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Chip, vince il nord. Intel sceglie il Veneto per la nuova fabbrica. Investimento da 4,5 miliardi con l’Italia pronta a contribuire al 40%

Alla fine ha vinto il nord. La multinazionale americana Intel, d’intesa con il governo Draghi, ha deciso di realizzare lo stabilimento per la realizzazione di chip a Vigasio, nel veronese.

L’ha riportato Reuters nelle scorse ore citando due fonti anonime, ma per ora non ci sono conferme da parte di Intel o del governo.

Perché Vigasio? Per l’A22 e il collegamento con la Germania

Prima dell’ultima rivelazione di Reuters, i siti ritenuti più probabili per la fabbrica di Intel erano altri: l’area di Mirafiori, a Torino, storico comprensorio della FIAT e oggi di Stellantis; la Puglia e la Sicilia con l’Etna Valley dove già opera STMicroelectronics, sede ritenuta più opportuna dal presidente del Copasir Adolfo Urso.

Vigasio viene però ritenuta l’opzione migliore per un motivo: la posizione geografica. La città si trova infatti sull’autostrada del Brennero (A22) ed è ben collegata con la città tedesca di Magdeburg, in cui Intel pianifica di costruire due stabilimenti per la produzione di seminconduttori. 

Intel: investimento da 4,5 miliardi con l’Italia pronta a contribuire al 40%

L’investimento iniziale di Intel sarà di 4,5 miliardi e garantirà circa 5.000 posti di lavoro fra i 1.500 diretti e i 3.500 dell’indotto e un avvio dell’operatività fra il 2025 e il 2027. Una scelta strategica che rientra nel piano generale di Intel presentato lo scorso marzo e che prevede investimenti in Europa per 80 miliardi di euro in dieci anni.

Sempre Reuters rende noto come il governo italiano sarebbe pronto a contribuire al 40% dell’investimento totale di Intel in Italia, di fatto un intervento strategico anche di politica estera. E l’annuncio? A quanto pare, sempre secondo l’agenzia di stampa nazionale, si intende aspettare il risultato delle elezioni. Draghi potrebbe addirittura optare per lasciare ai vincitori il compito di annunciare l’accordo.

Chip, una crisi senza fine. Ripresa nel 2024

Quella dei chip è una crisi senza fine. Iniziata nel 2020 durante la pandemia da Covid-19, amplificata dal conflitto russo, la situazione non è destinata a migliorare a breve termine.

Secondo il CEO di Intel Pat Gelsinger, in un’intervista rilasciata a CNBC lo scorso maggio, la filiera produttiva non sarà in grado di tornare a funzionare a pieno regime prima del 2024. Una previsione in linea con altri grandi player del mercato tra cui Volkswagen, secondo cui bisognerà attendere proprio il 2024 prima che la situazione si normalizzi.

Gelsinger sa che le variabili sono molte: “Riguardo alla crisi dei semiconduttori e dei chip, nel 2021 avevo detto che si sarebbe risolta nel 2023. Ora ritengo che nel 2024 si potrebbe stabilizzare la crisi dei chip. Bisognerà resistere con le strutture che ci sono”. Intimoriscono ancora le catene produttive inceppate: “Siamo ovviamente preoccupati per le strozzature nella logistica, per esempio. Ma stiamo ragionando su come ridurle, al fine di assicurarci le materie prime grezze per poi poter costruire i chip”, ha aggiunto.

Importante è la mole di investimento della società in Europa, circa 80 miliardi di dollari, grazie però agli interventi dei singoli Stati. I due stabilimenti in previsione a Magdeburgo, in Germania, la faranno diventare una sorta di “Silicon Junction”, termine ricorrente nella dialettica di Gelsinger, fra il 2025 e il 2027.

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