Il libro

Ci sono libri che parlano di Roma. E poi c’è “Incuria”. Ed è tutta un’altra storia

di Diana Daneluz |

Dai due Autori, un atto d’amore verso una città che non è la loro, ma che considerano un modello di innovazione radicale. Per applicarlo, basta …immaginarlo. Oggi la presentazione a Roma

Salvatore Iaconesi, Oriana Persico
Luca Sossella Editore
Pagine: 107
Uscita: 17-11-2021
EAN: 9788832231823
Prezzo: 10,00 euro

Nomen omen? Non sempre

A dispetto del titolo – Incuria – che ai cittadini romani sembrerà, di primo “acchitto”, una fedele rappresentazione dello stato attuale della loro città, in questo libro la coppia di ricercatori-artisti Iaconesi-Persico va, una volta di più, oltre. Ed immagina, nell’alveo del Nuovo Abitare, progetto che riassume e sussume forse il percorso di una vita, tanti possibili modi “altri” di interpretare Roma e da cui ri-partire per ri-abitarla e farne – perché no? – un modello replicabile. Sì, perché da ultimo il loro pallino è un po’ quello capire come ri-appropriarci dei nostri luoghi, fisici, virtuali, mentali, e di ri-diventarne abitatori, con consapevolezza (e conoscenza) nuove. “Da lontano potremmo quasi confondere le due parole: incuria e degrado. In realtà sono molto differenti, due universi di significato che arrivano a divergere. E i loro esiti, quando li associamo a una condizione o a un territorio, possono rivelarsi persino opposti”…“Il lascito dell’ultima amministrazione a Roma non è un energico degrado, ma l’incuria. Una rabbia endemica e senza sfogo serpeggia in città, rendendo gli abitanti della capitale più accidiosi e indifferenti”…” L’incuria – ovvero l’incapacità di governare e amministrare – …è la mancanza del coro”…., ma “Il coro ovviamente non è scomparso”. 

Uno spazio concavo

Le poco più di 100 pagine del libro sono organizzate in capitoli, nove, che ammiccano al cinema, se ne servono, lo citano. Restando così a cavallo, così come le due anime degli Autori, tra scienza e arte, tra rigore e poesia, con l’obiettivo dichiarato di rovesciare una certa idea di Roma per invitare i lettori a scendere nel suo spazio concavo di infinite possibilità e immaginare di stringere con lei un nuovo patto sociale, replicabile ovunque grazie alle opportunità di interazione e comunicazione regalateci dalla tecnologia. E la Roma popolana e generativa che scelgono è ad esempio, dichiaratamente, quella di Pasolini, e di un certo preciso periodo dell’esperienza pasoliniana, “l’arco del dopoguerra a Roma, dal caos pieno di speranze dei primi giorni della liberazione alla reazione del ’50-51”. E si chiedono: “E dunque, chi è l’Accattone del Terzo Millennio? Che speranze ha? Il suo destino è schiantarsi ancora una volta su Ponte Testaccio, o possiamo scrivere un finale differente? E quali opportunità nasconde il coro di Roma che ancora canta per le sue strade?”. “Svorterà”? Come si chiedono ancora, stavolta citando Ciopper e Enzetto in Amore tossico: “Ma in finale tu quanto c’hai?” “C’ho i du scudi de prima, anzi meno. Me so preso un gelato”. “Ma come? Dovemo svortà e te piji er gelato?”.  Qui è un altro passo cruciale. La svorta, l’”economia della svorta”, il non lavoro, il qualcosa d’altro che anche queste generazioni sono costrette a immaginare :“Quale può essere il nostro gelato, quello delle nostre generazioni? Di sicuro c’entreranno nuove concezioni e diversi posizionamenti degli agenti computazionali nelle nostre vite, e una cosmologia da sperimentare, in grado di generare nuove alleanze. Questi atti di nobiltà – Ciopper che si compra il gelato invece di cedere al “lavoro” della sua dipendenza e precarietà – illuminano la strada”.

Non una, tante Roma

Esce il libro, Oriana Persico con Salvatore Iaconesi va in radio e poi alla Fiera della Piccola e Media Editoria, in corso a Roma, ma non riesce a dire tutto quello che c’è da dire su questa idea, le cose sono davvero tante, possiamo immaginarle, quasi vederle, mentre si affastellano e sgomitano nella mente dei due Autori, e allora si proverà a riportarle qui, piccola premessa alla lettura del libro, pescando dagli ultimi post. Che cosa intendono per altri modi” di vedere Roma? Da “città dei 15 minuti a “città senza fretta, in cui hai tutto il tempo del mondo; da “città della competizione e della produzione” a “città della collaborazione e della cura“, perché per affrontare i problemi della società attuale non basteranno le app, ma serviranno cambi di psicologia e paradigma; da “città del decoro” a “città del coro”, dove tecnologia, arte e design collaborano per progettare e lavorare insieme e dove il pensiero artistico si rivela capace di generare senso finanche nell’era dei Big Data;  da “città del turismo” a ”città del viaggio e dell’abitare” per viaggiatori, appunto, non turisti, capaci di distillare ricchezza e cambiamento dalla loro visita, abitatori, utilizzatori attivi della città; da “città eterna”, quella del centro storico, alla “policittà” delle borgate, laboratori viventi difficili da mappare sempre nuovi.

Sono solo alcuni dei modi “altri” di guardare una metropoli, e come sempre quella di Oriana Persico e Salvatore Iaconesi è una riflessione aperta. Ci parlano, ma sono in autentico ascolto, in una conversazione a tappe che si snoda sicuramente online, in Rete, ma anche lungo la penisola e non solo, con i soggetti più diversi, in quelle che Iaconesi chiama “gite”, attribuendo anche qui alla parola un senso di arricchimento: “la gita genera ricordi, conoscenza e desiderio di farne altre, di vedere posti nuovi, insieme agli amici e anche a chissà quale nuovo tipo di famiglia, capace di mischiare biologia, cultura, affinità, estetica, istinto, carne o chissà cos’altro”.

Come vedere queste Roma diverse, paradigma di un possibile Nuovo Abitare?

Il libro qualche spunto lo dà, sempre al modo dei suoi Autori e del chiamare le cose col linguaggio ibridato dalla loro attività di sperimentatori. E così Roma è la città della Nobiltà Punk Open Source, che si riconosce nella autentica “indifferenza” alle cose di giovani e meno giovani che affonda in migliaia di anni di storia: lottare e resistere costano troppa fatica. Nobiltà Open Source, perché è una condizione diffusa: “se “abiti” Roma non puoi che essere o diventare così”. Da questa loro nobiltà discende una economia relazionale, che non va di fretta, ed è totalmente immersa nelle relazioni delle città. E che altro modo c’è oggi che quello di affrontare e governare, in network, secondo nuovi modelli di governo relazionale e solidale, i problemi planetari complessi che abbiamo di fronte? Roma, la città della Svòrta, potrebbe e dovrebbe essere l’epicentro di un grande esperimento in cui la Nobiltà Punk, padrona del suo tempo – anche davanti all’apocalisse – diventa realmente open source, accessibile: un’indisciplina metodologica messa a sistema. Un esperimento in cui l’intelligenza artificiale, i big data, l’internet delle cose, il quantum computing e le piattaforme digitali non siano sprecati per l’efficienza e per lavorare di più, a testa bassa e davanti a un monitor, sul sellino di una bicicletta, o nell’obbligo della comunicazione militarizzata, ma impiegati per stabilire nuove alleanze e ponti – tra gli umani e il resto della biosfera, le organizzazioni, le istituzioni, l’ambiente e gli altri attori computazionali, con e senza personalità giuridica. Per contemplare, riappropriarci del nostro tempo e, così, acquisire nuove sensibilità, empatie, solidarietà, cooperazioni. Un esperimento in cui tutte queste cose, finalmente, ci aiutino a lavorare meno, per innalzarci, sollevare la testa, relazionarci, studiare, godere della vita e del nostro stato di Nobiltà Punk Open Source”. Di più. Roma insegna il cambiamento: ad ogni angolo il paesaggio cambia completamente, e questo in tutti i suoi quartieri. Attingono a Gilles Clément gli Autori per definirla, Roma, mutuano il suo “Terzo Paesaggo” e lo fanno diventare un “Terzo Infoscape” in omaggio all’epoca della Rete e dell’Infosfera. “Il Terzo Paesaggio è una delle più suggestive risposte alla mutazione della definizione degli spazi urbani: è composto dai tessuti connettivi, da spazi residuali che non mantengono la forma e resistono al governo. Il Terzo Paesaggio non beneficia in nessun modo dei metodi classici della conservazione, come la sorveglianza, la protezione o la creazione di limiti e barriere. Il Terzo Paesaggio non rappresenta una proprietà, ma uno spazio per il futuro: una moltiplicazione delle narrative”. E cosa fa il giardiniere nel Terzo Paesaggio? Invece di usare gli strumenti classici e pesanti del giardiniere, vanga e rastrello, adopera la leggerezza di strumenti come “la conoscenza e il vento”. Ecco allora che le erbacce di Roma sono erbacce perché manca l’immaginazione. Potenzialmente sono invece spazi passibili di divenire giardini bellissimi, strabordanti di fiori edibili, dispensatori di benessere con le loro erbe officinali, autonomi e anzi produttori di energia essi stessi. Questa è la visione: immaginare e poi applicare, e non solo agli spazi verdi e ai parchi cittadini, ma al suo patrimonio immobiliare, al traffico, alla gestione dei rifiuti e a quella degli spazi culturali. E replicare il modello.

Da innovazione (trasgressiva) a remix della diversità

La diversità e il suo remixarsi è quello che permette agli ecosistemi di evolversi, come avviene da milioni di anni: ad essi servono sia le relazioni, sia le interconnessioni, sia i bacini di diversità intoccabili, in evoluzione dinamica tra loro, come ha scritto recentemente Oriana Persico. Le mappe sono utili, ma sono insufficienti, mentre l’illeggibile, l’ancora misterioso, l’ingovernabile, ospita la diversità – proprio come fa Roma – dove le sue erbacce possono potenzialmente “incrociarsi con semi e pollini che, trasportati da venti fisici e digitali, possono fare il giro del mondo”. L’innovazione è per definizione “trasgressiva”: si fa innovazione cercando limiti da scavalcare (“excess space) per far sorgere l’immaginario, il senso di possibilità. E Roma, col suo da sempre problematico rapporto col potere e con le regole, è forse la città con il maggiore potenziale di trasgressione in Italia, che si può valorizzare invece che anestetizzare, provando a governarla con “conoscenza e vento”.

Una lettera d’amore per Roma

Salvatore Iaconesi e Oriana Persico non sono romani, ma vi abitano (a Torpignattara, il quartiere che hanno scelto quando hanno riportato il loro centro di ricerca da Londra a Roma) e sempre vi ritornano. E la amano, appunto per questo suo, forse misconosciuto ai più (fino ad adesso?) potenziale. Ed è sempre qui, a Torpignattara che hanno deciso che nascerà il Nuovo Abitare (www.abitare.xyz). In attesa di aprire un confronto anche con le istituzioni e i cittadini attivi di Roma, i due artisti sono in procinto di acquistare una sede per ospitare la vita della non-profit, le sue attività e ARNA – l’Archivio dei Rituali del Nuovo Abitare, investendo i propri risparmi e il personale di HER attualmente dedicato al progetto. Il volumetto “Incuria” racconta perché “Roma ispira ed è il modello di innovazione radicale alla base del Nuovo Abitare”, come “luogo del possibile dove la realtà si può ancora negoziare”, ed è anche oggetto della prima campagna di fundraising del Nuovo Abitare per sostenere l’acquisto e la ristrutturazione della sede, e l’erogazione delle prima borse di studio per attivare la ricerca sul Nuovo Abitare.  

Il primo evento è proprio a Roma, a Torpignattara il 10 Dicembre alle 18 (SIP Bistrot, Via Carlo della Rocca 37). La seconda tappa, il 29 Dicembre a Napoli presso Riot Studio.

L’ultimo capitolo del libro si intitola “La città della cura” e vi si legge di “suoni gioiosi, caotici e gentili di persone, tecnologie, animali mischiati nel vociare di una città”. Il coro.