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Cinecittà: da Bettini a De Mita? Rai: in arrivo la Commissione di Vigilanza. Il Presidente sarà “in quota” M5s

Per quanto il Parlamento italiano sia comprensibilmente impegnato su tematiche ritenute prioritarie, qualcosa sembra finalmente smuoversi, rispetto ai due “dossier” ai quali abbiamo dedicato grande attenzione anche sulle colonne di “Key4biz”: la vicenda Rai e la vicenda Cinecittà. Si rimanda, da ultimo, a “Key4biz” di ieri l’altro, mercoledì 18 dicembre 2022, “Il “dossier Cinecittà”, 32 milioni di euro per la formazione. Ma la Corte dei Conti chiede chiarezza”.

Le due vicende, peraltro, se si ragionasse anche in Italia (come avviene in Paesi più evoluti quali la Francia) di “politica culturale” in termini strategici, organici, sistemici, e lungimiranti, dovrebbero beneficiare di una “regia” comune, dato che si tratta – in entrambi i casi – di un intervento diretto della “mano pubblica” nel sistema culturale.

In verità, invece, l’unico rapporto finora emerso tra Viale Mazzini e Via Tuscolana sembra essere un qual certo curioso “travaso” di dirigenti da Rai a Cinecittà, con logiche che sfuggono ai più…

Due sono le notizie che sono rilevanti, rispetto ai due dossier:

Cinecittà: toto-nomine per il successore di Goffredo Bettini, spunta la candidatura di Giuseppe De Mita?

Come abbiamo illustrato accuratamente nel “dossier” IsICult-Key4biz pubblicato ieri l’altro (mercoledì 18 gennaio 2023) su queste colonne, al di là della “mina vagante” della deliberazione della Corte dei Conti sulla gestione dei fondi del “Recovery Plan” da parte di Cinecittà, è passata inosservata la notizia che dal Consiglio di Amministrazione di Cinecittà si è dimesso – senza alcuna pubblica dichiarazione sulle motivazioni del gesto – Goffredo Bettini

E quindi – anche in questo caso con dinamiche misteriose – si prospetta la sua sostituzione, e già circola il nome di un possibile candidato, che avrebbe passato il vaglio finanche del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni: andrebbe a prendere il posto del potente esponente del Partito Democratico, un avvocato che reca un cognome importante per la politica italiana, trattandosi di Giuseppe De Mita, figlio del mitico Ciriaco (scomparso nel maggio del 2022).

Si tratta dell’unico figlio maschio dei quattro figli di Ciriaco.

Da non confondere con un omonimo Giuseppe De Mita, che è invece un nipote di Ciriaco, e che ha seguito attivamente le orme dello zio, con impegni di livello in politica (tra l’altro, dal 2010 al 2013 è stato Vice Presidente della Regione Campania).

Dell’altro, il “De Mita minore” per così dire, si hanno scarse notizie. Nato nel 1959 a Nusco, è iscritto all’Ordine degli Avvocati dal 1992, esercita in Avellino. È stato addetto stampa della Lazio, molti anni fa, ed anche Direttore Generale della stessa S. S. Lazio (luglio 2003-ottobre 2004) e poi Direttore Generale dell’Unione Sportiva Avellino Calcio (giugno 2005-giugno 2006). Vent’anni fa, un’edizione romana del “Corriere della Sera” segnalò il suo matrimonio con Lidia, a Santa Sabina, con poi 400 invitati all’Excelsior…  Altra notizia curiosa: un paio di anni prima, il 5 novembre 1998, sempre il “Corriere della Sera” pubblicava una notizia che smentiva che il figlio dell’allora Presidente del Consiglio fosse entrato, scortato, in una base Nato, per effettuare acquisti sotto-costo, a bordo di una Ferrari… Emerge anche dagli archivi la notizia che nel 2008, insieme a Chiara Geronzi e Tommaso Cellini uscì definitivamente da una inchiesta sui presunti illeciti della società di procuratori sportivi Gea World, condotta dalla Procura di Roma (il Gip accolse la richiesta di archiviazione delle posizioni dei tre indagati).

Nel suo profilo su Linkedin, risulta Presidente di Acme Comunicazione dal 2006, “Agenzia di Comunicazione, Provider Ecm del Ministero della Salute”. Ne è partner anche Tommaso Cellini. Si tratta di una “agenzia di comunicazione integrata”, che tra l’altro organizza eventi per soggetti come Daikin, Bmw, Wind, Bnl… In precedenza, è stato Consigliere di Amministrazione di Ubiq srl – The Digital Evolution.

Non risultano specifiche competenze ed esperienze nel settore cinematografico ed audiovisivo.

Ma, forse, per come funzionano certe logiche di “spartizione” italiche, non sono nemmeno necessarie.

Non sembra che il Governo intenda manifestare segnali di discontinuità, rispetto a Via Tuscolana.

Si attende il parere definitivo del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, cui spetta la decisione finale: è infatti il Ministero della Cultura ad esercitare i diritti dell’azionista che controlla Cinecittà società per azioni (che è il Ministero dell’Economia e Finanze).

Vigilanza Rai: i componenti passano da 40 a 42, la presidenza verosimilmente “in quota” Movimento 5 Stelle, Alessandra Todde in pole position

La Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi passa da 40 a 42 componenti. La proposta di modifica che allarga l’organismo di controllo sulla Rai è stata promossa dalle relatrici Annarita Patriarca (Forza Italia) e Luana Zanella (Alleanza Verdi e Sinistra): l’emendamento è stato approvato all’unanimità.

C’è chi sostiene che si tratti di una forzatura normativa, dato che la struttura della Commissione è definita con una legge dello Stato. In particolare, manifesta critiche severe il Redattore Anonimo del blog specializzato BloggoRai, che – in un post intitolato “Vigilanza Rai: grande il disordine sotto il cielo” – sostiene: “Qualcosa non torna. Anzitutto perché la Commissione Giustizia si occupa della Vigilanza Rai e, cosa ancora più rilevante, perché delibera su una materia che deve essere regolamentata da una Legge? Infatti, l’istituzione della Commissione Bicamerale per la Vigilanza Rai è istituita da una Legge, la n. 103 del 14 aprile 1975, che ne fissa la modalità di formazione, il numero dei componenti etc. Come è noto, una Legge può essere sostituita o modificata solo da un’altra Legge di rango equivalente o superiore e, in materia, non risulta che questo Governo o questo Parlamento abbia deliberato una nuova Legge che supera o modifica la 103 del ’75. A tal punto che la stessa riforma dei due rami del Parlamento non ha intaccato questa disposizione che fissa a 40 i componenti della Vigilanza nonostante si sia ridotto il numero dei deputati e senatori. Ne consegue, semplicemente, che la Commissione Giustizia potrebbe aver fatto un errore e forse non di poco conto”…

Il tema è delicato assai, ma immaginiamo che parlamentari e funzionari si siano posti la questione metodologico-normativa, formale e tecnica dal punto di vista giuridico. Si resta in attesa degli opportuni chiarimenti.

Si apprende anche (da indiscrezioni giornalistiche, nessun parlamentare si è espresso pubblicamente) che le procedure di lottizzazione partitocratiche tenderebbero ad escludere Maria Elena Boschi dalla presidenza della Vigilanza Rai, che verrebbe invece assegnata ad Alessandra Todde, “in quota” M5s: Boschi andrebbe invece a presiedere, “in quota” Italia Viva – Azione, la istituenda Commissione parlamentare sul Covid. In alternativa a Todde, sarebbero pronti i suoi colleghi grillini Riccardo Ricciardi e finanche l’ex ministro Stefano Patuanelli.

Tutto questo avviene in ovattate stanze senza che ci sia una minima dichiarazione d’intenti, dei singoli parlamentari e dei partiti che rappresentano, su che “idea della Rai” hanno, e della funzione del servizio pubblico radiotelevisivo-mediale.

Va comunque dato atto che Carlo Calenda, lunedì scorso 16 gennaio, dichiarava (all’Ansa): “Rai, Calenda: “Giusto assegnarci la Vigilanza per una questione di garanzia…”. E così rispondeva alla domanda Renzi rivendica la vigilanza Rai, che ne pensa?”: “Penso che sia giusto per una questione di garanzia. Le commissioni di garanzia servono a riequilibrare il profilo tra maggioranza e opposizione”. Ma qui ci interessa che ha anche sostenuto, rispetto a Viale Mazzini: “Io farei una fondazione e la staccherei strutturalmente dai partiti politici”. Oh perbacco!

Nel bene e nel male, almeno lui ha proposto una “idea” di Rai futura, nel deserto di idee che caratterizza il servizio pubblico mediale italiano ormai da molto tempo.

Carmelo Caruso, sul “il Foglio” di ieri l’altro, mercoledì 18, titolava un suo gustoso articolo “Rai Gaza”, per descrivere lo stato di incertezza che attanaglia Viale Mazzini, e scriveva che “una Rai senza Commissione di Vigilanza è come la Comune di Parigi”. Molte le questioni critiche, tra le quali: “I tre consiglieri di Pd, M5s e dei dipendenti Rai, sfidano settimanalmente l’Ad Carlo Fuortes. Non vogliono precipitare con lui. Di Majo, indicato dal M5s, continua a chiedere perché un direttore come l’ex del Tg1, Giuseppe Carboni, non venga impiegato da un anno. Laganà e Bria si lamentano che Duilio Giammaria, ex Direttore dei Documentari Rai e conduttore di un programma come ‘Petrolio’, non venga valorizzato malgrado abbia ricevuto la promessa di condurre un nuovo programma. Giammaria, su Twitter, alla domanda di uno spettatore che gli chiedeva quando sarebbe stato possibile rivederlo, ha risposto che lo rivedremo “quando riuscirò a convincere Di Bella, direttore dell’approfondimento e Ciannamea, direttore della distribuzione“”… E, ancora, con ironia, “Fuortes nominato dal governo Draghi oggi sorride e balla la rumba. Non deve più rispondere a governi, partiti: si è affrancato. Si confronta con un Cda che oramai gli vota contro, ma che attende la formazione della Commissione di Vigilanza”.

Nelle more – come abbiamo denunciato tante volte anche su queste colonne – nulla è dato sapere del “contratto di servizio”, dopo che il 21 dicembre 2022 il Governo ha deciso di prorogare di due mesi quello scaduto (2018-2022). Fino a settembre 2023, tutto resta quindi come è: evanescente ed incerto.

A questo punto, non resta che attendere la settimana prossima, per comprendere se “la politica” (la partitocrazia) vuole realmente fare chiarezza su Rai e Cinecittà

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”  

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