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ChinaChain, come funzionerà la blockchain della Seta

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Il consorzio cinese BSN (Blockchain Service Network), intende coprire la Cina con una infrastruttura comune su cui offrire a basso costo soluzioni Blockchain-as-a-Service all’intera economia.

Brevemente, le tecnologie blockchain (più propriamente DLT, tecnologie a registrazioni distribuite) consentono a più organizzazioni di condividere dati in maniera sicura ed affidabile, senza che questi rimangano di esclusiva proprietà di chi li ha prodotti. A fianco dei molti lati positivi, i problemi di queste nuove tecnologie sono l’elevato investimento iniziale e la difficoltà di dover scegliere tra numerosi standard  poco compatibili tra loro.

Blockchain Service Network

La BSN, rete dei servizi blockchain, è stata lanciata in Cina il 25 aprile: si tratta di un consorzio fortemente voluto dal governo cinese, basato su un accordo di licenza, i cui fondatori sono China Mobile Communications Corporation (servizi di telefonia), China UnionPay Co. Ltd. (pagamenti e carte di credito), e Beijing Red Date Technology Co. (partner tecnico).

Dietro ai tre fondatori, si trova il vero inspiratore, lo State Information Center (Agenzia Governativa per le applicazioni dell’Information Technology) che figura anche tra gli autori del libro bianco dell’iniziativa. Il consorzio, a cui hanno aderito finora 400 aziende e 600 sviluppatori, annovera anche banche e venditori di servizi come Baidu Cloud e China Cloud, la rappresentanza cinese di Amazon Web Services (AWS).

I soci fondatori non fanno mistero della loro intenzione di raggiungere una posizione di monopolio nelle soluzioni blockchain. Anche il soprannome di ChinaChain indica una precisa vocazione internazionale dell’iniziativa.

Blockchain permissionless e permissioned

All’interno di questa infrastruttura consortile coesisteranno sia blockchain permissionless che permissioned.

Il segmento permissionless (blockchain pubblica) è aperto a tutti, in particolare alle piccole e medie aziende che potranno noleggiare un nodo a prezzi interessanti (tra i 150 ed i 300 dollari al mese).

Il segmento permissioned, destinato a grandi aziende, banche ed enti di stato consentirà la connessione alla rete di blockchain federate (citate nel libro bianco come alliance blockchain) e delle tradizionali blockchain private. In una federazione di blockchain, più organizzazioni accettano di condividere solo alcuni dati (ma non tutti), come accade in una joint-venture tra aziende. Ai dati di una blockchain privata, viceversa, si può accedere esclusivamente tramite un’autorizzazione specifica.

Il PCN (nodo pubblico cittadino)

Elemento base della rete è il PCN (nodo pubblico cittadino) un sistema di elaboratori esclusivamente dedicato ad ospitare nodi di blockchain. Attualmente, la rete riunisce circa 80 PCN nella Cina continentale, ed altri 40 si aggiungeranno in breve tempo. Inoltre, sono pianificati sette PCN situati all’estero per facilitare la connessione alle aziende che vogliono operare sul mercato cinese (Francia, Australia, Brasile, Singapore, Giappone, Sud Africa e California).

L’obiettivo dichiarato è di raggiungere 200 nodi per la fine del 2020, cosa che appare difficile ma non impossibile. Ogni PCN verrà gestito da un fornitore differente: il nodo di Pechino è gestito da Baidu, quello di Shanghai da China Mobile, altri saranno gestiti da AWS. All’interno di un PCN, le piccole e medie aziende potranno noleggiare nodi di blockchain a partire da un minimo di 10 transazioni per secondo.

In pratica i gestori dei PCN godranno di un indiscusso monopolio locale, ma saranno costretti ad armonizzare le loro procedure di esercizio, in modo da assicurare il funzionamento complessivo della rete. Questa segmentazione urbana delle infrastrutture blockchain può apparire strana ma è conseguenza delle dimensioni delle città cinesi e (soprattutto) del ruolo delle autorità locali nell’equilibrio politico.

Non a caso, il primo annuncio del progetto è stato fatto da Tang Sisi, vice-direttore del Centro per lo sviluppo delle Smart Cities al Forum per la governance urbana e l’innovazione. Anche in Europa, le sinergie tra blockchain, smart cities ed il settore delle utilities sono un campo tutto da esplorare.

Il ruolo politico

A livello politico, risulta evidente lo sforzo di consolidare attorno ad un obiettivo comune delle linee di sviluppo eterogenee. Dando per scontato che ogni compagnia telefonica ed ogni banca vuole avere una sua blockchain privata, la BSN è nata per imporre una forma di coordinamento dall’alto, in modo da evitare che si diffondano soluzioni incompatibili tra loro.

Il progetto prevede in un primo tempo di far coesistere soluzioni blockchain estremamente differenti (Ethereum, Corda/R3, Hyperledger Fabric), con varie tecnologie di interfaccia (Cosmos e Chainlink). A livello di sviluppo, verrà definita una interfaccia software comune alle differenti piattaforme, in modo da facilitare la crescita di una generazione di sviluppatori in grado di utilizzare la nuova infrastruttura. Ma è probabile che alla fine di questo periodo iniziale, le soluzioni che saranno riuscite a sopravvivere saranno molto poche.

Per avere un’idea della dimensione e dei tempi di un progetto del genere, l’unico esempio disponibile è quello dell’evoluzione dei sistemi RTGS (sistemi di regolamento lordo in tempo reale) in ambito europeo. La prima versione del sistema, chiamata TARGET, venne introdotta nel gennaio del 1999, per veicolare trasferimenti monetari tra le banche centrali dell’Eurozona. Dovendo far coesistere numerosi sistemi di pagamento eterogenei, il suo funzionamento risentiva di numerosi problemi di coordinamento tra le singole istituzioni bancarie. La sola migrazione dei servizi da TARGET a TARGET2 richiese 7 mesi, terminando  nel maggio 2008.

A prima vista, si tratta di uno sforzo senza precedenti. Però i Cinesi hanno dimostrato in diverse occasioni la loro capacità di sviluppare soluzioni empiriche ed efficaci. Ad esempio, è noto come la complessità di un’organizzazione dipende anche dal numero di fusi orari su cui si estende.

L’Europa si sviluppa su 3 fusi orari, mentre gli USA ne coprono sei e la Russia undici. Dal punto di vista geografico, la Cina coprirebbe sei fusi orari, ma il problema è stato risolto imponendo a tutto il Paese un unico fuso orario, di non adottare l’ora legale e di seguire l’ora di Pechino, 8 ore in avanti rispetto all’ora di Londra. Ed in certe decisioni tecniche si avverte chiaramente la mano del governo centrale: alcune soluzioni attualmente in uso nel mondo occidentale sono proibite per legge e sostituite da varianti locali (in particolare, gli algoritmi di cifratura ed i certificati digitali).

Il vero obiettivo dell’iniziativa è quello di evangelizzare il segmento SME (small-and-medium enterprise) dell’economia cinese, invogliando le piccole e medie aziende a realizzare ed a sperimentare applicazioni basate su una blockchain a dimensione nazionale.

Tra l’altro, il consorzio BSN imporrà alle banche di affacciarsi per la prima volta ad una blockchain pubblica e questo dovrebbe rassicurare le imprese sull’avvenire del loro investimento. Questo potrebbe stimolare la nascita, in ambito locale, di piccoli sistemi di pagamento (si pensi all’esperienza delle Banche Cooperative) che consentano un uso efficiente della liquidità.

Cosa dice l’ABIE

L’esperienza cinese mostra che incentivare la formazione di consorzi sia una strategia vincente per diffondere la blockchain nel mondo delle aziende. L’ABIE (Associazione Blockchain, Imprese ed Enti), socio aggregato di Confindustria Digitale, sostiene da tempo la necessità di formare anche in Italia blockchain consortili e federate per favorire lo sviluppo di nuovi progetti.

A questo proposito, il Presidente di ABIE, l’ing. Giuliano Pierucci, dichiara: “Il modello delle blockchain consortili sta riscuotendo interesse anche negli ambienti di business più consolidati, che potrebbero nutrire incertezze verso un’innovazione troppo spinta“.

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