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Chip, mentre il mercato mondiale cresce in Europa e in Italia è crisi. STMicroelectronics annuncia 206 esuberi a Catania

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Durante l’incontro al Ministero delle Imprese e del Made in Italy la multinazionale ha annunciato l’apertura di una fase di transizione industriale che comporterà 206 esuberi nello stabilimento di Catania.

Il mercato globale dei semiconduttori è in piena espansione: nel 2025 vale oltre 700 miliardi di dollari, con una crescita annua prevista tra il +6% e l’11%, trainata da intelligenza artificiale, data center, mobilità elettrica e difesa. Il 39% delle aziende del settore prevede un aumento della domanda di chip AI nei prossimi due anni.

Eppure, mentre il comparto mondiale è in fermento, in Italia e in Europa si registrano segnali di crisi. I grandi produttori europei – STMicroelectronics, Infineon e NXP – vedono cali di utili e ricavi, frenati dal rallentamento di automotive e industriale, che pesano per oltre il 70% del fatturato. È il paradosso di un continente che parla di indipendenza digitale, ma rischia di perdere competitività proprio nei suoi hub industriali.

STMicroelectronics: bilanci in rosso

STMicroelectronics ha chiuso il primo semestre 2025 con 5,28 miliardi di dollari di ricavi (-21% rispetto al 2024) e una perdita netta di 41 milioni di dollari, contro un utile di 865 milioni un anno fa. Numeri che risentono della flessione dei mercati di riferimento e di pesanti svalutazioni e costi di ristrutturazione.

A complicare lo scenario il caso dello stabilimento di Catania: fulcro della strategia europea per i chip, inserito nel Chips Joint Undertaking (Chips JU), con l’obiettivo di arrivare a 15.000 wafer prodotti a settimana tra il 2026 e il 2033 e diventare un centro R&S per chip destinati a EV, rinnovabili, difesa e data center. Ma a fronte di questa prospettiva, l’azienda ha annunciato proprio durante l’incontro al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, 206 esuberi nello stabilimento siciliano, scatenando la protesta dei sindacati.

Le responsabilità

Se la Regione Siciliana viene accusata di comportarsi come un “finanziatore muto”, come ha dichiarato Rosy Scollo, segretaria generale Fiom-Cgil di Catania, definendo l’annuncio “una scelta inaccettabile e una sconfitta politica aggravata dal silenzio della Regione davanti alla perdita di posti di lavoro” – pur avendo deliberato fino a 300 milioni di euro di cofinanziamento – il nodo non riguarda solo Palazzo dei Normanni.

Il Governo nazionale ha gestito l’incontro al Ministero delle Imprese e del Made in Italy senza imporre vincoli occupazionali o un piano industriale rivisto, limitandosi a ribadire le linee di ST senza pretendere garanzie concrete per i lavoratori.

La colpa quindi è solamente loro? No, anche dell’Europa. La Commissione europea, con i ritardi nell’attuazione del Chips Act, ha rallentato l’afflusso dei fondi e scoraggiato investitori strategici come Intel, Wolfspeed e TSMC.

Indipendenza digitale: obiettivo a rischio

Il caso ST evidenzia le fragilità della strategia europea per l’indipendenza digitale. Senza fondi rapidi, vincoli chiari e un coordinamento nazionale più incisivo, l’obiettivo del 20% della produzione mondiale di chip entro il 2030 rischia di restare solo sulla carta.

E a pagare il prezzo non saranno solo i lavoratori di Catania, ma l’intera filiera tecnologica europea, che rischia di restare indietro nella corsa globale ai semiconduttori.

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