Il rapporto complesso e rischioso dei minori con le nuove tecnologie
Il rapporto tra ragazzi e strumenti tecnologici è da tempo oggetto di studio e indagine. Il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI) e la diffusione delle sue applicazioni, soprattutto di chatbot, ha aumentato l’attenzione di esperti e Istituzioni sulla relazione tra minori e servizi digitali, che si è fatta sempre più complessa.
Sul tema, la Rome Future Week di cui Key4Biz è media partner ha organizzato presso il Teatro Palazzo Santa Chiara la conferenza “AI Ragione Tu! L’infanzia incontra i chatbot”, con l’obiettivo di delineare un quadro teorico e critico per analizzare la natura del rapporto tra chatbot affettivi e sviluppo emotivo dei minori, a partire da tre prospettive chiave: tecnologica, psicosociale e normativa.
L’attualità stessa ci ricorda quanto il tema sia urgente: casi di cronaca, come quello denunciato da due genitori americani secondo cui un chatbot avrebbe contribuito al suicidio del figlio adolescente, mostrano in modo drammatico i rischi di un’interazione non mediata con sistemi conversazionali sempre disponibili e con pochissimi limiti.
Scorza (Garante Privacy): “Pendiamo troppo facilmente dalle labbra dei chatbot”
In un video messaggio dalla 47ª Global Privacy Assembly di Seul, Guido Scorza, Componente del Collegio del Garante per la Protezione dei Dati Personali, ha ricordato che l’estrema dipendenza dell’uomo della tecnologia è un vecchio problema, già evidenziato nel 1966 dall’informatico Joseph Weizenbaum con il suo chatbot sperimentale “Eliza”, primordiale programma informatico che consentiva a uomo e macchina di ‘dialogare’ con un linguaggio che sembrasse il più possibile naturale.
“Un esperimento accademico ben riuscito, ma che fin da subito ha posto al suo sviluppatore molti dubbi sulle potenzialità di questa tecnologia. Weizenbaum aveva capito che gli uomini troppo facilmente si affidano alle macchine”, ha commentato Sforza.
“Il numero di chatbot potrebbe presto superare quello degli esseri umani al mondo – ha detto Scorza – milioni di persone ogni giorno pendono dalle labbra dei chatbot. I bambini sono i più esposti e sono anche le prime vittime di questa tecnologia”.
Il componente del Collegio dell’Autorità si è chiesto poi: “Chi difende il diritto ad una crescita sana ed equilibrata? Chi vigila sull’impatto che questi servizi basati sull’AI hanno sulla mente dei più piccoli? Generalmente i benefici dell’innovazione tecnologica superano sempre i rischi, ma in questo caso il dubbio è lecito: questa tecnologia rappresenta davvero un progresso? O forse stiamo guidando a fari spenti in mezzo alla nebbia, consapevoli che ci sono bambini che attraversano la strada di continuo?”.
Caffo (Telefono Azzurro): “Dobbiamo costruire un sistema di mediazione tra le imprese e le persone”
“Se prima la grande battaglia era sulla regolamentazione per la protezione dei dati, oggi la sfida è molto più complessa. Se non riusciamo a porre limiti all’accesso dei bambini al mondo del digitale e dei suoi servizi riusciremo difficilmente a governare questo processo”, ha affermato Ernesto Caffo, Presidente Fondazione S.O.S. Il Telefono Azzurro ETS.
“Oggi abbiamo l’AI nelle scuole e questo va avanti senza nessun tipo di limitazione. I dati raccolti non si sa che fine fanno e come sono trattati. I ragazzi accedono su piattaforme come chatGPT o Grok che sono fortemente attrattivi. Piattaforme dove i ragazzi, che non vengono giudicati o ripresi in alcun modo e dove quindi si sentono liberi, pensano di essere in grado di vivere la propria esperienza senza pericoli, subendo invece un processo di mercificazione”, ha proseguito Caffo.
“I ragazzi arrivano da noi che hanno già parlato prima con i vari chatbot e non va dimenticato che i più giovani sono dei grandi produttori di dati e quindi delle miniere d’oro per i fornitori di queste tecnologie. Dobbiamo costruire un sistema di mediazione tra le imprese e le persone, a livello nazionale ed europeo.
In Europa ho percepito un grande sbilanciamento tra le grandi aziende tecnologiche e i Governi, apparentemente troppo fragili sul tema. Le leggi proposte ed attuate sembrano strumenti più dichiarativi che sostanziali – ha aggiunto Caffo – e serve un dibattito pubblico più ampio, perché dobbiamo trovare gli strumenti di supporto migliori, i più adeguati, per non trovarci in situazioni sempre più critiche”.
Lapenta (John Cabot University): “I minori passano più tempo con l’AI che genitori e insegnanti”
“Ogni tecnologia crea una forma di dipendenza”, ha sottolineato Francesco Lapenta, Direttore dell’Institute of Future and Innovation Studies presso John Cabot University.
“II problema dell’AI in rapporto con i bambini e i minori in generale è che si sta riducendo il tempo che i giovani passano con le Istituzioni di questo paese, dalla famiglia alla scuola. Dobbiamo capire quando la tecnologia è additiva, cioè crea possibilità, o è sottrattiva, come nel caso dell’AI”, ha precisato Lapenta.
“II genitore, il legislatore o l’insegnante, hanno a cuore il futuro dei bambini certamente più di OpenAI o Google. Questi si occupano di mercato e profitti, non di cura e attenzione alla fragilità. La sottrazione diventa pericolosa ancora di più quando queste istituzioni pensano di poter delegare il benessere del minore a queste piattaforme. La fragilità non è causata dalle piattaforme, le cause preesistono, vengono prima, sono di altra origine. L’AI risponde nel contesto, ‘here and now’, la responsabilità dell’insegnante o dello psicologo si misura nel tempo”, ha chiarito Lapenta.
Madia (PD): “Serve una legge che stabilisca un’età minima di accesso a internet e social”
“Quando ci si occupa di diritti dei minori non si può strumentalizzare il problema come ‘di parte’, bisogna muoversi insieme e collaborare il più possibile. La nostra è stata una scelta etica di base, partita dal voler superare la cultura del divieto come metodo per risolvere i problemi. Se le imprese stesse pongono dei limiti di età per frequentare queste piattaforme, questi ‘luoghi’ di interazione, che offrono opportunità e nascondono dei rischi, che non possiamo ignorare, significa che il problema del rapporto tra minori e tecnologia sussiste e va affrontato”, ha dichiarato Marianna Madia, Deputata del Partito democratico e già Ministra per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione.
“La scienza ha dimostrato che un uso prematuro di questi strumenti può portare a varie forme di dipendenza, a forme di ansia e depressione, espone a truffe, bullismo digitale, violenza psicologica e purtroppo può portare a vere e proprie tragedie. Si può constatate inoltre un calo del livello di apprendimento, di attenzione, della vista – ha detto Madia – fino all’insorgere di disturbi endocrini, di obesità e di salute mentale. Nel momento in cui è dimostrato che il crollo del costo dello smartphone, che oggi è il regalo più diffuso per bambini di 10 anni, va di pari passo con la crescita esponenziale di accessi a neuropsichiatria infantile, noi ci chiediamo come rapportarci a questa tecnologia. Siamo dentro una bomba sociale, che è amplificata dall’uso prematuro di questi strumenti tecnologici”.
“Serve una legge nazionale che stabilisca un’età minima di accesso a internet e ai social network. Solo così possiamo garantire ai nostri bambini e ragazzi una reale tutela dai rischi online. Noi vogliamo introdurre nel nostro ordinamento una età minima per entrare sui social, i 15 anni. Lo ha detto anche la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, non possono essere gli algoritmi ad educare i nostri figli. Noi italiani possiamo lavorare ad una legge pioneristica su questo”, ha concluso Madia.
Madia ha avviato un percorso parlamentare con un testo bipartisan insieme alla senatrice Lavinia Mennuni per regolare l’accesso a social e internet e introdurre un’età minima, con l’obiettivo di rendere effettive le leggi europee sul divieto di profilazione dei minori, che senza un chiaro limite di età ed efficaci sistemi di verifica diventano inapplicabili.
Mennuni (FdI): “Nel mini wallet digitale europeo le piattaforma dovranno verificare l’età degli utenti con un sistema unificato”
“Speriamo che la legge venga approvata. Abbiamo pareri favorevoli sul testo, ma un elemento molto positivo è stato che durante l’anno, a livello trasversale, i parlamentari si sono riconosciuti sul tema, grazie alla comunità scientifica che ha confermato l’importanza della proposta, ci sono tutti i presupposti perché l’iniziativa vada a buon fine”, ha dichiarato la stessa senatrice Lavinia Mennuni.
“In commissione bicamerale c’è stato un dibattito sui disturbi alimentari, che sono aumentati a dismisura da quando sono arrivati gli smartphone – ha proseguito Mennuni – perché i ragazzi hanno una fruizione delle notizie e delle conoscenze che prima non c’era. Vuoi dimagrire rapidamente, te lo spiega un chatbot, che può darti anche i migliori consigli per suicidarti, come se fosse la cosa più normale del mondo.
I ragazzi passano anche 7 ore al giorno sul telefono, molto di più che con i genitori, che di fatto non si accorgono di cosa accade nella vita dei figli, rapiti da queste tecnologie”.
“È impossibile delegare il ruolo di controllo ai genitori. Le istituzioni devono intervenire e un limite minimo per la libertà di accesso è già un aiuto. A 15 anni c’è una maturità maggiore rispetto ai 13 previsti oggi per interagire con queste piattaforme. Sull’age verification l’Europa deve fare presto e meglio. L’Italia fa parte del programma pilota per la sperimentazione del mini wallet digitale europeo, dove le piattaforme, obbligate dal DSA, potranno verificare l’età degli utenti con maggiore facilità, tramite un sistema unificato valido per tutti. Un strumento in più contro le pratiche online che mettono a rischio i nostri figli”, ha sottolineato la senatrice.