La previsione

The FlixBiz. Cinema, immaginando il futuro del film business (e di Netflix)

di Alessandro Masi - Founder & Film Business Strategist, FlexyMovies |

Dal più grande operatore mondiale (cinese) di sale cinematografiche, passando al fenomeno SVOD e Netflix, ecco le previsioni della film industry in totale evoluzione.

The FlixBiz è la rubrica dedicata al business del cinema e della televisione a cura di Alessandro Masi, professionista della distribuzione cinematografica internazionale di base a Los Angeles, Founder & Film Business Strategist di FlexyMovies. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Il business del cinema è sempre più globale e la digital disruption determina cambiamenti radicali nei modelli di finanziamento e di distribuzione. Prosegue il consolidamento nell’industria ma occorre, nonostante le pressioni verso i profitti, veicolare anche le storie più piccole per soddisfare un consumo sempre più variegato e sofisticato.

Il più grande operatore di sale cinematografiche al mondo, dopo l’acquisizione di Carmike negli Stati Uniti e Odeon-UCI in Europa, è una conglomerate cinese, il gruppo Wanda. Le grandi produzioni hollywoodiane e le saghe come ‘Star Wars’ in particolare dominano il box office con debutti da oltre 290 milioni di Dollari in tutto il mondo. Netflix avrà quasi 118 milioni di abbonati entro il 2021 o il 27,5% del totale globale. Grandi aziende, grosse produzioni, tutto sempre più grande.

Tuttavia la gente vorrà vedere film come ‘Captain Fantastic’ o ‘Manchester by the Sea’ anche fra cent’anni. Esisterà sempre domanda per il cinema indipendente. I festival continueranno a svolgere un ruolo chiave, ma l’industria ha il dovere di essere meno avversa al rischio, sperimentare, forse fallire, ma portare determinate storie su qualunque tipo di schermo – grande, piccolo, da 5,5 pollici, o dispositivi VR – e poi trovare modi intelligenti per veicolare il contenuto verso il pubblico.

Innovazione nel marketing

Dalle anteprime in formato Imax ai debutti anticipati in home entertainment o distribuzioni in day-and-date, anche gli studios hollywoodiani stanno riscrivendo le regole di marketing: Universal e Sony, ad esempio, hanno puntato a costruire passaparola distribuendo gli spettacolari ‘Everest‘ e ‘The Walk’ in formato Imax prima di espandere la distribuzione; Paramount ha concesso ai cinema una fetta degli incassi digitali in cambio della possibilità di distribuire ‘Paranormal Activity: The Ghost Dimension’ per home entertainment appena 17 giorni dopo la prima assoluta in sala; Fox sta spingendo per ridurre la finestra cinematografica esclusiva a sole tre settimane. Il focus dei grandi studios è su cosiddetti tentpoles e franchises, blocco delle date di uscita con grande anticipo, enormi budget per il marketing globale supportato da product tie-in con centinaia di aziende, concessionari di brand e partner globali di vendita al dettaglio.

Così facendo le grandi major hanno messo da parte le produzioni mid-budget, storie eccezionali, che sono e saranno sempre più campo d’azione degli indipendenti, che devono concentrarsi sui contenuti di qualità assicurandosi che l’arte abbia un senso dal punto di vista finanziario, soddisfacendo così la domanda per questo tipo di cinema e potenziando il lavoro di creativi eccezionali che sono in grado di far sognare, divertire, innamorare, e pensare alla società, a volte, come ad esempio accade in ‘Captain Fantastic’, vincitore dell’ultima Festa del Cinema di Roma.

Globalizzazione ed evoluzione delle modalità di finanziamento

Il denaro proviene da fonti diverse: con le dimensioni delle fette che variano a seconda del tipo di progetto, la torta è di solito suddivisa tra capitale proprio e di debito da parte di investitori e fondi privati, co-produzioni, soft money (che comprende sostanzialmente tax credit e grants) e varie forme di contratti di distribuzione tra cui pre-sales  che vengono utilizzati come garanzia con le banche. I grandi operatori globali del digitale stanno modificando radicalmente il tradizionale modello di vendita territorio-per-territorio proponendo l’acquisizione dei diritti in tutto il mondo ad un premium del 10-15% sul budget di produzione, ed il modello di finanziamento della televisione, con ordine delle serie per intere stagioni anziché pre-valutazione dei pilot.

Il modello di business SVOD è chiaramente il più interessante in questo momento e sta modificando sempre più il consumo di televisione tradizionale e spingendo all’interno della finestra cinematografica (anche se negli Stati Uniti, per esempio, il box office ha appena raggiunto prima che mai il traguardo dei 10 miliardi di dollari nell’anno, ndr). Presto cinema e distributori si renderanno conto che è opportuno rendere variabile il prezzo del biglietto in base alla domanda. La battaglia degli studios per la proprietà del contenuto attraverso il modello EST (Electronic sell-through) è disperata perché c’è troppo contenuto ed il tempo è limitato.

Si tratta di un’industria sempre più globale: il mercato interno cinese, cresciuto del 49% nel 2015 e lanciato verso il sorpasso degli Stati Uniti nel giro di 2-3 anni, sta letteralmente esplodendo, e tutti cercano di entrarci – e superare il sistema delle quote, per cui possono essere distribuiti in sala solo 33 film stranieri all’anno – anche attraverso trattati di coproduzione e produzioni locali. Anche i finanziamenti provengono sempre più da paesi in via di sviluppo come la Cina, che sono desiderosi di diventare una parte rilevante del gioco: aziende americane leader come IM Global e STX Entertainment sono fortemente legate ai finanziamenti provenienti dalla Cina, mentre il gruppo Wanda (come detto sopra, ndr) dopo l’acquisto di UCI-Odeon e Carmike è il più grande operatore di cinema al mondo e sta valutando l’acquisizione di una delle majors, dopo aver già acquisito Legendary.

La domanda globale per film al cinema è relativamente inelastica e infatti i risultati al botteghino non sono generalmente influenzati dalle crisi economiche. Le crisi influiscono però nei meccanismi di finanziamento perché gli investimenti privati ​​tendono a fluire verso rendimenti più sicuri e le fonti di soft money diventano più scarse. In queste situazioni, è possibile che i distributori internazionali tendano ad essere più cauti soprattutto se non sostenuti da emittenti televisive, mentre i budget per il marketing diminuiscono, e vi è anche il rischio di valuta che deve essere ridotto attraverso strumenti finanziari di hedging adeguati.

Attualmente il finanziamento di film è molto complesso e comprende una pluralità di soggetti, sia per le grandi major che per gli indipendenti, che sono quindi oggi distinguibili solo dalla diffusione della distribuzione e non più dal modello di finanziamento. L’Europa è un ottimo partner di co-produzione per Hollywood visto che i paesi europei hanno moltissimi trattati a disposizione ed ampio accesso a fonti pubbliche di finanziamento. La cosiddetta Brexit, se accadrà mai, avrà un effetto negativo sull’industria cinematografica britannica in primo luogo perché non sarà più possibile accedere ai fondi UE, anche se d’altro canto potrebbe essere più economico produrre nel Regno Unito per via della probabile svalutazione relativa della Sterlina.

Il digitale che avanza

I nuovi operatori globali del digitale – primi fra tutti Netflix e Amazon – stanno rivoluzionando i modelli tradizionali di finanziamento e spingendo ulteriormente verso la riduzione delle finestre distributive esclusive, tanto che presto esordirà anche per il mercato di massa una nuova finestra per il consumo super premium di film in casa mentre ancora nelle sale cinematografiche, sostituendo la cosiddetta black window mentre il film ha praticamente esaurito la sua corsa nei cinema ma ancora non è disponibile in pay tv né in premium transactional VOD.

Il modello SVOD (Subscription video on-demand) è in rapida crescita al 13% CAGR in termini di ricavi e raggiungerà 428 milioni di abbonati in 200 paesi entro il 2021, rispetto ai 248 milioni alla fine del 2016. I consumatori hanno drasticamente cambiato le modalità di consumo ed elevato le loro aspettative sulla disponibilità di contenuti, per cui l’industria deve ripensare i modelli di finanziamento e di distribuzione tradizionali.

I ricavi globali da SVOD raggiungeranno i 32 miliardi di Dollari nel 2021, dai 17.46 miliardi di Dollari nel 2016. Gli Stati Uniti (127 milioni di abbonati entro il 2021) rimarranno il primo mercato SVOD, anche se la Cina (74 milioni nel 2021, dai 34 milioni nel 2016) registra una forte crescita, secondo il Global SVOD Forecasts.

Netflix avrà quasi 118 milioni abbonati entro il 2021 – o il 27,5% del totale globale ma gli investimenti in contenuti originali sono difficilmente sostenibili nel lungo periodo per cui è molto probabile che sarà acquisita da una major, Disney tra i papabili. Anche Amazon si sta espandendo a livello internazionale: da soli, controllano i due terzi degli abbonati a piattaforme SVOD dell’Europa occidentale, dove nel frattempo la regolamentazione del mercato unico digitale è in corso di approvazione.

Si può ragionevolmente affermare che l’esistenza di acquirenti più potenti potrebbe far diminuire i prezzi di licenza dei contenuti per via di un minore potere contrattuale. Tuttavia ciò potrebbe anche significare la possibilità per produttori e distributori europei e per le piattaforme VOD locali di beneficiare di un mercato interno più forte.

Un effetto più immediato e diretto della rivoluzione digitale è il cosiddetto cord-cutting del pubblico dagli operatori del via cavo e satellite, ma tale trend si sta concretizzando lentamente e ad ogni modo le emittenti televisive si stanno attrezzando con servizi OTT (Over-the-top) per affrontare il cambiamento, mentre gli operatori telco e i fornitori di contenuti offrono sempre più canali per risultare meno “impacchettati” in offerte onerose e rigide dal punto di vista del consumatore.

Nuovi modelli di distribuzione

Il consolidamento degli operatori di sale cinematografiche è inevitabile in quanto offre grandi economie di scala, ma applicando un prezzo del biglietto variabile (piuttosto che deprimere il mercato con iniziative come Cinema 2 Day, ndr), i film più piccoli potrebbero competere con i blockbuster – ed eventualmente cosiddetti sleepers come ‘Hell or High Water’, 27 milioni di Dollari al botteghino negli Stati Uniti contro soli ​​12 milioni di Dollari di budget di produzione, potrebbero ottenere profitti ancora più elevati – non potendo beneficiare di grossi budget di marketing, mentre i cinema potrebbero aumentare gli ingressi e ridurre i rischi in quanto sarebbero in grado di applicare sconti in periodi di bassa domanda ed incrementare i profitti altrimenti. Il prezzo è il fattore determinante per le scelte di moviegoing, secondo ricerche di enti autorevoli come ANICA e MPAA. Tutto sommato, non vi è alcun motivo per cui prodotti molto diversi debbano essere inizialmente valutati allo stesso modo ed a prescindere dalla domanda. In generale, l’impressione è che l’industria stia perseverando in maniera miope nell’errore di imporre tempi, prodotti e prezzi.

Un’altra innovazione interessante è il cosiddetto TOD (Theatrical on demand), in cui la distribuzione è crowdsourced e va a soddisfare la domanda di un pubblico di nicchia che prenota il posto in sala in anticipo per un contenuto specifico in date e tempi specifici. Tale modello si diffonderà ulteriormente perché è customer-oriented e al tempo stesso soddisfa gli esercenti dato che consente di riempire le sale in periodi caratterizzati da bassa domanda.

Tutto sta cambiando così rapidamente e la flessibilità è fondamentale. E’ un momento entusiasmante per essere nel business dell’entertainment, sempre più globale e cross-mediale, nella sua “età d’oro” pur nella varietà delle sfide.