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Che cos’è Temu, l’Amazon cinese che sfonda in USA

«Il jingle mi è entrato in testa», «adoro questa canzone», «mi ricorda un po’ una pubblicità anni ’90»: se l’obiettivo di Temu, con il suo commercial andato in onda a ripetizione durante il Superbowl, era entrare nel cuore degli americani, almeno a giudicare dai commenti al video postato su YouTube dopo l’evento, la missione è compiuta. Tutt’altro che scontato, visto che la finale del campionato di football è forse il più sacro tra gli eventi sportivi in USA, un rituale che prevede superstar a cantare nell’intervallo (quest’anno Rihanna) e, soprattutto, un nutrito contorno di pubblicità che costano diversi milioni di dollari. Un prezzo che in pochi si possono permettere, sia per lo spazio sia, spesso, per la realizzazione, visto che i testimonial sono di altissimo profilo (quest’anno, per dire, si sono visti Ben Affleck, Jennifer Lopez, Will Ferrell, Bradley Cooper, Serena Williams, Ben Stiller, Steve Martin, Adam Driver, Zach Braff). Ed è rarissimo che a farlo sia una società cinese, concorrente di Shein (dopo AliExpress e Wish) nonché la più chiacchierata app di e-commerce del momento.

Un po’ come Amazon, un po’ come un videogioco

«Shop like a billionaire», lo slogan della pubblicità, compra come se fossi un miliardario: ma in realtà è vero il contrario, su Temu si acquista un po’ di tutto (a differenza di Shein, orientata sull’abbigliamento) a bassissimo prezzo, con prodotti che vengono spediti direttamente dalla Cina: un modello di business che negli ultimi anni sembra affermarsi sempre di più. Solo che, a differenza della concorrenza, Temu sembra avere una strategia commerciale più aggressiva e moderna, basata sulla gamification, sui programmi fedeltà, sullo stimolo a far iscrivere anche amici e parenti, oltre all’adozione di alcune politiche che hanno contribuito ad esempio al successo di Amazon: spedizione gratuita, reso facile (anche entro novanta giorni) e sconto sul primo acquisto.

Un po’ come TikTok, in realtà, anche qui è l’algoritmo a guidare i comportamenti: al nuovo utente vengono presentati prodotti a prezzo estremamente basso, per invogliare all’acquisto e fidelizzare il cliente; poi, via via, cominceranno ad essere consigliati oggetti più costosi per massimizzare i profitti. Non si tratta ovviamente di un obbligo – chiunque può schivare i banner che non gli interessano – ma abbiamo imparato quanto il soft power di un consiglio può guidare gli acquisti e i comportamenti.

Fai iscrivere i tuoi amici? Ti paghiamo

Un’altra strategia di Temu è ancora più spregiudicata: pagare gli utenti che fanno iscrivere altre persone. Questo tipo di programma in stile “porta i tuoi amici” è diffusissimo, in particolare per le banche e per i conti correnti (basta guardare il comparatore di SOSTariffe.it per accorgersi di quante siano le offerte di questo genere), ma di solito o la ricompensa per l’utente “promoter” è una tantum oppure si tratta di buoni e sconti, non denaro contante. Invece ogni volta che un cliente ne invita cinque, gli vengono accreditati 20 dollari via PayPal (e i nuovi iscritti hanno diritto a un coupon da 5 dollari ciascuno). Non manca chi utilizza questo sistema per arrotondare un po’, e pubblicizzando la cosa sulle principali piattaforme social o sui forum come Reddit per trovare nuovi potenziali iscritti non fa altro che diffondere il nome di Temu tra chi ancora non lo conosce.

C’è chi dice no: i pericoli della fast fashion

Non tutti, però, hanno apprezzato la pubblicità al Superbowl: mentre in molti si chiedevano, sui social, come un marchio ancora poco conosciuto potesse permettersi una pubblicità da sette milioni di dollari, altri si sono scagliati contro la fast fashion, la moda (in questo caso, non solo, come si è visto) veloce, che secondo i critici si traduce nella maggior parte dei casi in lavoratori sottopagati, prodotti inquinanti e rifiuti difficili da smaltire.

Le perplessità non sembrano però essere in grado di rallentare l’ascesa di Temu, apparentemente inarrestabile: già lo scorso settembre era diventata la prima app di shopping sugli smartphone americani, sia Android che iOS. Secondo Sensor Tower, le installazioni totali entro lo scorso novembre erano 5 milioni; 5 milioni sono state le nuove installazioni solo lo scorso gennaio, dopo i 4,2 milioni di dicembre. Lo spot al SuperBowl farà sicuramente aumentare ulteriormente questi numeri.

Dalle tempistiche giuste alla spinta psicologica

La battaglia, come si è detto, è soprattutto contro Shein, che però ha una varietà di prodotti molto inferiore e quindi è svantaggiata, almeno per quanto riguarda i numeri “bruti”: a ottobre, Temu vantava circa 43.000 installazioni ogni giorno di app per la telefonia mobile negli Stati Uniti contro le 62.000 di Shein; a novembre, Temu era salita a 185.000 e Shein solo a 70.000; a gennaio, Temu ha consolidato i suoi risultati a 187.000 installazioni giornaliere mentre Shein è tornata ai livelli dello scorso ottobre (62.000). Un’ascesa che ricorda da vicino proprio quella di TikTok, soprattutto per i grandi sforzi economici sostenuti per conquistarsi una massa critica di clienti anche a costo di non avere alti profitti, o addirittura operare in perdita, per i primi periodi.

Sul successo di Temu si è concentrata in un suo recente report anche data.ai, che ha evidenziato anche la tempestività del lancio USA di Temu (proprio a ridosso del Black Friday, quando i consumatori più attenti alla spesa si guardano intorno alla ricerca di alternative a basso costo). E non è da sottovalutare il ruolo di quelli che al profano possono sembrare dettagli minimi: le “barre di progresso” che indicano quanto tempo manca alla fine di uno sconto, il countdown dei pezzi ancora disponibili a un prezzo ribassato per un determinato prodotto, l’attenzione alla presentazione negli app store (ad esempio, con la pubblicazione di screenshot aggiornati nella pagina dedicata all’app, che evidenzino l’ultimo evento in cui Temu ha fatto parlare di sé – adesso c’è appunto il SuperBowl – ma che soprattutto facciano capire ai clienti che si trovano davanti a un’app in costante crescita) innestano meccanismi psicologici che, con il contributo della gamificazione, spingono all’acquisto. Cliccare per comprare un set di tazze a due dollari o poco più, magari di qualità non è eccelsa, non è più una spesa d’impulso, ma un achievement sbloccato in un grande videogioco, quello dell’e-commerce sempre più globale.

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