “mezzo pieno” – anzi arrivare a sostenere che sia addirittura “pieno” – è esercizio manipolatorio.

Si tratta di vera manipolazione, anzi di falsificazione ideologica.

Riproduciamo oggi le tesi manifestate ieri a chiusura del nostro intervento…

Serve trasparenza. Serve autocritica. Serve anticonformismo. Serve coraggio.

La “Legge Franceschini” va riformata radicalmente, e ben oltre l’annunciata revisione del “tax credit”.

L’establishment autoconservativo del cinema italiano va scardinato, gli storici poteri forti vanno destrutturati, la allegra compagnia di giro va rinnovata…

Aggiungiamo oggi, scherzosamente: ci sembra indispensabile proporre (imporre?!) a Borgonzoni e Rutelli e Lorini non un soggiorno in una spa di lusso stile l’Adler di Bagno Vignoni o il Forte Village di Cagliari (magari a spese del contribuente, grazie ai generosi sostegni ministeriali anche a festival e rassegne di dubbia utilità per la vera promozione del cinema italiano?!), bensì un sano trattamento di… doccia fredda. Un bagno di realtà, insomma.

Serve recuperare razionalità, attraverso una cura shock. È indispensabile ridurre l’uso di sostanze psicotrope.

Non si aiuta veramente il cinema italiano, continuando ad iniettarsi soltanto dosi massicce di entusiasmo.

Clicca qui per il rapporto Cinetel (Anica-Anec) “Il cinema in sala nel 2023. I dati del box office”, presentato a Roma, Cinema Barberini, il 10 gennaio 2024

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ](*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.